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Farmaci anti nausea e anti vomito in oncologia. Il punto in una review del New England

di Maria Rita Montebelli

La terapia anti-emetica solleva  da disagi e sofferenze che possono avere un impatto devastante sulla  qualità di vita dei malati di cancro. Il New England Journal of Medicine ne ripercorre la storia fino ad arrivare agli attuali protocolli. E si continua a guardare avanti: 32 sono le molecole anti-tumore di recente introduzione in clinica e la profilassi anti-emetica ne dovrà tener conto e adeguarsi di conseguenza

09 APR - Un sondaggio realizzato nel 2014 dall’ASCO (American Society of Clinical Oncology) nel quale si chiedeva a medici, pazienti e pubblico di votare i maggiori successi degli ultimi 50 anni in oncologia, ha visto entrare a pieno diritto nella rosa dei primi cinque classificati i farmaci anti-emetici.
Nausea e vomito associati alla chemioterapia sono due comuni effetti collaterali (uno studio del 1979 evidenziava che erano presenti nell’83% dei trattati) che impattano in maniera significativa sulla vita del paziente e possono costringere a ridurre la posologia dei farmaci o addirittura alla loro interruzione.
Negli ultimi 40 anni la gestione di questi effetti indesiderati è cambiata in maniera drastica. Gli anni ’70 sono stati caratterizzati dai lunghi ricoveri per la nausea post-chemioterapia. A distanza di 20 anni, grazie all’arrivo di alcuni trattamenti, l’incidenza di nausea e vomito post-chemio, risultavano presenti rispettivamente ‘solo’ nel 35% e nel 13% dei pazienti. Oggi infine, l’aderenza alle linee guida garantisce un’efficace protezione da questi effetti indesiderati (si può evitare la comparsa di vomito in oltre l’80% dei pazienti) e consente ai pazienti di tornare rapidamente alle loro attività dopo il trattamento.
 
L’emesi da chemioterapia viene classificata in 5 categorie che tengono conto di quando compare in rapporto al trattamento oncologico e della risposta o meno alla profilassi (‘acuta’, ‘ritardata’, ‘di sfondamento’, ‘anticipatoria’, ‘refrattaria’).
Molti farmaci, quali cisplatino, carboplatino, ciclofosfamide e doxorubicina possono indurre una forma sia acuta che ritardata di emesi post-chemioterapia (bifasica). Nel 2004 è stata messa a punto una classificazione dei chemioterapici a seconda della loro possibilità di indurre emesi acuta, in assenza di profilassi (1 minima, cioè da 0 al 10% dei pazienti; 4 massima, cioè >90% dei pazienti).
In alcuni casi può permanere, anche a distanza di anni un riflesso del vomito condizionato, scatenato ad esempio da alcuni odori, dall’ascensore dell’ospedale o addirittura dall’incontrare l’infermiera del day-hospital in un negozio.
 
Diversi neurotrasmettitori, quali dopamina, serotonina e sostanza P sono coinvolti nell’emesi indotta da chemioterapia. I chemioterapici possono attivare i recettori di questi neurotrasmettitori presenti nell’area postrema del cervello; altri recettori sono presenti sulle terminazioni vagali prossime alle cellule enterocromaffini dell’intestino; le fibre afferenti trasmettono gli stimoli al tronco che processa il riflesso del vomito e invia segnali efferenti a organi e tessuti che scatenano il vomito.
 
Secondo gli ultimi studi, il vomito indotto dalla chemioterapia si verifica per l’attivazione di una via centrale e/o di una via periferica. Quella ‘periferica’ si attiva entro 24 ore dall’inizio della chemioterapia (emesi acuta indotta da 0 a 24 ore dalla chemioterapia). I farmaci antitumorali inducono le cellule enterocromaffini a rilasciare serotonina, che a sua volta attiva i recettori 5-HT3 nelle fibre afferenti vagali, che trasmettono lo stimolo al cervello.
La via ‘centrale’, localizzata nel cervello, si attiva anch’essa nelle prime 24 ore dalla chemioterapia ed è responsabile principalmente del vomito da chemioterapia ‘ritardato’ (da 25 a 120 ore dopo il trattamento), ma può indurre anche emesi ‘acuta’.
La sostanza P è il neurotrasmettitore principale nell’attivazione dei recettori NK1 del sistema nervoso centrale. L’attivazione di questi recettori può potenziale quella dei recettori 5-HT3.
La maggior parte dei farmaci anti-emetici utilizzati in clinica appartiene dunque alla classe degli agonisti recettoriali 5-HT3 e Nk1.
 
Antagonisti dei recettori della dopamina. Fino alla fi,ne degli anni ’70, la base dei trattamenti anti-emetici era rappresentata da questa categoria di farmaci alla quale appartengono metoclopramide, proclorperazina e aloperidolo. Armi spuntate purtroppo contro il vomito da cisplatino che nel frattempo l’FDA aveva approvato nel 1978. Nel 1980 tuttavia un trial dimostrava l’efficacia della metoclopramide ad elevato dosaggio nel ridurre la frequenza del vomito nei soggetti trattati con cisplatino, ancora meglio se associata a corticosteroidi (il potere anti-emetico del desametazone è stato riconosciuto nel 1981).
 
Antagonisti dei recettori 5-HT3 di prima generazione. All’inizio degli anni ’90 vennero introdotti in terapia gli antagonisti dei recettori 5-HT3, un pilastro nel trattamento del vomito indotto in acuto dalla chemioterapia. Nel 1991 arriva l’ondansetron che entra immediatamente nella pratica clinica oncologica, spesso associato al desametasone. Nel 1997 arrivano altri due farmaci di questa classe, il granisetron e il dolasetron, approvati dall’FDA per la profilassi dell’emesi indotta da chemioterapia. Nel tempo, dolasetron e ondasetron, al dosaggio di 32 mg per via endovenosa, sono stati abbandonati poiché inducono un allungamento dell’intervallo QTc all’ECG.
 
Antagonisti dei recettori 5-HT3 di seconda generazione. Nel 2003 l’FDA approva due prodotti rivoluzionari: il palonosetron e l’aprepitant.
Il palonosetron  è un antagonista dei recettori 5-HT3 a lunga emivita ed elevatissima affinità di legame che determina l’internalizzazione del recettore 5-HT3 e l’inibizione del recettore 5-HT3-NK1; molto efficace nel prevenire sia la forma acuta che ritardata di emesi da chemioterapia.
 
Antagonisti dei recettori NK1. L’aprepitant , il primo di questa classe di farmaci, è arrivato sul mercato solo nel 2003. Associato a desametasone e ad un antagonista dei recettore 5-HT3  è molto efficace nel prevenire il vomito da chemioterapici altamente emetogeni. Nel 2008 l’FDA ha approvato il fosaprepitant, un profarmaco a somministrazione endovenosa. Negli ultimi anni si sono resi disponibili anche il netupitant (somministrato in combinazione orale fissa con il palonosetron – NEPA 300/0,5 mg) e il rolapitant. L’FDA ha approvato il NEPA nell’ottobre del 2014, l’EMA nel maggio 2015.
Il rolapitant , approvato dall’FDA nel settembre 2015 per la prevenzione dell’emesi ritardata da chemioterapia, ha un’emivita di 180 ore ed è metabolizzato dal CYP3A4; è anche un moderato inibitore del CYP2D6 e un inibitore della cancer resistance protein e della P-glicoproteina. Sono possibili dunque gravi interferenze con il metabolismo di altri farmaci associati.
 
Olanzapina. Un antipsicotico atipico indicato per il trattamento della schizofrenia e del disturbo bipolare, nel 2014 è stato incorporato nelle linee guida NCCN perché se associato ad un antagonista dei recettori 5-HT3 e al desametasone è efficace nel controllare l’emesi acuta e ritardata da agenti chemioterapici altamente o moderatamente emetogeni.
 
Le linee guida. Nel 1997 viene pubblicata la prima edizione delle linee guida anti-emesi del National Comprehensive Cancer Network (NCCN), mentre l’anno dopo escono le linee guida del Multinational Association of Supportive Care in Cancer (MASCC), seguite un anno dopo da quelle dell’ASCO. L’ESMO (Società Europea di Oncologia Medica) pubblica le sue prime linee guida anti-emesi solo nel 2001. Da allora tutte le linee guida sono state aggiornate e raccomandano tutte l’impiego di antagonisti recettoriali 5-HT3 e NK1 associati a desametasone per i pazienti trattati con agenti altamente emetogeni e regimi a base di antracicline. Per i soggetti in terapia con farmaci moderatamente emetogeni viene raccomandata la profilassi con un antagonista recettoriale 5-HT3 associato a desametasone. Infine, nei pazienti in trattamento con farmaci scarsamente emetogeni le linee guida suggeriscono la monoprofilassi o con un antagonista recettoriale 5-HT3 o con desametasone.
Nei soggetti con emesi da chemioterapia refrattaria o anticipatoria sono consigliati i regimi a base di olanzapina; può essere utile associare anche lorazepam o alprazolam.
 
Maria Rita Montebelli

09 aprile 2016
© Riproduzione riservata

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