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Ebola. Maggiori i rischi per il personale sanitario. “Attenzione a vomito e diarrea”


A Riccione dove si svolgerà dal 17 maggio la VII Conferenza su Aids e retrovirus Icar verrà affrontato anche il tema dei i rischi per il personale sanitario per Ebola. Mussini: “Per Ebola, evitare assolutamente il contatto con vomito e liquidi biologici”

15 MAG - Hiv ed epatiti, infezioni e nuove terapie ma anche Ebola, al centro della VII Conferenza italiana su Aids e retrovirus (Icar), che si svolgerà dal 17 al 19 maggio a Riccione, presso il Palazzo dei Congressi. L'evento pone all'attenzione della comunità scientifica la necessità di individuare percorsi di diagnosi e cura dell'infezione da Hiv che si basino sulle interazioni tra ricerca di base, ricerca diagnostico-clinica ed esigenze delle persone sieropositive. Tra le tematiche di questa edizione ci sono la medicina di genere, declinata non solo al femminile, e la resistenza naturale all'infezione da Hiv, nonché alla comprensione di nuove strategie di eradicazione. La struttura portante di Icar 2015 è data dai contributi dei giovani ricercatori italiani e stranieri, che nelle diverse sessioni presenteranno principalmente lavori originali.
 
Hiv, ma anche Ebola. L'infezione Hiv ha più di trent'anni: nel corso di questi decenni sono stati fatti una serie di progressi. “L’infettività dell’HIV è decisamente diminuita grazie alla terapia antiretrovirale, con il rischio di trasmissione agli operatori che si è drasticamente ridotto” - ha spiegato una dei tre presidenti del Congresso, Cristina Mussini, Professore Associato di Malattie Infettive e Direttore della Clinica delle Malattie Infettive e Tropicali dell'Università di Modena e Reggio Emilia - “Permangono tuttavia altri rischi più elevati, come la possibilità di infettarsi di epatite C. A questo proposito, non dimentichiamo di evocare e trattare anche l’ebola, su cui siamo sempre stati vigili e su cui l’attualità ci induce a soffermarci ulteriormente”.
 
Per la sua gravità, l’ebola può essere accomunata a quello che era l’HIV prima che arrivassero le terapie, quindi una malattia molto grave e potenzialmente letale. “Per affrontarla sono necessarie delle procedure standardizzate” continua Mussini. “Nulla può essere lasciato al caso, ogni passo della vestizione e soprattutto della svestizione deve essere regolato accuratamente, seguendo i training e le esercitazioni che vengono fatte in molti centri di malattie infettive, al fine di non venire a contatto con i liquidi biologici del paziente, come il vomito e la diarrea”. Proprio questi ultimi costituiscono la principale differenza nel contagio: innocui nel caso dell’HIV, possono trasmettere invece l’ebola, pur rimanendo il sangue il principale e più temuto veicolo per entrambe le infezioni.

I rischi di contagio. I rischi maggiori di essere contagiati dal virus ebola nel mondo occidentale sono per il personale sanitario: tutte le persone che ne sono state infettate, anche tra quelle ricoverate in Italia, appartengono infatti alla categoria dei medici e degli infermieri. Nei Paesi d’origine, poi, la gamma dei soggetti a rischio si amplia notevolmente: sono colpiti i familiari che assistono il paziente o anche chi va ai funerali, dove sebbene il soggetto sia deceduto, il virus continua a vivere. A differenza dell’HIV, ogni contatto con il malato può trasmettere il virus dell’ebola.

L’attenzione del Congresso ICAR per questa tematica viene spiegata dalla professoressa Mussini. “Un corso in sede pre-congressuale sarà dedicato proprio alla prevenzione del rischio biologico negli operatori sanitari. Il ritorno in primo piano del virus ebola attualizza ancor di più questa iniziativa: essendo l’ebola una malattia che si trasmette anche e soprattutto attraverso il sangue, è molto importante che si seguano determinate precauzioni”. Queste procedure vanno a richiamare proprio l’HIV, la prima malattia che ha sollevato l’importanza della prevenzione, cambiando anche la mentalità per quanto riguarda il rischio biologico.

In questo corso, verranno pertanto ricordate tutte le strategie che devono essere messe a punto: bisogna infatti essere dotati di determinati dispositivi (camici, calzari, guanti) per prendersi cura di questi malati. Come ci insegna l’esperienza, le uniche persone che in Italia (e nel resto d’Europa) possono contrarre il virus dell’ebola sono gli operatori sanitari che rientrano dalle zone colpite. Se, dunque, un soggetto rientra da un’area considerata a rischio, deve seguire i dovuti protocolli sanitari.

15 maggio 2015
© Riproduzione riservata

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