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L'antiangiogenico che non dà resistenza


Uno studio condotto da ricercatori del San Raffaele e pubblicato oggi su Cancer Cell  dimostra che  un nuovo inibitore dell’angiogenesi è in grado di rallentare la crescita del tumore senza dar luogo a fenomeni di resistenza.

11 APR - L’identificazione di un nuovo target e la messa a punto di una molecola in grado di inibirla. È con questi due elementi che un gruppo di ricercatori dell’Unità di Angiogenesi e Targeting Tumorale del San Raffaele di Milano promettono di colmare una delle lacune più importanti dei trattamenti anticancro con farmaci antiangiogenici: la comparsa di resistenza al medicinale che porta alla ripresa della crescita dei vasi sanguigni che alimentano il tumore.  

La ricerca, che si è conquistata la copertina di Cancer Cell, è a uno stadio preliminare, ma già ha evidenziato chiaramente come l’angiopoietina-2 (ANG2), una molecola prodotta dai tumori, rappresenti un potente stimolo alla formazione di vasi sanguigni in diversi tipi di tumore sperimentale. Inoltre, che l’attività “pro-angiogenica” dell’ANG2 può essere bloccata efficacemente mediante un nuovo inibitore specifico sviluppato da AstraZeneca. Infine che l’inibizione di ANG2 riduce notevolmente la formazione dei vasi tumorali e conseguentemente ritarda e – in alcuni casi – arresta la crescita dei tumori.

“L’importanza della scoperta sta nell’aver dimostrato che l’inibizione dell’ANG2 non induce resistenza al trattamento, anche a seguito di trattamenti prolungati nel tempo o in tumori che normalmente sviluppano resistenza all’inibizione del VEGF, limitando così la più insidiosa conseguenza del tumore: le metastasi”, ha spiegato Michele De Palma, ricercatore del San Raffaele e autore dello studio.

Per il team l’efficacia del nuovo approccio è riconducibile a un doppio meccanismo di azione: da una parte l’inibizione diretta della crescita dei vasi sanguigni, dall’altra l’indebolimento dell’attività delle cellule TEM, una specifica popolazione di cellule del sangue della famiglia dei macrofagi che favoriscono la crescita di vasi sanguigni. È probabile che proprio le cellule TEM siano responsabili dell’insorgere di resistenza al trattamento con altri inibitori dell’angiogenesi. Infatti, queste cellule aumentano notevolmente nei tumori a seguito di diverse forme di terapia che bersagliano i vasi tumorali.

Insomma, sembra aprirsi un nuovo fronte nella lotta ai tumori. Tuttavia, hanno precisato i ricercatori, “è importante sottolineare che, nonostante il nostro lavoro abbia fornito un’incoraggiante prova di principio in modelli sperimentali, sarà a questo punto importante valutare gli effetti dell’inibizione di ANG2 in pazienti oncologici”.
 

11 aprile 2011
© Riproduzione riservata

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