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Poter essere mamme dopo un tumore. Apre a Roma la bio-banca del tessuto ovarico


Sarà presentata questo pomeriggio a Roma, alla presenza del ministro della Salute, Ferruccio Fazio, e della presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, la terza bio-Banca italiana di tessuto ovarico ospitata presso l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena. Il progetto, diretto da Enrico Vizza, permetterà di conservare la corticale dell’ovaio contenente gli ovociti, per consentire il reinnesto nelle donne sopravvissute al cancro.

19 APR - A seguito della approvazione all’unanimità nel Consiglio regionale del Lazio, della mozione 137 dell’11/01/11, sarà presentata ufficialmente questo pomeriggio a Roma, presso l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, la terza bio-Banca italiana di tessuto ovario. Grazie a questa iniziativa la corticale dell’ovaio contenente gli ovociti potrà essere conservata in azoto liquido per poi poter esser reinnestata nella donna sopravvissuta al cancro dopo la fine dei trattamenti oncologici, permettendole una ripresa sia della funzione ormonale che riproduttiva.

“La diagnosi precoce, il miglioramento delle tecniche chirurgiche e l'introduzione di nuovi chemio/radioterapici – spiega Enrico Vizza, responsabile della Uoc di  Ginecologia Oncologica e responsabile della nuova Banca del tessuto ovarico presso l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma - hanno aumentato considerevolmente le aspettative di vita delle donne affette da patologie neoplastiche. Alla terapia oncologica però, sono associati danni a carico dell'ovaio che possono provocare arresto dello sviluppo e sterilità nella bambina, perdita della fertilità nella donna adulta e menopausa precoce. Considerando il sempre maggiore numero di pazienti guarite dopo neoplasie – sottolinea Vizza - si deve poter pensare al loro benessere globale e all’aspettativa di una vita normale”.

La crioconservazione di tessuto ovarico, prelevato prima dell’inizio delle terapie antitumorali, è in grado di offrire importanti prospettive per preservare la funzione riproduttiva e l’attività steroidogenica delle pazienti affette da patologie neoplastiche, siano bambine o giovani donne in età fertile. Il tessuto ovarico destinato alla crioconservazione viene prelevato nel corso di un intervento laparoscopico, trasportato in mezzi di coltura  in laboratorio e quindi tagliato in fettine o strip che sono criopreservate e conservate in contenitori di azoto liquido a -196°C fino allo scongelamento. Numerosi sono, infatti, i vantaggi in relazione alle altre procedure di crioconservazione. In primo luogo, essa consente di preservare in situ centinaia di follicoli primordiali contenenti ovociti immaturi, che risultano molto resistenti ai processi di congelamento e scongelamento. In secondo luogo, è una tecnica di rapida esecuzione e poco invasiva. In ultimo, è la sola metodica applicabile nel caso di pazienti in età pediatrica, nelle pazienti affette da tumori ormono-sensibili e nelle pazienti in cui posticipare l’inizio della terapia oncologica per sottoporsi a stimolazione ormonale e prelievo chirurgico degli ovociti, costituirebbe un rischio inaccettabile.

Il progetto sarà rivolto a tutte le donne con età non superiore ai 35 anni affette da patologie neoplastiche e desiderose di  preservare la fertilità prima di un trattamento oncologico. La selezione delle pazienti sarà condotta da uno staff multidisciplinare (oncologo, ginecologo, biologo della riproduzione, radioterapista). Saranno candidate al trapianto di tessuto ovarico tutte le pazienti affette da neoplasie del sistema ematopoietico (LMC, LMA, LLA, linfoma di Hodgkin e non-Hodgkin), neoplasia della mammella, tumore di Wilms, sarcoma di Ewing, osteosarcoma, carcinoma cervicale agli stadi iniziali sottoposte a trattamento conservativo.


 

19 aprile 2011
© Riproduzione riservata

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