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Un’infanzia difficile soffoca i bambini


Uno studio dell’Università San Raffaele di Milano e del Cnr mostra che le avversità vissute da piccoli sono in grado di alterare l’espressione di geni che sovrintendono ai processi respiratori.

14 APR - Per quanti hanno vissuto traumi nell’infanzia, come un distacco precoce dai genitori, le conseguenze si possono ritrovare non solo nella psiche, ma anche nei polmoni. Secondo due studi paralleli, condotti sull’uomo e su modelli animali da ricercatori dell’Università San Raffaele di Milano e del Consiglio nazionale delle ricerche, il trauma sarebbe in grado di alterare l’espressione di geni che regolano le funzioni polmonari, producendo una risposta eccessiva a stimoli di poco conto.
Basta infatti un ambiente in cui sia presente una quantità di anidride carbonica poco superiore alla norma perché la persona (o il topo) cominci a iperventilare. Un aspetto importante per la salute respiratoria, ma che costituisce anche uno dei parametri alterati negli attacchi di panico e nel disturbo d’ansia da separazione nell’infanzia.
I due studi sono stati pubblicati sull’American Journal of Medical Genetics e su PlosONE. Il primo, sull’uomo, ha coinvolto coppie di gemelli intervistati sulle avversità vissute nell’infanzia. Nel secondo i topi da laboratorio sono stati sottoposti a un esperimento: sono stati separati dalla madre a 24 ore dalla nascita e dati in adozione a madri diverse da quella biologica per i successivi 4 giorni. L’esperienza di separazione precoce dalla madre ha innescato una risposta iperventilatoria all’anidride carbonica del 150% maggiore di quella osservata in cuccioli allevati normalmente. Studiando le cause di questa risposta, i ricercatori hanno dimostrato che la risposta respiratoria esagerata era connessa a un aumento del segnale genetico che sovrintendeva a questo processo. Ciò, spiegano i ricercatori, suggerisce che le avversità ambientali siano in grado di attivare sistemi genici che sono altrimenti quiescenti, o che vengono espressi in modo diverso qualora le condizioni ambientali siano più facili o meno stressanti.
Il team è convinto che gli studi possano aprire nuove prospettive nella comprensione dei rapporti tra ambiente e geni in questo campo.
“Questo studio mostra per la prima volta in un modello animale che lo sviluppo di un organismo allevato in un ambiente ostile sia associato ad alterazioni della risposta respiratoria”, ha commentato Francesca D’Amato, primo ricercatore al Cnr di Roma. “Questo endofenotipo riscontrabile anche nell’uomo costituisce un punto di partenza fondamentale per la ricerca preclinica su questa patologia”. “Il passo successivo”, ha aggiunto Anna Moles, primo ricercatore al Cnr di Roma e direttore scientifico di Genomnia srl, una company milanese di sequenziamento massivo coinvolta negli studi, “sarà quello di valutare con le moderne tecniche di sequenziamento massivo quali sono i geni che vengono “programmati” dall’ambiente ostile attraverso modifiche epigenetiche”.
Senza dimenticare però, che “la nostra missione ultima resta quella di aumentare le conoscenze dei meccanismi genetici e ambientali che influenzano manifestazioni ansiose nei bambini e giovani adulti, migliorando le strategie di prevenzione, diagnosi precoce e terapia”, ha concluso Marco Battaglia, professore di Psicopatologia dello sviluppo all’Università Vita-Salute San Raffaele.  

14 aprile 2011
© Riproduzione riservata

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