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Sindrome di Down: la corteccia cerebrale risulta più spessa in varie regioni del cervello. Ecco lo studio

di Viola Rita

Mediante analisi di imaging cerebrale a risonanza magnetica (MRI) condotte su 76 bambini, emerge che i piccoli con sindrome di Down hanno una corteccia cerebrale più spessa rispetto a quelli che non presentano tale sindrome. Questo maggiore spessore potrebbe anche avere un collegamento con il rischio di Alzheimer in età avanzata. Lo studio su Cerebral Cortex

22 GIU - Lo spessore della corteccia cerebrale potrebbe essere un elemento ‘chiave’ per comprendere meglio lo sviluppo cerebrale nelle persone con sindrome di Down: lo afferma uno studio scientifico condotto dalla Drexel University, che ha individuato nel maggiore spessore della corteccia cerebrale dei bambini con sindrome di Down un segno distintivo di questa sindrome. Lo studio è stato pubblicato su Cerebral Cortex. Secondo i ricercatori, il risultato potrebbe anche fornire indizi sul perché individui con questo disordine del neurosviluppo sono statisticamente più soggetti a sviluppare l’Alzheimer in età avanzata.

Lo studio è stato condotto da Nancy Raitano Lee (PhD, assistant professor alla Drexel University e psicologo presso College of Arts and Sciences di Drexel) in collaborazione con i colleghi del National Institute of Mental Health, che hanno utilizzato l’imaging cerebrale a risonanza magnetica MRI. Questa tecnica, una delle più diffuse nell’ambito della generazione delle immagini, è stata impiegata per visualizzare la corteccia cerebrale di 31 bambini con sindrome di Down, confrontandola con quella di 45 piccoli non affetti da questa sindrome.
La corteccia cerebrale ha uno spessore di solito compreso tra 2 e 4 millimetri e rappresenta lo strato più esterno del tessuto del cervello: tra i vari compiti, questo strato è coinvolto in processi sensoriali e cognitivi importanti per il funzionamento del cervello.
 
I ricercatori sottolineano che la sindrome di Down costituisce la più diffusa causa genetica di disabilità cognitiva e si sono orientati verso lo studio dello sviluppo del cervello nei bambini con questa anomalia proprio perché, come spiegano gli autori, sorprendentemente sono ancora poche le conoscenze in questo settore rispetto alla sindrome di Down.
 
I risultati dello studio hanno mostrato che il volume della corteccia cerebrale (e anche la superficie della corteccia, che rappresenta un componente del volume totale) è risultato mediamente inferiore nei bambini con sindrome di Down rispetto a quelli che non avevano la sindrome; al contrario, ciò che ha sorpreso i ricercatori è stato il fatto che in diverse aree del cervello lo spessore della corteccia cerebrale è risultato superiore nei bambini con sindrome di Down rispetto a quelli non affetti dall’anomalia cromosomica. 
“Il volume è una misura complessiva che nella corteccia può mascherare differenze tra lo spessore e la superficie”, ha spiegato Lee. “Abbiamo voluto approfondire le differenze tra il cervello di un individuo con sindrome di Down rispetto ad uno sviluppo cerebrale tipico, così abbiamo misurato la superficie e lo spessore della corteccia, che entrambi contribuiscono al volume corticale ma sono determinati da fattori genetici differenti”.
Le cause alla base dell’aumento dello spessore corticale restano ancora incerte, secondo i ricercatori, che hanno però avanzato un’ipotesi in base alla quale gli individui con sindrome di Down non ‘sfoltiscono’ le connessioni neurali in eccesso, un processo che avviene sia durante l’infanzia che nell’età adulta e che è importante per il raggiungimento della maturità cognitiva.
Inoltre, i ricercatori hanno osservato che alcune delle regioni cerebrali che presentavano un maggiore spessore corticale ci sono i nodi della cosiddetta rete di ‘Default Mode Network’, un vero e proprio network cerebrale che si attiva durante il riposo e che è risultato in studi precedenti associato a malattie neurodegenerative come l’Alzheimer: a causa di questa associazione, secondo la Professoressa Lee, le differenze cerebrali tra la presenza e l’assenza della sindrome di Down potrebbero rappresentare un indicatore precoce di suscettibilità all’Alzheimer in età avanzata.
 
Lee spera che questo risultato possa mettere in luce l’importanza della corteccia cerebrale per la comprensione dei processi alla base dello sviluppo della sindrome di Down e sottolinea che sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere il collegamento tra le anomalie genetiche e le anomalie cerebrali, comprensione che potrebbe portare allo sviluppo di nuovi approcci terapeutici per la disabilità intellettuale.
 
La sindrome di Down, che colpisce circa un bambino ogni 1000-1100 nati, è un’anomalia cromosomica che consiste nella presenza di una terza copia del cromosoma 21. Quest’anomalia prevede un deficit nelle diverse strutture cerebrali nella generazione di neuroni, molto ridotti in numero, che a sua volta comporta le disabilità cognitive note: la sindrome è associata ad un ritardo cognitivo e nella crescita fisica e a un particolare insieme di caratteristiche del viso. È importante sottolineare che attraverso il supporto familiare e socio-sanitario “una persona può raggiungere una qualità di vita ottimale”, come si legge sulla pagina ufficiale del World Down Sindrome Day, celebrato lo scorso 20 marzo.
 
Viola Rita
 

22 giugno 2015
© Riproduzione riservata

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