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Fibrosi cistica. In arrivo nuovi farmaci. “Ecco come li utilizzeremo”, intervista al professor Carnovale

di Edoardo Stucchi

Si tratta di due nuovi medicinali, uno già approvato da Aifa e l’altro in via di autorizzazione, che potrebbero segnare una svolta nella terapia. Ma sono molto costosi e occorrerà valutare con attenzione il loro uso. Si partirà dai malati più gravi e poi si avvieranno alla terapia tutti i malati che presentano le anomali indicate dall’autorizzazione commerciale

03 GEN - Il farmaco Ivacaftor (Kalydeco) è commercializzato in Italia da circa 8 mesi. Si tratta di un modulatore della proteina CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator), che si usa in pazienti con almeno una mutazione “gating”, ovvero pazienti in cui la proteina CFTR è presente sulla membrana cellulare ma non svolge la corretta funzione di canale per il trasporto del cloro.
 
Recentemente l’Agenzia Europea sui Farmaci (EMA) della Commissione Europea ha approvato due nuove indicazioni per il farmacoche ora potrà essere prescritto anche per trattare bambini dai 2 ai 5 anni di età che presentino una delle nove mutazioni “gating” sul gene CFTR, regolatore di conduttanza transmembrana della fibrosi cistica, e pazienti adulti che presentino, su almeno uno dei due alleli, la mutazione R117H.
 
“Sulla base dei risultati ottenuti dai miei pazienti – spiega il Dottor Vincenzo Carnovaledel Centro di Riferimento Regionale Fibrosi Cistica dell’Adulto della Campania, Università degli Studi di Napoli Federico II – posso certamente affermare che grazie a questo farmaco i pazienti stanno molto meglio. Abbiamo osservato che i pazienti che presentavano, prima dell’inizio della terapia con Kalydeco, una condizione clinica di gravità lieve-moderata, attualmente hanno migliorato diversi parametri clinici. I pazienti che, purtroppo, avevano già sviluppato i danni legati all’avanzamento della patologia, hanno manifestato un chiaro miglioramento clinico, oltre alla normalizzazione del test del sudore. Questo, naturalmente, ci permette di dichiarare che, per i pazienti affetti da Fibrosi Cistica e portatori di almeno una mutazione di classe III (gating), è vantaggioso iniziare il trattamento il più precocemente possibile, per evitare che la patologia si possa aggravare. Stiamo riscontrando risposte molto incoraggianti per questo farmaco, che grazie alle nuove estensioni potrà essere d’aiuto a molti più pazienti.”
 
Entro pochi mesi, in Italia, i pazienti affetti da Fibrosi Cistica potranno poi disporre di un altro nuovo farmaco, appena approvato dall’EMA. Si chiama Orkambi, ed è una combinazione di Lumacaftor e Ivacaftor: di fatto il primo medicinale, per il trattamento della causa alla base della Fibrosi Cistica, in soggetti di età pari o superiore a 12 anni che presentano due copie della mutazione F508del.
 
Ma quanti sono i malati in Italia che potranno beneficiare della nuova cura?Attualmente in Italia sono circa 1300 i malati da sottoporre a terapia.

Come deciderete di prescrivere il nuovo farmaco? .“Attendiamo con ansia la commercializzazione di questo nuovo farmaco – spiega Carnovale. La Società Italiana di Fibrosi Cistica si sta preparando all’arrivo di questo nuovo modulatore (la combinazione di un correttore e di un potenziatore della proteina CFTR) e insieme stiamo discutendo la modalità più corretta di prescrizione del farmaco ed il modo migliore di monitorare i risultati della terapia.
L’idea è quella di iniziare a trattare i pazienti per gravità, utilizzando degli strumenti di stratificazione del rischio nella quale ogni paziente è classificato secondo parametri clinici e strumentali; lo scopo di questa classificazione è quello di poter raggiungere, in maniera condivisa, quell’alleanza terapeutica che ci consenta di iniziare la terapia consapevoli di poterla proseguire in caso di miglioramento clinico, ma anche di poterla interrompere senza drammatizzare, fiduciosi nell’arrivo di nuove molecole più efficaci per curare le diverse classi di mutazioni.”
 
La malattia: la Fibrosi Cistica, detta anche mucoviscidosi, è una malattia genetica ereditaria a carattere autosomico recessivo, che colpisce 1 neonato su 2.500 – 2.700 nuovi nati; il 4% della popolazione ne è portatore sano e si registrano circa 200 nuovi casi all’anno. Per sviluppare la malattia è necessario che sia il padre che la madre siano portatori sani. A causare la malattia è un difetto della proteina CFTR localizzata nella membrana apicale delle cellule degli epiteli, la cui funzione è quella di regolare gli scambi idroelettrolitici. L'alterazione della proteina comporta un'anomalia del trasporto di sali e determina principalmente la produzione di secrezioni "disidratate": il sudore è molto ricco in sodio e cloro, il muco è denso e viscoso e tende ad ostruire i dotti nei quali viene a trovarsi. La Fibrosi Cistica, infatti, oltre a causare danni polmonari, pancreatici e intestinali, colpisce l’epitelio dell’apparato riproduttivo maschile provocando l’agenesia dei dotti deferenti, con conseguente azoospermia ed infertilità. I malati colpiti, scoperti alla nascita tramite il test del sudore, hanno necessità di praticare terapie molto impegnative che prevedono sedute di fisioterapia e di aerosol quotidiani e frequenti ricoveri in ospedale per risolvere le infezioni batteriche non trattabili con i comuni antibiotici.
 
Test di diagnosi Una legge del 1993 raccomanda particolare attenzione per questi malati sollecitando interventi di diagnosi precoce per adottare specifiche strategie di cura fin dalla nascita. Il Ministero della Sanità invita anche le Istituzioni regionali ad avviare test per individuare i portatori sani e informarli del potenziale rischio di mettere al mondo un figlio affetto. Un progetto di screening del portatore avviato in Veneto fra adulti sani ha permesso di scoprire i portatori sani e di conseguenza ha diminuito l’incidenza di malattia fra i nuovi nati. Ma a causa delle migliaia di anomalie genetiche il test non ha un risultato sicuro al 100 per 100. Attualmente la maggior parte delle regioni utilizza come primo mezzo lo screening neonatale seguito dal test del sudore e dall’analisi delle mutazioni della proteina difettosa nei casi sospetti.
 
Edoardo Stucchi

03 gennaio 2016
© Riproduzione riservata

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