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Ricerca e sviluppo. Come uscire dalla stagnazione? Puntando sull’innovazione industriale


Un contributo alla crescita del Paese può arrivare dalle imprese, in particolare quelle del farmaco primo settore per competitività e crescita di produttività, come dimostrano anche i dati dello studio realizzato da WifOR, e da una politica nazionale e regionale che favorisca ricerca e innovazione. Se n’è parlato al convegno “Innovazione industriale e valore per il Paese” organizzato a Milano presso la Fondazione Cariplo

22 FEB - Il primo settore per competitività, crescita all’estero, incremento della produttività e della capacità produttiva. Con un investimento complessivamente in produzione e R&S di circa 2,5 miliardi nel 2014. È questa la fotografia del comparto farmaceutico nel nostro Paese, costituito per il 40% da imprese italiane e per il 60% da imprese globali a capitale estero. Un Paese che ha aumentato di più al mondo il valore dell’export di medicinali dal 2010 al 2014, ma che su tanti fronti segna ancora il passo. Secondo i dati diffusi dall’Istat, l’Italia presenta infatti una stima di crescita del Pil nel 2015 dello 0,7%, al di sotto quindi delle aspettative, a dimostrazione di un forte e diffuso indebolimento della capacità del Paese di crescere e competere.
 
Appare urgente quindi mettere in atto politiche concrete e misure idonee a sostenere adeguatamente la promozione della ricerca e l’innovazione industriale, favorire la riconversione e la riorganizzazione produttiva, le politiche per l’internazionalizzazione e la promozione di nuovi investimenti esteri in Italia. Misure che aiutino quindi l’industria, asse importante della crescita nazionale e il settore farmaceutico tra i più positivi come trend attuale di sviluppo.
 
Sono questi i temi al centro del convegno“Innovazione industriale e valore per il Paese” organizzato a Milano presso la Fondazione Cariplo, nel corso del quale si sono confrontati rappresentati di imprese, istituzioni, università, politici, ricercatori ed esperti internazionali. 
 
“Il Paese ha bisogno di innovazione, di metodologie, di prodotto e di politiche pubbliche, un tema centrale in particolare per quanto riguarda la sanità e il Ssn – ha detto Emilia Grazia De Biasi, Presidente della Commissione Igiene e Sanità al Senato – sbaglieremmo quindi se pensassimo che il problema è esclusivamente quello della ristrettezza delle finanze. Noi abbiamo la necessità di riconvertire la spesa sulle esigenze di oggi e se non lo si fa correttamente corriamo il rischio di sbagliare. E la filiera farmaceutica e in generale l’industria del farmaco, la prima industria italiana non lo dimentichiamo, è in particolare decisiva per alcuni tratti di innovazione della sanità del nostro Paese, penso in particolare ai farmaci innovativi sul fronte terapeutico. È importante quindi rivedere tutto il comparto in modo da renderlo più razionale e moderno – prosegue – e trovare un equilibrio tra le giuste esigenze dell’impresa e quelle di una filiera che poi, aspetto più importante, approda al cittadino. Sicuramente dobbiamo scegliere se i cittadini sono uguali davanti all’aspirina o davanti al cancro, così come servono meccanismi di semplificazione e meno laccioli burocratici, ed anche maggiori controlli e più legalità”.
 
L’Italia ha centri di ricerca straordinari e riconosciuti nel mondo, ha poi spiegato De Biasi, ma “il Paese – ha aggiunto – ancora fatica a riconoscere la cultura scientifica per il suo effettivo valore, come leva di sviluppo economico e umano e a dare spazio e futuro alle giovani generazioni. Occorrono quindi importanti investimenti pubblici e privati in tecnologie e in risorse umane. Se non si procede per fare crescere la ricerca non c’è impresa che tenga anche perché il rischio è quello della delocalizzazione. Va quindi ripristinato anzi creato il nesso tra ricerca di base indipendente e pubblica, quella traslazionale e l’impresa”.
 
“Sul fronte della ricerca e dell’innovazione c’è una necessità chiara: lo Stato deve investire su politiche di lungo periodo e fare delle scelte strategiche” ha detto Paolo Bonaretti, esperto politiche industriali e dell’innovazione al Ministero dello sviluppo economico. “La salute in Italia, benché tutti ne parlino in termini di costo, è un punto di eccellenza e lo dimostrano i dati sulla farmaceutica – ha spiegato – è essenziale quindi puntare sulla salute, sulla genomica, sui big data affinché diventino investimento. E la strategia che il Governo sta mettendo in piedi va in questa direzione. Questo significa mettere a disposizione anche strumenti nuovi e una capacità di mercato nuova, sviluppando grandi progetti paese sui quali far convergere sia i fondi nazionale sia regionali che riescano a creare una situazione di differenziale competitivo, perché quello che è mancato nel nostro Paese è un investimento in produttività”.
 
Nel settore della salute e nel farmaceutico dove gli investimenti non sono commisurati al mercato abbiamo la necessità di migliorare il sistema, ha poi aggiunto Bonaretti “Costituendo comitati etici unici, contratti standard, assicurazioni standard, partnership pubblico privato per la ricerca indipendente che attiri finanziamenti e definisca anche regole standard, formazione di medici e infermieri – ha concluso – abbiamo la possibilità di costruire una infrastruttura sui cui il capitale privato può investire. Non dimentichiamo che il mercato della ricerca farmaceutica nel mondo vale 160 miliardi all’anno”.
 
Anche per Francesco Grillo, consigliere del Miur, alla luce dei dati negativi sulle le stime di crescita del nostro Paese “bisogna fare scelte drastiche con un cambiamento che coinvolge tutti”. “Non basta investire di più in ricerca e sviluppo – ha detto – ma bisogna farlo in maniera efficiente facendo azioni pesanti dal punto di vista della governance. Superando rendite di posizione. Stimo pensando quindi di creare fondi chiusi per aree di specializzazione per singolo settore produttivo con capitale pubblico e privato, dove il primo definisce la cornice strategica, quindi le aree del paese dove investire, nel sud in particolare, e il privato fa la scelta dei progetti”.
 
L’azienda farmaceutica, volano nello sviluppo dell’economia nazionale e locale. Una testimonianza dell’effetto volano che un’azienda di respiro internazionale può avere per lo sviluppo dell’economia nazionale e locale, arriva da Fabrizio Greco, amministratore delegato AbbVie Italia. “Siamo riusciti ad attrarre un ulteriore investimento  di 60 milioni di dollari per avviare una linea produttiva di avanguardia nel nostro paese – ha detto – e questo grazie a quanto abbiamo seminato: abbiamo infatti continuato a investire sulle innovazioni e sulle persone. Rappresentiamo l’Italia all’interno di un contesto competitivo globale e il nostro compito è far sì che l’Italia emerga rispetto agli altri Paesi. Ma per continuare a dimostrare che l’Italia è un Paese su cui poter continuare ad investire bisogna poter operare in un contesto che sia affidabile e prevedibile, oltre che competitivo. Tuttavia il contesto continua a cambiare e a non comprendere queste esigenze”.
 
Cosa fare per uscire dall’impasse? Creare un contesto favorevole all’innovazione e al cambiamento soprattutto in un settore come quello biofarmaceutico “L’innovazione porta investimenti – ha commentato Greco – in Italia si ne parla molto ma non si fa abbastanza. È quindi difficile convincere gli investitori che c’è terreno fertile dove continuare a puntare: non dobbiamo dimenticare che un investimento è un seme che poi nel tempo frutta e se si opera bene alla fine produce benessere per tutti con un impatto sociale importante”.
 
E a parlare sono i dati emersi dallo studio realizzato da WifOR, Istituto di ricerca indipendente del Dipartimento di finanziaria e politica economica presso l’Università di Tecnologia di Darmstadt. Uno studio, ha ricordato Greco, che ha misurato l’entità del contributo dell’Azienda biofarmaceutica al benessere economico italiano in termini di crescita, innovazione e occupazione. Dall’analisi dei dati è emerso che, nel 2013, Abbvie Italia ha generato un valore aggiunto lordo diretto pari a 690 milioni di euro. Ma non solo, oltre agli effetti economici diretti è stato rilevato che le attività commerciali dell’Azienda hanno prodotto un ulteriore valore aggiunto indiretto pari a 264 milioni di euro. Mentre la reimmissione di parte del reddito ha aumentato i consumi in altri settori dell’economia italiana con un valore aggiunto indotto pari a 107 milioni di euro. Tirando le somme, le attività commerciali di AbbVie Italia hanno prodotto per l’economia italiana un valore lordo aggiunto pari a 1.061 milioni di euro al quale si aggiungono 7.800 posti di lavoro creati nel nostro Paese grazie ad attività dirette e indirette. “Con questo studio – ha concluso Greco – abbiamo avuto l’evidenza che per ogni posto di lavoro interno se ne creano sei fuori questo ci fa capire qual può essere il ritorno sia in termini di magnitudo che in termini temporali quando si inizia ad investire”.
 
Dalla Lombardia 120 mln per investimenti in R&S. La regione Lombardia ha lanciato un bando del valore di 120 milioni di euro per finanziare i progetti che comprendano attività di ricerca industriale e sviluppo sperimentale e siano finalizzati all'introduzione di innovazione di prodotto e/o di processo. “Il primo ambito strategico su cui scommettere nel nostro Paese, e in particolare in Lombardia – ha affermato  Luca Del Gobbo, assessore all’Università, ricerca e open innovation di Regione Lombardia – è la promozione della ricerca e dell’innovazione industriale. Tra le migliori caratteristiche che tutti riconoscono al nostro Paese c’è la qualità delle risorse umane, sia quelle impegnate nelle aziende sia quelle espresse dal sistema universitario e della ricerca. La grande scommessa è quindi rafforzare e rendere strutturale la collaborazione tra questi due mondi, affinché la grande mole di conoscenza che produciamo possa trasformarsi in nuovi prodotti, processi, servizi e incrementare la competitività e la qualità della vita”. In particolare, i progetti di ricerca, sviluppo e innovazione dovranno essere legati alle aree di specializzazione quali, aerospazio, agroalimentare, eco-industria, industrie creative e culturali, industria della salute, manifatturiero avanzato, mobilità e Smart Cities and Communities”.
 

22 febbraio 2016
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