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Sindrome di Lynch. Poca informazione sugli screening

di Laura Newman

Pochi medici raccomandano l’importanza di sottoporsi agli screening tesi a individuare tumore ereditario non poliposo colo rettale. Il criterio Amsterdam II individua tre criteri per l’individuazione dei soggetti: tre parenti biologici con cancro colorettale o con un’altra sindrome di Lynch, almeno due generazioni consecutive affette ed una diagnosi di tumore fatta prima dei 50 anni di età.

11 MAR - (Reuters Health) – Uno studio ha sottoposto a test genetico persone con familiarità a tumore ereditario non poliposo colorettale, nonostante solo una piccola percentuale di medici abbia dato loro le appropriate raccomandazioni di screening. Per selezionare i partecipanti allo studio è stato usato il criterio della storia familiare Amsterdam II per il cancro ereditario non poliposo colorettale (HNPCC). Questo criterio include l’avere tre parenti biologici con cancro colorettale o con un’altra sindrome di Lynch che sono collegati ad un parente di primo grado, almeno due generazioni consecutive affette ed una diagnosi di tumore fatta prima dei 50 anni di età.
 
Per pazienti che soddisfano i criteri Amsterdam II, le linee guida di diversi gruppi suggeriscono l’offerta di consigli e di test per le mutazioni da sindrome di Lynch. Per gli individui ad alto rischio che non hanno avuto test genetici, la colonscopia è consigliata ogni uno o due anni con inizio non più tardi dei 25 anni di età.

Lo studio
Il team di ricerca, condotto dalla dottoressa Lowery e dal dottor Swati G. Patel, dell’università del Colorado, ad Aurora, ha intervistato i partecipanti nel progetto multicentrico Family Health Promotion, che è realizzato per promuovere gli screening colonscopici nei membri delle famiglie ad alto rischio di tumori colorettali. Tutti i coinvolti non avevano tumori colorettali ed erano parenti di primo grado di pazienti affetti dal tumore. I soggetti coinvolti nello studio sono stati assegnati casualmente ad un intensivo sistema di consulenza telefonica e postale oppure ad un gruppo di controllo, che ha ricevuto soltanto informazioni tramite posta riguardo l’importanza dello screening.

I risultati
Come è stato riportato online il 9 febbraio sull’American Journal of Gastroenterology, 165 partecipanti hanno completato il questionario di base ed il 90% ha risposto ad un questionario di follow up di 24 mesi. Al questionario base, il 98% dei partecipanti ha riconosciuto che la genetica o la storia familiare del tumore colorettale (CRC) sono importanti o molto importanti nel prevedere il rischio futuro di cancro colorettale, ed il 63% aveva sentito parlare dei test genetici per il CRC, ma solo il 31% ricordava di avere ricevuto da un medico il suggerimento di eseguire un test genetico per il CRC, e solo il 7,3% lo aveva eseguito. Entro la fine dello studio, “soltanto il 26% dei partecipanti ha riportato che aveva ritenuto di doversi sottoporre a colonscopia ogni 1-2 anni, ed il 30% degli endoscopisti per questi partecipanti aveva raccomandato una colonscopia di follow up ad 1-2 anni”, riporta il team.

C’era una concordanza del 65% tra le raccomandazioni degli endoscopisti ed i rapporti dei partecipanti riguardo gli intervalli di screening. Non c’era, tuttavia, differenza tra chi riceveva consulenze tramite telefono e posta oppure soltanto tramite posta sulla proporzione di chi conosceva gli intervalli di screening appropriati (26% contro 25%, rispettivamente), “nonostante il fatto che l’intervento telefonico enfatizzasse fortemente l’importanza della colonscopia ogni 1-2 giorni”, hanno dichiarato gli autori.

Dei 91 partecipanti che hanno completato un questionario supplementare dopo la fine dello studio, il 24,2% ha riportato di avere discusso spesso la possibilità dei test genetici con il loro medico curante, ed un terzo di questi ha dichiarato di avere esso stesso proposto la questione. “Abbiamo davvero bisogno di un approccio su due fronti che includa il raccogliere sistematicamentestorie familiari complete ed il semplificare il processo per la consulenza ed il test genetico”, ha detto la dottoressa Lowery

Fonte: The American Journal of Gastroenterology

Laura Newman

(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)

11 marzo 2016
© Riproduzione riservata

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