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Terapia dell’ipertensione nei coronaropatici: le nuove raccomandazioni americane

di Maria Rita Montebelli

Tre società scientifiche americane siglano la nuova edizione delle raccomandazioni di trattamento dell’ipertensione arteriosa nelle persone con malattia coronarica. I beta-bloccanti sono indicati come farmaci di prima scelta, utilizzati da soli o associati ad altre molecole. Il testo integrale su Hypertension.

02 APR - Le due società scientifiche di cardiologia americane (American Heart Association e American College of Cardiology), insieme alla società americana dell’ipertensione arteriosa, siglano un nuovo set di raccomandazioni dedicate al trattamento dell’ipertensione arteriosa nei soggetti con malattie cardiovascolari (ictus, infarti o altre forme di cardiopatia), pubblicate in versione integrale sulla rivista Hypertension. Vengono indicati gli obiettivi pressori da raggiungere con il trattamento e i farmaci di prima scelta.
 
“Il comitato scientifico che ha redatto queste raccomandazioni – sottolinea Elliott Antman, presidente dell’American Heart Association e professore di medicina ad Harvard – rinforza il concetto che il target pressorio debba essere inferiore a 140/90 mmHg, al fine di prevenire infarti ed ictus nei soggetti ipertesi e coronaropatici. Questo è molto importante, vista la confusione che si è diffusa nella comunità medica lo scorso anno, circa il target pressorio appropriato per la popolazione generale”.
 
Secondo le nuove raccomandazioni, mentre l’obiettivo di portare i valori pressori al di sotto di 140/90 mmHg è considerato ragionevole per evitare infarti e ictus, un target più ambizioso quale quello di portare la pressione al di sotto di 130/80 mmHg potrebbe risultare appropriato in alcuni soggetti cardiopatici che abbiano già presentato un ictus, un infarto o un TIA (attacco ischemico transitorio) e che presentino altre condizioni cardiovascolari, quali arteriopatia obliterante degli arti inferiori o aneurisma dell’aorta addominale.
 
La pressione arteriosa può essere ridotta in maniera sicura e la maggior parte delle persone non presenta alcun problema con i farmaci tradizionali. Tuttavia – scrivono gli esperti – bisogna utilizzare delle attenzioni particolari nei pazienti con stenosi delle coronarie. In particolare, in presenza di un restringimento delle coronarie, la pressione arteriosa va abbassata gradualmente e non si deve ‘spingere’ al diastolica al di sotto di 60 mmHg, soprattutto nei soggetti ultra-60enni.
 
Le raccomandazioni americane analizzano anche i pro e i contro delle varie molecole utilizzate nella terapia dell’ipertensione,  per indirizzare il medico verso la scelta della terapia antipertensiva più opportuna nei pazienti con patologie cardio-vascolare. In generale, l’uso del beta-bloccante viene indicato come la prima scelta di terapia, da solo o in associazione con altri farmaci.
“Nell’ambito dei vari farmaci disponibili per il trattamento dell’ipertensione – sostiene Clive Rosendorff, coordinatore del comitato che ha redatto le raccomandazioni, professore di medicina presso la Icahn School of Medicine del Mount Sinai Medical Center di New York – i beta bloccanti sono la prima scelta nei pazienti con coronaropatia. Oltre al loro effetto antipertensivo infatti, questi farmaci rallentano la frequenza cardiaca e riducono la forza di contrazione; entrambi queste condizioni riducono il consumo di ossigeno del cuore.
Questi farmaci inoltre facilitano l’arrivo di sangue al muscolo cardiaco, perché allungano l’intervallo tra una contrazione e l’altra; ed è in diastole che il miocardio riceve nutrimento e ossigenazione dal sangue che arriva dalle coronarie”.
 
Infine, oltre a guidare nella scelta del trattamento antipertensivo più adatto, queste raccomandazioni ricordano l’importanza dell’intervenire contemporaneamente anche sugli altri fattori di rischio per infarto, quali obesità addominale, ipercolesterolemia, diabete e fumo.
 
Maria Rita Montebelli

02 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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