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Diabete: e se invece dei farmaci si ricorresse alla chirurgia?


In Usa al via un trial senza precedenti: confronterà l’efficacia della chirurgia bariatrica con il trattamento farmacologico in pazienti con diabete di tipo 2 in sovrappeso o moderatamente obesi.

15 FEB - Che la chirurgia bariatrica possa essere utile a controllare il diabete nelle persone in forte obesità non è un mistero da tempo. Diversi studi hanno evidenziato la capacità dell’intervento di normalizzare i livelli di glucosio, ridurre o perfino eliminare la necessità di farmaci e abbassare la mortalità per cause correlate al diabete.Ma la tecnica è efficace anche nelle persone che siano “soltanto” in sovrappeso o con una lieve obesità? E soprattutto può sostituire i farmaci?
È quello che sta cercando di capire un trial clinico americano che potrebbe rivoluzionare il trattamento del diabete di tipo 2. Le linee guida internazionali raccomandano la chirurgia bariatrica soltanto per i pazienti con un indice di massa corporea maggiore di 35, vale a dire fortemente obese.
Lo studio, invece, è aperto soltanto a pazienti con un’entità del disturbo molto più lieve: cioè con un BMI compreso tra 26 e 34. “Ci sono dati preliminari che suggeriscono che questi risultati sono raggiungibili anche nelle persone in sovrappeso e moderatamente obese”, ha spiegato il coordinatore del trial Francesco Rubino, professore di chirurgia al Weill Cornell Medical College di New York.
E perfino l’American Diabetes Association negli anni scorsi ha definito come prioritari studi che accertassero l’efficacia della chirurgia in questo target. “Disporre di un’opzione di trattamento chirurgica contro il diabete non significa infatti che sia la migliore scelta per tutti i pazienti”, ha aggiunto Rubino. “Abbiamo bisogno di sperimentazioni rigorose per comprendere bene quando dare priorità alla chirurgia e quando invece raccomandare il trattamento medico tradizionale”.
Ed è quello che sta avvenendo ora: 50 pazienti sono stati randomizzati a essere sottoposti all’intervento chirurgico o a ricevere la terapia convenzionale. In entrambi i casi sono invitati a operare decisi cambiamenti nello stile di vita.
Al di là dei risultati di questo piccolo trial, che non saranno disponibili prima di qualche mese, i ricercatori si aspettano che la sperimentazione serva da modello. “Abbiamo concepito questo studio come un protocollo essenziale che altri trial clinici randomizzati possono applicare indipendentemente in altri istituti all’interno di un consorzio mondiale coordinato dal Diabetes Surgery Center del NewYork-Presbyterian/Weill Cornell”, ha spiegato Rubino.
“Il consorzio arruolerà un ampio numero di pazienti consentendo ai ricercatori di valutare al meglio l’impatto della chirurgia su diversi aspetti sanitari come il rischio cardiovascolare o l’aspettativa di vita”.
Al di là dell’utilità clinica, però, lo studio vuole risolvere un ulteriore problema per gli americani. Svincolare la rimborsabilità degli interventi di chirurgia bariatrica dall’indice di massa corporea. Oggi la gran parte delle assicurazioni non rimborsa l’intervento se non ai pazienti con un indice di massa corporea superiore a 35. “Usare criteri basati sul BMI può essere pratico, ma è inappropriato dal punto di vista medico”, sottolinea Rubino. “L’indice di massa corporea non definisce la severità del diabete né è utile a identificare i pazienti che trarranno maggiori benefici dall’intervento”. Per questo, conclude, “i nuovi criteri potranno aiutare non solo i pazienti, ma anche le assicurazioni”. 

15 febbraio 2011
© Riproduzione riservata

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