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Germanwings. Ma quel suicidio poteva essere previsto?

di Antonella Gramigna

Al momento esistono solo pochi strumenti predittivi di un suicidio. Anche se in caso di suicidio "egoisitico", come appare quello del pilota tedesco, ci sono maggiori possibilità di previsione perché il soggetto giunge alla risoluzione ultima attraverso un percorso di malattia usurante da un punto di vista psichico

02 APR - Secondo Emile Durkheim, il grade sociologo e antropologo francese vissuto a cavallo dei primi anni del '900, esistono tre tipologie di suicidio: il suicidio egoistico, il suicidio altruistico, il suicidio anomico. Queste le tre grandi categorie nelle quali questo ultimo evento, ultimo nella storia di un individuo, decide tra la vita è la morte.
 
Il suicidio anomico. Partendo dall’ultima delle tipologie espresse, il suicidio ascritto come “anomico” è, secondo Durkheim, un “prodotto societario”: “... La società non è soltanto una cosa che attrae a sé con ineguale intensità i sentimenti e l’attività degli individui, ma è anche un potere che li regola. Esiste un rapporto tra la maniera con cui si esercita questa azione regolatrice e il tasso sociale di suicidi....”
 
Il porre fine alla propria vita sotto il peso della crisi economica - che impone scelte pesantissime sulla vita degli altri - produce quel meccanismo di “fuga” o “resa” di fronte agli eventi che conduce a sopprimersi per il troppo dolore causato. Si oltrepassa, quindi, quella ultima porta che condurrà in un’altra dimensione ove si spera non esisterà più il peso devastante di questa vita e delle azioni che essa costringe a compiere.
 
La storia recente, o recentissima, ha messo sotto gli occhi di tutti una casistica vasta di suicidi di tipo anomico che hanno coinvolto imprenditori o manager. Questo tipo di eventi si sono ripetuti ciclicamente nella storia economica dell’occidente, in corrispondenza netta con tutte le crisi dalla metà 800’ in poi (drammatica fu quella del 1929 con il crollo della Borsa di Wall Street che vide 129 suicidi nelle prime 24 ore).
 
“È chiaro e intuibile – ha spiegato il sociologo Giovanni Cozzolino – che in questo caso la capacita di previsione è praticamente nulla sino al momento immediatamente precedente l’atto. Possono essere letti dei sintomi generici nel comportamento delle persone coinvolte ma, normalmente, il suicidio è un evento e una decisione ‘mimetica’. Nel caso di suicidio anomico non si vuole arrecare ulteriore danno alle persone più care e vicine e, spesso, non si lascia alcuna traccia scritta delle proprie intenzioni”.
 
Il suicidio di carattere altruistico è ancora meno immaginabile: in questo caso la persona giunge, in brevissimo tempo, alla decisione di interrompere la propria esistenza per salvarne altre. Si possono riscontrare, nella storia di vita, eventi protratti nel tempo che danno al soggetto il modo di maturare una decisione irrevocabile. Ci possono essere situazioni nelle quali l’istinto induce alla scelta, come ad esempio una madre che si sacrifica per salvare il proprio figlio.
 
Il suicidio di carattere egoistico (o egoico) è quello che, forse, più degli altri, ha una qualche possibilità di previsione. Ciò perché il soggetto giunge alla risoluzione ultima attraverso un percorso di malattia usurante da un punto di vista psichico.
 
La depressione maggiore. Ma c’è un aspetto che spesso viene trascurato, ha spiegatoSabrina Ulivi. Psicoterapeuta e Presidente di Anses (Ass. Nazionale Stress e Salute): “La depressione essenziale, detta anche ‘depressione maggiore’, è una patologia che induce spesso a eventi suicidari. In questo caso il soggetto manifesta evidenti propensioni a “farla finita” per quella sofferenza continua che tormenta l’anima, in un oscuro tunnel senza uscita. Da questo tipo di patologia si può guarire, ma spesso essa è recidivante, anche a distanza di anni e con effetti a volte amplificati”.
 
“A rendere possibile il ritorno di questo “male oscuro” possono essere fattori esogeni con caratteristiche stressanti che alterano l’equilibrio su cui si regge lo stato di benessere raggiunto. La capacità di avere una chiave di lettura predittiva – ha aggiunto Ulivi – è legata all’anamnesi remota del soggetto. Se la sofferenza precedente è stata molto forte la persona ha il sordo terrore di ricadere nello stesso stato dal quale sembrava uscito: ciò può far scattare la volontà di chiudere per sempre con la realtà varcando quella ultima porta che allevierà per sempre il dolore. E’ una decisione che può essere asintomatica ed improvvisa, maturata in pochi minuti. A livello neuronale appare essere il sistema limbico, in particolare l’amigdala, quella parte del cervello che gestisce le emozioni e in particolare la paura, a essere responsabile della accelerazione di questo processo. Non avendo la possibilità di conoscere a fondo la storia di vita della persona, la possibilità predittiva di un gesto suicidario, anche molto eclatante, è praticamente nulla”.
 
Il pilota dell’Airbus 320, schiantatosi sulle pre-Alpi francesi, probabilmente era uno di questi casi. Una decisione maturata nell’arco di meno di un’ora ed acceleratasi nel momento in cui è rimasto solo, in cabina di pilotaggio, con il suo personale demone. Sono i minuti in cui, come affermò qualcuno:” tu guardi nell’abisso oscuro... e lui guarda dentro di te....” sono brevi ed interminabili momenti che ti separano da quell’abisso in grado di liberarti per sempre dal tuo male dell’anima ed a farti oltrepassare quell’ultima porta. Ed allora la si oltrepassa, incuranti di chi ci si porta dietro. Il suicidio egoistico mira unicamente a staccare dalla vita la persona che soffre profondamente ed indicibilmente il peso della stessa che non riesce più a reggere. Il suo sistema neuro-psichico è in tilt, l’unica cosa che gli interessa è staccare la spina, come uno scorpione che si da la morte infilzandosi da solo quando è cir-condato dal fuoco.
 
Il nostro cervello da rettile, che riposa apparentemente inerte alla radice della nostra prima evoluzione, si risveglia e decide per noi.
Poi tutto avviene in pochi millesimi di secondo.... l’ultima porta è stata superata e più nulla di terreno o di materiale ci può più fare del male. La capacità predittiva sta quindi tutta nella storia della persona e nell’anamnesi patologica di cui in un qualche tempo la stessa è stata affetta. Al momento attuale esistono solo pochi strumenti predittivi di un suicidio, esistono invece modelli di previsione con i quali scongiurare che un suicidio egoico si trasformi in una strage o in una catastrofe collettiva.
 
Antonella Gramigna

02 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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