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Tumore ovaie. In alcune donne paclitaxel settimanale aumenta la sopravvivenza

di Larry Hand

Dato ogni settimana, il chemioterapico ha mostrato la sua efficacia senza la somministrazione concomitante dell'antiangiogenico bevacizumab. Lo studio pubblicato sul New England Journal Medical.

03 MAR - (Reuters Health) - La somministrazione settimanale di paclitaxel, un chemioterapico utilizzato contro il tumore delle ovaie, non sembra prolungare il tempo di sopravvivenza libera da progressione della malattia (PFS), un indice dell’efficacia delle terapie antineoplastiche. Ma alcune pazienti ne trarrebbero giovamento: le donne che non vengono trattate anche con l’antiangiogenico bevacizumab. A dimostrarlo è stato uno studio clinico randomizzato di fase 3 che ha confrontato la terapia settimanale con la terapia standard che prevede la somministrazione dell’antineoplastico ogni tre settimane. La ricerca, pubblicata sul New England Journal of Medicine, è stata coordinata da John Chan della California Pacific-Palo Alto Medical Foundation del Sutter Cancer Research Institute di San Francisco.
 
Lo studio
Chan e colleghi hanno coinvolto 692 pazienti tra il 2010 e il 2012 in più di 200 cliniche tra Stati Uniti, Canada e Corea del Sud. La maggioranza delle pazienti, l’85%, era di razza bianca, non-ispanica. Le donne sono state divise in due gruppi. Al primo gruppo è stato somministrato paclitaxel alla dose di 175 mg/m2 per via endovenosa insieme all’antitumorale carboplatino, ripetendo la somministrazione dopo 21 giorni, per sei cicli di terapia. Al secondo gruppo, invece, è stata somministrata una dose di 80 mg/m2 sempre endovena, ripetendo il trattamento dopo 7 e 14 giorni per sei cicli, sempre in associazione con carboplatino.

Alcune pazienti, poi, l’84% delle donne coinvolte nello studio, hanno scelto di essere trattate contemporaneamente anche con bevacizumab, un antiangiogenico, alla dose di 15 mg/kg ogni 21 giorni, somministrato dal secondo ciclo di terapia fino al progresso della malattia o fino alla comparsa di effetti collaterali che impedivano il proseguimento della terapia con questo farmaco. Il 13% delle pazienti, infine, si sono sottoposte anche a una chemioterapia adiuvante e a chirurgia per ridurre la massa tumorale. I ricercatori hanno poi valutato l’effetto della terapia antitumorale utilizzando TAC o Risonanza Magnetica, prima e dopo il trattamento. Alla fine dei sei cicli di chemioterapia, inoltre, le donne si sono sottoposte ad esami strumentali periodici.

I risultati
I due terzi delle pazienti, il 67%, sono sopravvissute dopo un follow-up medio di 28 mesi. I ricercatori hanno evidenziato che la somministrazione settimanale di paclitaxel ha portato a 14,7 mesi di sopravvivenza libera da progressione della malattia, rispetto a 14 mesi per il regime a tre settimane. Tuttavia, nelle pazienti che avevano scelto di non essere trattate anche con bevacizumab, la somministrazione settimanale di paclitaxel aveva allungato la PFS di 3,9 mesi. “Pensiamo – ha dichiarato Chan – che l’effetto del bevacizumab abbia neutralizzato l’azione di paclitaxel. La somministrazione settimanale di questo antineoplastico è un regime terapeutico efficace e promettente contro il cancro delle ovaie. Inoltre, la somministrazione settimanale di questo antitumorale ha un buon profilo di tossicità. È stato infatti meno dannoso sui globuli bianchi – ha sottolineato l’oncologo – in particolare sui neutrofili. Non ha danneggiato il sistema immunitario più di quanto non abbia fatto la terapia a tre settimane, anche se ha provocato una neuropatia leggermente maggiore del secondo grado. Il nostro studio suggerisce che le possibilità terapeutiche possono essere sia la somministrazione settimanale di paclitaxel senza bevacizumab, che la somministrazione ogni tre settimane di paclitaxel insieme a bevacizumab, ma paclitaxel non dovrebbe essere mai somministrato da solo se i cicli si ripetono ogni tre settimane”.

Fonte: NEJM 2016

Larry Hand

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science) 

03 marzo 2016
© Riproduzione riservata

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