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Congresso di epatologia/5. Un farmaco anti-diabete per guarire dal fegato ‘grasso’

di Maria Rita Montebelli

Remogliflozina, una molecola sperimentale della nuova classe degli SGLT2 inibitori dimostra di avere i numeri giusti per trattare efficacemente steatosi e steatoepatite non alcolica; a 12 settimane, migliora la sensibilità insulinica, riduce il peso, i marcatori dell’infiammazione e il livello delle transaminasi.

26 APR - Diabete ed epatologia di nuovo braccio a braccio per uno studio, appena presentato al congresso dell’EASL , che ha dimostrato come remogliflozina etabonato, un farmaco anti-diabete sperimentale, rappresenti una possibile opzione di trattamento per i pazienti affetti da steatoepatite non-alcolica (NASH) ed epatopatia steatosica non alcolica (NAFLD).
 
Gli studi clinici hanno dimostrato la remogliflozina migliora notevolmente la sensibilità all’insulina e la funzione delle cellule beta pancreatiche; il farmaco riduce inoltre il peso corporeo e i livelli di transaminasi (ALT). Studi preclinici hanno dimostrato che questo farmaco sperimentali riduce in maniera significativa l’accumulo di grassi nel fegato e provoca una marcata riduzione dei livelli circolanti di marcatori di stress ossidativo.
 
A differenza di altri farmaci della stessa classe (SGLT-2 inibitori) infatti remogliflozina possiede un’attività anti-ossidante intrinseca (misurata dal test ORAC oxygen radical antioxidant capacity), che può correggere la steatoepatite e lo stress ossidativo associato con la NASH.
 
Lo studio presentato a Vienna ha interessato 336 soggetti naive al trattamento, affetti da diabete di tipo 2 e con emoglobina glicata tra 7 e 9,5%. I pazienti sono stati randomizzati a diversi dosaggi di remogliflozina (50, 100, 250 o 1000 mg due volte al dì), placebo, o pioglitazone (30 mg/die).
 
Alla dodicesima settimana, remogliflozina aveva migliorato la sensibilità insulinica del 6-33% e la funzione beta cellulare del 23-34%. I pazienti trattati con questo farmaco inoltre presentavano un significativo calo ponderale (1,4-3,6 Kg in meno rispetto al gruppo placebo).
Un’analisi post-hoc sulla variazione dei livelli di transaminasi ha inoltre evidenziato riduzioni significative, dell’ordine del 32-42% alla dodicesima settimana, nei soggetti trattati con remogliflozina rispetto al gruppo di controllo (placebo).
 
“La NAFLD e la NASH – commenta il professor Markus Peck, Segretario Generale della European Association for the Study of the Liver - sono entrambe fortemente associate a diabete e obesità e, prese insieme, sono attualmente considerate la principale causa di epatopatia nelle nazioni occidentali. Di conseguenza abbiamo urgente bisogno di terapie in grado di trattare efficacemente queste condizioni. Sappiamo che la NASH è dovuta in parte all’insulino-resistenza e allo stress ossidativo derivanti dalla steatosi. Viste le modalità di azione di remogliflozina, questo farmaco potrebbe offrire benefici ai pazienti affetti da NASH e NAFLD.”
 
 
Maria Rita Montebelli

26 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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