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Una Costituzione per internet e la trasparenza nella PA. Le riflessioni dell'Aifa


L'Ente regolatorio riprende la tematica trattata già lo scorso novembre. L’auspicio dell'Aifa è che la stesura finale del documento in discussione in Parlamento non solo garantisca a tutti i cittadini il pieno riconoscimento dei diritti anche in Rete ma assicuri al Paese una posizione sempre più virtuosa nel panorama mondiale dei diritti digitali e della lotta alla corruzione.

21 APR - Ci eravamo lasciati all’approfondimento dell’Agenzia Italiana del Farmaco pubblicato nel mese di novembre 2014, per il quale eravamo partiti da una domanda che rappresentava il vero motivo dominante di tutto il testo: E’ possibile arrivare nel nostro Paese ad una Costituzione per Internet? Partendo dai primi esempi concreti al mondo dei Paesi che hanno completato il loro percorso, fra tutti il Brasile con il suo Marco Civil, abbiamo tracciato insieme l’iter normativo che dovrebbe portare il nostro Paese alla tanto agognata Costituzione per Internet. Nel dettaglio, abbiamo visto il lavoro della Commissione voluta dal presidente della Camera Boldrini che ha portato alla definizione di un quadro normativo finalizzato ad assicurare il diritto di accesso all’educazione, la net neutralità, la privacy e il diritto all’oblio.

Il filo conduttore è dunque la tutela dei diritti del cittadino e per chiarirne nuovamente gli aspetti fondamentali, sintetizziamo i suoi principali punti:
 
Riconoscimento e Garanzia dei diritti - vengono riconosciuti i diritti assumendo come principio guida l'universalità delle leggi a livello internazionale;

Diritto di accesso - è riconosciuto il diritto di accesso ad Internet con particolare riferimento al ruolo delle istituzioni nel ridurre il digital divide tecnologico, culturale ed economico;

Neutralità della Rete - viene ribadito il concetto della net neutrality secondo il quale ogni persona ha il diritto che i dati trasmessi e ricevuti siano trattati senza discriminazione alcuna;

Tutela dei dati personali e Diritto all'autodeterminazione informativa - sono confermati con forza gli orientamenti sul trattamento dei dati personali dei vari Garanti della Privacy che si sono succeduti. Di grande importanza il principio dell'autodeterminazione informativa, ovvero la decisione di quali aspetti della propria vita rendere conoscibili a terzi e il divieto esplicito alla raccolta massiva dei dati;

Inviolabilità dei sistemi, domicili informatici e Trattamenti automatizzati - viene ribadito il concetto per cui non è possibile accedere ai dati di una persona senza la preventiva autorizzazione dell'autorità giudiziaria e rafforzata la definizione di un corretto trattamento automatizzato dei dati personali e dell'inviolabilità di sistemi e domicili informatici;

Diritto all'identità, Anonimato e Diritto all'oblio - è ribadita la necessità che ogni persona rilasci solo i dati strettamente necessari al servizio richiesto e che ci sia il diritto all'anonimato in rete senza alcuna discriminazione. In più è un diritto dei cittadini quello di ottenere la cancellazione dagli indici dei motori di ricerca dei dati che, per il loro contenuto o per il tempo trascorso dal momento della loro raccolta, non abbiano più rilevanza;
Diritti e garanzie delle persone sulle piattaforme - vengono richieste garanzie ai responsabili delle piattaforme digitali sulla necessità di fornire ad ogni persona informazioni chiare e semplificate sulle licenze d'uso e su eventuali clausole di funzionamento;

Criteri per il governo della Rete - è ribadita la necessità di un governo partecipato della gestione di Internet da parte di soggetti pubblici e privati, a ogni livello: infrastrutturale, tecnico, legale e contenutistico;

Diritto all'educazione - viene riconosciuto il diritto all'educazione nel rispetto delle diversità biologiche e culturali.

A che punto siamo?
Si è conclusa il 31 marzo u.s. la consultazione pubblica avviata dalla Camera il 27 ottobre 2014, proprio sulla bozza di Dichiarazione dei diritti in Internet. Questo documento è stato commentato da numerosi stakeholder provenienti da enti, istituzioni, imprese, associazioni e cittadini. Gli accessi alla piattaforma Ci.vi.ci sono stati oltre 14 mila e gli utenti unici circa 10 mila, con un totale di quasi 600 opinioni espresse. Dall’analisi dei primi dati disponibili, si può propendere per una valutazione complessivamente positiva della bozza messa in consultazione e si evince che gli articoli più commentati sono stati quelli relativi alla neutralità della rete e al diritto all’oblio. Le tematiche che riguardano il diritto all’accesso, la trasparenza e gli strumenti per attuarla non sono attuali ed urgenti solamente per il nostro paese ma sono oramai consuetudine di tutte le Agende operative dei Governi di tutto il mondo.

Un recente rapporto pubblicato dalla Commissione Europea (Rapporto DESI - Digital Economy and Society Index) monitora lo stato di digitalizzazione dei Paesi membri utilizzando alcuni parametri di riferimento e fornendo una fotografia reale della diffusione della connettività, delle competenze digitali e delle attività online dei cittadini. Le conclusioni del Rapporto indicano un trend stabile di digitalizzazione non uniforme e in particolare per il nostro Paese ci sono ancora criticità a cui porre rimedio con un intervento normativo che qualifichi l'accesso a Internet come diritto fondamentale.

Ancor più illuminante è a questo proposito la dichiarazione rilasciata da Hilary Clinton a commento dei dati emersi dalla ricerca dell’Open Government Index 2015, pubblicata sul World Justice Project (WJP): “Non ha oramai più senso distinguere tra paesi del nord e paesi del sud del mondo, tra paesi ricchi e paesi emergenti: nei prossimi dieci anni la vera distinzione sarà tra paesi (governi) aperti e paesi (governi) chiusi”.

L’Open Government Index 2015 è una ricerca caratterizzata da una serie di interviste effettuate ai cittadini dei diversi Stati per investigare fondamentalmente su quattro specifici profili:
- Reperibilità delle norme vigenti e dei dati sul funzionamento dell’amministrazione
- Diritto di accesso all’informazione
- Meccanismi per la tutela dei diritti
- Partecipazione civica
- Sulla base dei dati emersi, il WJP ha stilato una classifica con l’intento di evidenziare i Paesi più virtuosi nell’attuazione dei processi che favoriscono la trasparenza e quindi la partecipazione.

La situazione italiana, anche se desta qualche preoccupazione per il ritardo sulle dinamiche relative alle modalità di accesso all’informazione e quindi sulle corrette modalità di partecipazione degli stakeholder, è in costante crescita soprattutto nella consapevolezza sempre più decisa che strumenti che possano favorire corretti processi di trasparenza siano l’unico mezzo per combattere l’oscurità provocata dal fenomeno della corruzione. Nel nostro Paese, ad ogni modo, segnali di ripresa decisamente migliori sono oggettivamente riscontrabili nella maggiore partecipazione della pubblica amministrazione sia in relazione alla pubblicità delle norme sia alla reperibilità di tutte le informazioni sulle attività amministrativa di ogni singolo ente. Questo è stato possibile grazie al testo unico sulla trasparenza (decreto legislativo n.33/2013 e sue successive modifiche) in base al quale sui siti web delle pubbliche amministrazioni devono essere pubblicati dati e documenti sull’organizzazione e sulle attività delle pubbliche amministrazioni(vedi ad esempio AIFA al primo posto della classifica degli enti più trasparenti).

Un ulteriore elemento di contesto che possiamo fornire, è la recente la pubblicazione di un altro rapporto sulla trasparenza: l’Open Data Barometer sviluppato dalla World Wide Web Foundation al fine di monitorare l’utilizzo degli open data da parte delle pubbliche amministrazioni di tutti gli Stati. Anche secondo i dati emersi da questo Rapporto, l’Italia è in crescita, sebbene la strada da percorrere per consolidare definitivamente la diffusione degli open data nelle nostre PA è ancora lunga. Di questo aspetto però ne eravamo già a conoscenza. Gli Open data non sono ancora entrati in quella fase di maturità che lo stesso legislatore aveva auspicato (già col principio di open by default dell’art. 52 del CAD) sia per la loro conoscenza ancora non piena da parte dei cittadini sia perché non sono visti come un vantaggio e un’opportunità.

Il primo aspetto è senz’altro legato all’assenza di una cultura digitale di una fetta importante della popolazione italiana a cui si rivolge in primis l’Agenda digitale italiana. L’altro aspetto è strettamente correlato alla fase iniziale in cui si trova il processo dei dati open ma anche a una lenta presa di coscienza da parte delle PA che questo processo è ormai inevitabile. Le numerose iniziative di scambio e collaborazione che si sono susseguite negli ultimi mesi hanno acceso ancor di più i riflettori sugli open data quale volano di crescita culturale ed economica. Il riutilizzo dell'immenso patrimonio informativo pubblico, una volta completamente "liberato", genera non solo chiari vantaggi per i cittadini e per le stesse PA ma anche opportunità di lavoro creando nuovi servizi e strategie. Ma ovviamente bisogna fare di più: non basta rendere i dati disponibili, accessibili e gratuiti ma è necessario inserirli in un contesto più ampio di democratizzazione e di crescita digitale in cui il concetto di “open by default” sia pieno e compiuto.
 
L’auspicio è che la stesura finale del documento non solo garantisca a tutti i cittadini il pieno riconoscimento dei diritti anche in Rete ma assicuri al nostro Paese una posizione sempre più virtuosa nel vasto panorama mondiale dei diritti digitali e della lotta alla corruzione.
 
Fonte: Aifa

21 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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