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Convegno biosimilari. Quando condivisione, formazione e informazione non bastano. Bisogna cambiare governance del farmaco. Tutti gli interventi al meeting di Quotidiano Sanità


Attraverso il caso dei farmaci biosimilari pazienti, medici, società scientifiche. istituzioni politiche e regolatorie si sono confrontate sull’attuale sistema di governance del settore farmaceutico e sulle sue prospettive. Il dibattito al convegno ‘Biosimilari. Una scelta informata’ organizzato da Quotidiano Sanità.

16 OTT - Dalla poca informazione e coinvolgimento dei pazienti sul farmaco, passando per le disparità regionali, i modelli di governance, fino ad arrivare alle nuove proposte e al rapporto medico-paziente.  Questi alcuni dei filoni entro cui si è svolto il dibattito organizzato da Quotidiano Sanità ‘Biosimilari. Una scelta informata’. Una giornata divisa in 4 sessioni in cui si sono confrontati pazienti, medici, società scientifiche, istituzioni politiche e regolatorie. Il dibattito che ne è scaturito ha visto tutti i protagonisti affrontare attraverso il tema del Biosimilare anche i nodi della nostra sanità e in particolar modo del nostro sistema farmaceutico.
 
A portare i suoi saluti in apertura del convegno il presidente della commissione Affari sociali della Camera Mario Marazziti (PI-CD) che ha rimarcato come c’è “bisogno di chiarezza su un tema così importante. I Farmaci biotech sta già dando enormi contributi per curare patologie complicate per cui prima ci si ospedalizzava e in quest’ottica va cambiata anche l’organizzazione del sistema sanitario”. Tornando per un attimo all’attualità Marazziti ha ricordato come “in questo momento c’è la legge di Stabilità e con il presidente della commissione Igiene e Sanità abbiamo congiuntamente evidenziato la nostra preoccupazione sul fatto che il fondo vada ulteriormente rafforzato”. Ma oltre le risorse per il presidente della commissione occorre “garantire l’uguaglianza delle cure sul territorio nazionale e la riforma del titolo V dovrebbe aiutare a ridurre le disuguaglianze anche per esempio sui farmaci biosimilari”. Ma il punto nodale è che per farlo bisogna “superare la frammentazione tra la spesa sociale, la spesa sanitaria, la medicina di base, la prevenzione, le terapie, la cura e l’ospedalizzazione. Tutto deve rientrare nel tema della Salute”. Una conversione di mentalità che deve riguardare la politica che “deve riportare la persona al centro” ma anche di tutti gli stakeholders: “La conversione di mentalità deve riguardare tutti: produttori, medici, società scientifiche, mondo legale, associazione dei pazienti”. Riguardo al biosimilare per Marazziti serve “un maggior coinvolgimento dei pazienti e in questo senso un ruolo fondamentale lo esercitano i medici. Ma non sono un tecnico, in ogni caso non c’è solo problema del consenso informato, c’è bisogno di sapere con più chiarezza se ci sono controindicazioni e bisogna spiegare meglio nei foglietti perché il farmaco è sostitutivo”.
 
I saluti anche da parte del vice presidente di Assobiotec Riccardo Palmisano che è presentato gli obiettivi della giornata che rientra all’interno delle iniziative per la Terza Settimana europea delle biotecnologie (premiata quest’anno con la medaglia del presidente della Repubblica): “Condividere, informare e fare cultura nel campo delle biotecnologie”. Per quanto riguarda i farmaci biosimilari Palmisano ha ricordato che i “risparmi derivanti dalle scadenze brevettuali devono restare all’interno della spesa farmaceutica. Se risparmi vengono usati per altre cose e il tetto della farmaceutica viene ridotto ecco i nuovi prodotti non trovano spazio per nuovi finanziamenti”. Altro tema toccato “è che biosimilari sono diversi dai generici e vanno trattati in maniera diversa e che l’innovazione dev’essere tutelata”.
 
Dopo i saluti iniziali si è svolta la Prima sessione dal titolo‘Formazione e informazione per maggior fiducia’.
 
Il primo a parlare è stato Antonio Costanzo (Sidemast) che ha rimarcato come “c’è carenza informativa anche a livello di società scientifiche. Ve ne sono alcune meno evolute e altre realtà che hanno grande competenza. Per noi l’obiettivo – ha precisato - è uniformare l’informazione  che viene data al paziente. E la prima azione che abbiamo intrapreso è stata quella di creare un registro per i biosimilari cui si può accedere dal sito e dove tutti i dermatologi inseriscono i dati anonimi. Cerchiamo così di aiutare così i centri meno informati, tenere alta soglia di attenzione, uniformare le informazioni dei centri di prescrizione e avere idee e dati su casistiche più elevate”.
 
“Il problema dell’informazione al paziente è molto sentito – ha evidenziato invece Antonella Celano (Presidente Apmar) - . Serve più collaborazione con le società scientifiche e le Istituzioni” perché “al paziente va detto quello che sta facendo. Deve conoscere”. E in questo senso ciò “che dovrebbe essere evitato sono le imposizioni. Abbiamo per esempio fatto una  mappatura e abbiamo visto che ci sono diverse regioni che impongono la prescrizione”. Altro tema affrontato quello del consenso informato. “Che si faccia o no firmare – ha detto Celano - il consenso (che molto spesso è un foglio che viene dato senza spiegazioni) è importante parlare, spiegare e questo vale anche per il farmaco biologico. Anche in un‘ottica di farmacovigilanza perché il paziente possa imparare a riconoscere i sintomi e i possibili effetti collaterali”. In quest’ottica il “paziente informata è una risorsa”. Sui biosimilari Celano ha poi evidenziato che a livello normativo siamo indietro. “Il position paper Aifa (che deve ancora rispondere) non dà indicazioni precise e fa si che le regioni prendono strade diverse limitando la libertà al medico”.
 
Stessa lunghezza per Elisabetta Iannelli (Segretario generale Favo) che ha ricordato come “in oncologia i farmaci biosimilari hanno segnato un punto di svolta”. “Attualmente – ha evidenziato - l’unico punto è il position papera Aifa e in questo senso servirebbe più apertura al confronto perché anche nei tavoli di lavoro operativi i pazienti possono e devono avere un ruolo centrale”. Nello specifico sui biosimilari Iannelli ha evidenziato che “serve anche un forte controllo nella fase post autorizzativa sugli effetti collaterali ed eventi avversi dato che ci sono pochi dati”. Sul consenso informato bisogna invece “spostare l’orizzonte verso l’informazione. Se a monte ci fosse più fiducia si potrebbero risolvere tanti problemi”. “La nostra proposta è quella di un maggiore controllo centrale (Aifa, Ministero con il supporto del Css) sulle regioni per fare scegliere sulla base sia dell’originale che del biosimilare. Poi dobbiamo riflettere anche sul risparmio”.
 
Durante la prima tavola è intervenuta anche Vittoria D’Incecco (PD) che ha ribadito che “bisogna  ristabilire un rapporto di fiducia, tra medici, istituzioni e cittadini” E per fare questo “non c’è bisogno di leggi e leggine, ci vuole educazione e rispetto verso chi sta male ma anche verso chi sta bene e non deve ammalarsi”. Sul tema di giornata la deputata ha condiviso l’idea che ci voglia “un ruolo preminente del Ministero e Aifa per interventi di formazione e informazione al fine di garantire uniformità di cura in tutte le regioni”. Il medico però “dev’essere lasciato libero di scegliere la terapia migliore”. E sui biosmilari “i risparmi non si vedono ora ma in futuro. Quello che mancherà sono le risorse. E noi dobbiamo chiedere di più”.
 
A chiudere la prima sessione Carlo Pini (Iss) che ha messo in risalto l’aspetto della farmacovigilanza. “Gli Studi clinici a volte non sono numerosi per cui per valutare i biosimilari serve un monitoraggio continuo. Non è la messa in discussione della validità del biosimilare. Ma credo per esempio che si debba discutere con dati alla mano per fare uno switch”. In questo senso il “Position paper Aifa può essere un’occasione ma ricordiamo che anche in Europa c’è molta diversità di vedute e quindi servono dati che vanno analizzati, ovviamente il tutto nell’interesse del paziente”. Sul ruolo  che potrebbe avere Aifa Pini ha specificato che “non spetta a me fare delle proposte ma per me Aifa potrebbe essere in grado di gestire questo coordinamento. Ma l’importante è arrivare a posizioni tecniche scientifiche valide”.
 
A questo punto ha preso il via la seconda sessione dal titolo ‘Trasparenza per una scelta consapevole’
 
Ad aprire il dibattito è stata Raffaella Buzzetti (SID) che ha ribadito l’importanza della trasparenza. “Molti farmaci bio stanno entrando nella nostra patologia. A questo scopo stiamo cercando di fare molta formazione perché i nostri soci e i diabetologi siano informati. Noi siamo assolutamente per la trasparenza al 100% sul prodotto”. Buzzetti ha poi ricordato come “un prodotto biosimilare è diverso dal generico perché viene riprodotto con tecniche che non sono riproducibili sempre al 100%”. Sulle regole anche per Buzzetti “le agenzia regolatorie non sono state ancora chiare rispetto al tema”.
 
“Io partirei dal concetto che per il medico serve formazione e per il paziente serve l’informazione”, ha detto Renato Giannelli (presidente Anmar) – . Quando c’è troppa differenza di conoscenza non sempre si riesce ad avere una buona comunicazione. Il paziente non riesce a percepire tutte le sfumature. Penso per esempio al consenso informato con valore giuridico che per me è una sciocchezza. E poi ci sono i foglietti illustrativi, che sono bellissimi, ma ho smesso di leggerli, perché t’invitano a non prendere più farmaci, sono fatti per gli addetti ai lavori”. A parte le provocazioni per Giannelli il “medico deve ascoltare le esigenze del paziente e deve avere la libertà di scelta terapeutica e non essere costretto”.
 
Ruolo istituzionale nella sessione è stato ricoperto da Marcella Marletta (Dg dispositivi medici e del servizio farmaceutico) che ha evidenziato come ci sia “un aumento del settore dei farmaci biotecnologici e nei prossimi anni scadranno i brevetti di molti prodotti e si aprirà un mondo per i biosimilari”. In ottica futura Marletta ha detto che “la prima cosa che c’interessa è la sicurezza per il paziente. Il problema è che l’innovazione è tale che ci sarà un impatto violento sulla spesa sanitaria. E in questo senso serve un medico formato ed un paziente adeguatamente informato”. Marletta ha parlato anche delle “difformità di  trattamento dei pazienti. Lo sappiamo purtroppo che le Regioni si comportano in maniera diversa. Ma questo anche perché “non c’è una sostenibilità univoca in tutti i territori. A parte il position paper aifa ogni regione fa come vuole e in base a ciò che si può permettere”. “Ripeto – ha concluso – l’importante sono le informazioni sulla sicurezza dei prodotti e non deve prevalere necessariamente il criterio economicistico. Certo, il problema della sostenibilità esiste e lo abbiamo visto con i farmaci per l’epatite C”.
 
A questo punto ha preso la parola il senatore Luigi D’ambrosio Lettieri (CoR) che riferendosi alla giornata ha commentato: “Il tema del biosimilare è paradigmatico rispetto alle criticità della governance della nostra sanità. Perché sì c’è un problema di risorse ma anche di governance, di come si spende”. “Il sistema è in affanno e questo va detto. E a partire dai politici dobbiamo smetterla di dire sciocchezze. Parlare di trasparenza, formazione e informazioni non ha senso se poi queste diventano in realtà solo foglie di fico”. Altra questione quella dell’uniformità e dell’universalità del diritto alle cure. “Ma come facciamo a parlare di Lea quando sette regioni non li garantiscono?”. Su ricerca, innovazione e sviluppo il senatore ha evidenziato che “sono bellissime parole ma chi paga? Alla ricerca autonoma destiniamo numeri da prefisso telefonico e quindi dobbiamo ringraziare le aziende e riconoscere il loro merito anche per il contributo che danno all’economia del Paese. Chiariamoci non c’è nulla di male nel business purché non si faccia contro la tutela della salute”. D’Ambrosio ha parlato anche della spesa farmaceutica. “È un paradosso dove tra alchimie e salti mortali abbiamo una produzione legislativa che è da impazzire. Serve uniformità delle regole”. E per realizzarla occorre “una coerenza legislativa”. “È possibile che si finisce di fare tagli sempre sul farmaco? – chiede provocatoriamente -. È possibile affrontare il tema dell’innovazione stabilendo dei tetti che già si sa che sono sottostimati?. Questo è modo folle e questo genera disuguaglianze”. Una battuta anche sul “coinvolgimento dei pazienti in tutti i momenti decisionali importanti. E la consultazione preventiva rappresenta modo intelligente. Ma ripeto serve un cambiamento del modo di lavorare. Una nuova cultura del confronto e della condivisione”.
 
Proprio sul tema delle differenze regionali è stata incentrata la terza sessione dal titolo ‘La sfida della regolazione tra monitoraggio centrale e provvedimenti regionali’. Una sessione che è stata però anche l’occasione per parlare del sistema farmaceutico più in generale e delle prossime novità in ambito di governance del comparto.
 
“Abbiamo uno dei sistemi dall’efficienza macroeconomica più elevata e che non ha paragoni. E la spesa farmaceutica con i tetti ha registrato una crescita molto bassa. Con tutti questi difetti otteniamo però dei risultati”. Ha subito ricordato Tiziano Carradori Dg Azienda ospedaliero universitario Sant’Anna di Ferrara e membro del Cda Aifa che ha precisato come in ogni caso “abbiamo dei limiti anche se la frammentazione c’era che prima della riforma del titolo V” del 2001. Sui tetti di spesa Carradori ha dichiarato che “siamo uno dei pochi paesi che li ha. Da un lato ci fanno controllare la spesa ma dall’altro ci sono delle conseguenze” negative: “sono settoriali, a silos” e poi “hanno anche uno scarso appeal per l’industria”. Il punto per Carradori è che bisogna valutare anche il “concetto d’innovazione. Non si deve solo guardare l’efficacia” ma anche gli altri fattori che una cura comporta. Altra questione è quella della governance che dovrebbe essere più coordinata. “Per esempio in Aifa abbiamo una commissione sui prezzi e commissione sull’innovazione. Sara mica possibile? Al di là di modifiche non è pensabile che lavorino da sole. Il prezzo del farmaco è il riconoscimento del valore di quella tecnologia e noi dobbiamo riconoscere le innovazioni migliorative e costruire modalità di valutazione”. E per realizzare tutto ciò per Carradori serve il contributo di tutte le Regioni in una “dialettica positiva non di uno contro l’altro”. Sui biosimilari Carradori ha ricordato che c’è “il position paper ma esso dev’essere tradotto in indicazioni chiare e operative per attuarlo in modo uniforme”.
 
A seguire è intervenuto nel dibattito Paolo Bonaretti (Ministero Sviluppo economico) e Responsabile dei tavoli di lavoro sulla farmaceutica. “Un maggior coordinamento è un’esigenza di tutti, delle regioni comprese”, ha detto. “Noi dobbiamo iniziare a capire che per esempio che l’Hta non dev’essere solo un esercizio culturale ma deve diventare una cosa che ha ricadute immediate: su prezzi, meccanismo controllo costi ricavi e finalizzato a rimuovere i silos”. E questo discorso “a livello regionale oggi non ha molto senso. A livello nazionale c’è Aifa” e l’idea è di costruire “una rete coordinata con le competenze maturate dalle regioni”. “Sul biosimilare – ha poi rimarcato -  va fatta una premessa. I modelli di business del biotech cambieranno. Molti farmaci biotech arrivano sul mercato ma sulla loro bontà ci sono solo gli studi osservazionali successivi. E quindi anche la negoziazione dovrà andare in quella direzione. Tutto dev’essere basato sull’efficacia della cura non solo sul costo di produzione”. Sul fatto invece che le commissione prezzi e per l’innovazione Aifa lavorino insieme ha precisato che “noi dobbiamo immaginare che le commissioni si riuniscano insieme e questa è già una proposta in atto” sul tavolo della farmaceutica. Bonaretti ha affrontato anche il tema biosimilari annunciando che dal “tavolo è uscita una proposta che dice che ci devono essere le gare (e in molti casi potrebbero vincere anche gli originatori), ma il medico deve mantenere la scelta terapeutica. Il medico motivatamente deve indicare la scelta diversa rispetto al farmaco che ha vinto la gara. Attenzione però, dobbiamo pure dire che i medici una volta laureati entrano in una ‘gilda’ dove possono decidere quello che vogliono anche  a prescindere dalle evidenze scientifiche. Ci devono essere motivazioni ma anche i comportamenti devono essere monitorati”. Favorevola anche Bonaretti all’abbandono dei tetti di spesa sulla farmaceutica “Dobbiamo cambiare i tetti della spesa che per esempio con i farmaci innovativi non hanno senso”. Il problema è quello di riuscire però a lavorare “in una logica di investimento a lungo raggio e quotidiana. Non solo il 31 dicembre”. Sul cambio dei tetti ha precisato poi che “con il Mef ‘litighiamo tutti i giorni’. Il Mef dice che queste cose non possono pregiudicare la finanza pubblica e i saldi devono rimanere invariata. Ma se noi facciamo investimento dobbiamo considerarli nel tempo”.
 
Nella sessione si è succeduto poi il contributo di Giovanni Minisola, presidente emerito SIR che sul tema disparità regionali ha evidenziato come le “Regioni hanno l’autonomia di fare le loro scelte e spesso quando prendono una decisione lo fanno sulla base dei loro bilanci. E questo determina grosse differenze non soltanto sui farmaci biotecnologici ma anche per il trattamento di patologie comuni. Ogni regione ha la disponibilità di fare quello che vuole. E questo crea anche il fenomeno della mobilità verso regioni con migliore assistenza”.  Minisola ha poi toccato il tema della lentezza nell’immissione in commercio. “In Italia i farmaci vengono autorizzati un anno un e mezzo dopo gli altri paesi. Spesso c’è un ostruzionismo per ritardare la dispensazione del farmaco perché esso comporta una spesa. C’è una forte attenzione alla spesa diretta per il farmaco senza considerare i costi totali della malattia. Quando il farmaco ne rappresenta solo un terzo”. Per quanto riguarda i biosimilari essi “hanno calmierato il mercato e devono essere visti come una grande opportunità. Ma no ai biosimilari solo per risparmiare”.
 
“La sostenibilità la vedo come una coperta corta. E la sfida è adattarla ai nuovi bisogni dei pazienti”, ha detto in chiusura Salvo Leone (Amici Onlus). Rispetto al rapporto con i pazienti Leone ha chiarito che “c’è grossa differenza tra essere ascoltati ed essere coinvolti. Il paziente non viene coinvolto fino in fondo. Perché non coinvolgere un rappresentante del paziente quando si approva un farmaco? Un confronto schietto porta solo vantaggi.
 
A chiudere la giornata un confronto a due tra medico e paziente. “Stiamo perdendo la fiducia e oggi siamo in un momento difficile che ci ha portati a proclamare gli stati generali – ha detto Roberta Chersevani (Presidente Fnomceo) -. Serve una comunicazione adeguata e che possa portare effettivamente ad una accettazione e comprensione del percorso di cura. C’è in questo senso però il problema del tempo, della razionalizzazione e dell’efficienza che ma si conciliano col rapporto medico-paziente”. Poi una battuta anche sull’Appropriatezza che “va seguita ma non dev’essere imposta. E in quest’ottica ci piacerebbe essere più coinvolti”.
 
“C’è bisogno di un sistema che riconosce la relazione. Mentre per esempio il dm appropriatezza standardizza. La specificità della persona è un elemento qualificante ma per guardare solo al carattere economico si va a standardizzare”. Ha affermato Tonino Aceti (coordinatore Cittadinanzattiva). “Un sistema che valorizza il rapporto medico-paziente è un sistema che non piega lappropriatezza clinica a quella economica, che non riduce il medico a funzionario e che dà dignità alla comunicazione. E questo è vero anche per i biosimilari. Bisogna promuoverne l’informazione. E proprio su questo tema stiamo valutando di fare una grande campagna ma c’è la necessità di un testo condiviso da tutti. Invece abbiamo solo un position paper e non abbiamo certezze d’informazione”.  

16 ottobre 2015
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