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Miopatia autoimmune da statine: sul New England Journal of Medicine il punto della situazione

di Maria Rita Montebelli

E’ un effetto collaterale raro che compare in corso di terapia ed è dovuto alla comparsa di anticorpi diretti contro l’HMA-CoA reduttasi. La diagnosi va sospettata nei pazienti che presentano grave sintomatologia muscolare ed elevati livelli di CPK. Quasi mai la sospensione delle statine consente di normalizzare il quadro; nella maggior parte dei casi è necessario ricorrere alla terapia immunosoppressiva, con due o tre farmaci in associazione.

20 FEB - Le statine sono farmaci preziosi nel ridurre l’incidenza di patologie cardiovascolari e il loro profilo di sicurezza è considerato molto buono. Una recente metanalisi ha tra l’altro confermato che disturbi muscolo-scheletrici di lieve entità, quali le mialgie, compaiono con ugual frequenza sia nei soggetti in trattamento con statine che nei controlli assegnati al placebo.
Danni muscolari di entità tale da portare ad un’elevazione delle CPK, indotti da statine, si verificano invece molto raramente, all’incirca in un soggetto ogni 10.000 trattati per anno. Nella maggior dei casi, basta sospendere l’assunzione del farmaco per far tornare tutto a posto.
 
In rarissimi casi (2-3 pazienti su 100.000 trattati) infine, i pazienti trattati con statine possono sviluppare una miopatia autoimmune, caratterizzata da debolezza muscolare, evidenza di necrosi muscolare alla biopsia, presenza di anticorpi anti-HMG CoA reduttasi; questi soggetti presentano un’astenia muscolare progressiva che può essere controllata dagli immunosoppressori. Una review pubblicata questa settimana sul New England Journal of Medicine da Andrew L. Mammen (National Institute of Arthritis and Musculoskeletal and Skin Diseases, National Institutes of Health, Bethesda e Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimora, USA) fa il punto della situazione.
 
Si tratta di una condizione rarissima che può comparire subito dopo l’inizio della terapia con statine o a distanza di molti anni. il paziente colpito lamenta dolori muscolari e non riesce ad alzarsi da una sedia, né a fare le scale o a sollevare oggetti. L’astenia muscolare è ingravescente, nonostante la sospensione del farmaco e può rimanere di entità moderata o diventare molto grave. Oltre alla miopatia a carico dei muscoli scheletrici possono comparire rash cutanei e dolori articolari.
 
All’esame obiettivo, l’astenia muscolare è obiettivabile a livello prossimale bilaterale; i livelli di CPK sono sempre elevati in questi pazienti e nel 90% dei casi eccedono i valori di 2.000 UI/l. l’EMG evidenzia dei potenziali di piccola ampiezza con attività spontanea aumentata, elementi caratteristici di un processo miopatico attivo; la RMN evidenzia la presenza di edema muscolare.
Alla biopsia sono evidenti aree di necrosi muscolare e di rigenerazione; gli infiltrati cellulari, presenti soprattutto a livello dell’endomisio e in sede periva scolare, sono rappresentati prevalentemente da macrofagi. Tutti questi elementi sono compatibili con la diagnosi di miopatia necrotizzante immuno-mediata.
 
Sempre a livello dei campioni bioptici sono evidenziabili autoanticorpi contro l’HMG-CoA reduttasi, target farmacologico delle statine. Il riscontro di questi autoanticorpi in un paziente con mialgie in corso di trattamento con statine supporta fortemente la diagnosi di un processo autoimmune. Per il dosaggio di questi autoanticorpi,  sono in commercio dei test ELISA che danno una percentuale di falsi positivi intorno allo 0,7%. L’autore della review consiglia di effettuare questo test solo nei soggetti con concentrazioni molto elevate di CPK. Peraltro questi anticorpi possono essere presenti anche nei soggetti con miopatia autoimmune, mai esposti alle statine.
 
Non sono noti i meccanismi patogenetici alla base della comparsa degli autoanticorpi anti-HMA-CoA reduttasi, né del danno muscolare nelle miopatie autoimmuni indotte da statine. Gli autori avanzano l’ipotesi che questi anticorpi possano avere significato patogeno, visto che tra l’altro il loro livello ben si correla a quello delle CPK e al grado di debolezza muscolare.
 
Pochi dei pazienti affetti da questa forma mostrano un miglioramento spontaneo dopo la sospensione del trattamento con statine. Secondo gli autori dunque, nei pazienti con forme molto lievi si può sospendere il trattamento con statine e stare a vedere, riservandosi di ricorrere in un secondo momento alla terapia immunosoppressiva, qualora i sintomi dovessero permanere o peggiorare.
Nella maggior parte dei pazienti tuttavia è necessario iniziare subito la terapia immunosoppressiva, alla sospensione delle statine. In assenza di trial clinici ‘dedicati’, l’autore consiglia di iniziare il trattamento con prednisone per os al dosaggio di 1 mg per Kg di peso corporeo al giorno, da associare ad un altro farmaco tra metotrexate, azatioprina o micofenolato mofetil. Se non c’è risposta dopo 8-12 settimane di trattamento, sarà necessario ricorrere a immunoglobuline per via endovenosa o altri farmaci quali il rituximab. La terapia con immunoglobuline endovena può essere considerata di prima linea in alcuni pazienti selezionati, quali quelli con diabete.
 
Il trattamento va sospeso gradualmente alla scomparsa dei sintomi – suggerisce l’autore - tenendo però presente che possono esserci delle recidive. In alcuni pazienti, anche in assenza di sintomatologia residua, possono permanere elevati livelli di CPK. E’ possibile anche la situazione contraria, normalizzazione delle CPK e persistenza della grave astenia muscolare. In questo caso gli autori consigliano l’esecuzione di una RMN per escludere la presenza di un danno muscolare permanente.
 
Maria Rita Montebelli

20 febbraio 2016
© Riproduzione riservata

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