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Scompenso cardiaco: il controllo a distanza dimezza i ricoveri


In uno studio pubblicato su the Lancet, un nuovo dispositivo che misura costantemente la pressione dell’arteria polmonare e invia i dati a un centro di riferimento mostra di ridurre del 39 per cento i ricoveri.“È l’inizio della rivoluzione nel monitoraggio dei pazienti”.

14 FEB - L’impiego di un dispositivo impiantabile che misura quotidianamente la pressione dell’arteria polmonare e invia i risultati del monitoraggio al centro di riferimento riduce del 39 per cento i ricoveri nei pazienti affetti da scompenso cardiaco. È il risultato di uno studio condotto da ricercatori dell’Ohio State University di Columbus (Usa) e che potrebbe cambiare le modalità di gestione dei pazienti con scompenso cardiaco.
Nello studio, denominato Champion e pubblicato on line su the Lancet, 270 pazienti precedentemente ricoverati per scompenso cardiaco sono stati sottoposti all’impianto del dispositivo e seguiti per 15 mesi. Altrettanti i pazienti del gruppo di controllo.
Nei primi 6 mesi di osservazione sono stati registrati 83 ricoveri nel primo gruppo e 120 nel secondo (-30 per cento). I benefici si riducono al passare del tempo, ma al termine dello studio si mantengono comunque nell’ordine del 40 per cento (153 nel gruppo in trattamento e 253 in quello di controllo). Rari i problemi connessi all’impianto del dispositivo (3 in totale).
“Lo studio Champion - hanno concluso gli autori - rappresenta il primo trial clinico, randomizzato e sufficientemente potente, sull’impiego di un dispositivo impiantabile di monitoraggio dell’emodinamica in pazienti con scompenso cardiaco con sintomi moderati. L’aggiunta di informazioni sulla pressione dell’arteria polmonare ai segni clinici e ai sintomi convenzionali offre un miglioramento nella gestione dello scompenso e permette una riduzione dei ricoveri”.
Lo studio, ha sottolineato uno degli autori, Philip Adamson “mostra come un monitoraggio costante dei pazienti con scompenso cardiaco cronico possa ridurre la necessità di costosi e pericolosi ricoveri oltre che migliorare la qualità di vita dei pazienti. Questi risultati - ha aggiunto - sono l’inizio di una nuova era di speranza per i pazienti che soffrono di scompenso che si aggiungono alle terapie farmacologiche e strumentali. L’«era dell’emodinamica» è un grande progresso che prometterà di avere un profondo impatto nel lungo termine sulla mortalità per scompenso”.
E, ha concluso in un editoriale pubblicato in contemporanea all’uscita dello studio Henry Krum della Monash University di Melbourne, “non siamo che all’inizio di questa rivoluzione nel monitoraggio dei pazienti”. 

14 febbraio 2011
© Riproduzione riservata

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