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Malattie infiammattoie intestinali. La durata aumenta il rischio di colangiocarcinoma

di David Douglas

Secondo quanto suggeriscono i dati di uno studio americano proveniente dalla Mayo Clinic di Rochester nel Minnesota, la durata delle malattie infiammatorie intestinali (IBD) è associata ad un aumentato rischio di colangiocarcinoma in pazienti già colpiti da colangite sclerosante primitiva.

11 APR - (Reuters Health) - Come ha spiegato Konstantinos N. Lazaridis della Mayo Clinic di Rochester, “la colangite sclerosante primitiva (PSC) è il più forte fattore di rischio noto per lo sviluppo del colangiocarcinoma (CCA), tumore maligno associato ad alta mortalità a causa della mancanza di una diagnosi precoce e delle opzioni terapeutiche molto limitate. In questo studio abbiamo identificato che la durata delle IBD che spesso coesistono con una PSC, è collegata allo sviluppo di CCA in questi pazienti“.
 
Lo studio
Lazaridis e colleghi hanno esaminato i dati relativi a 339 pazienti con PSC-IBD che sono stati visti tra il 2005 e il 2013; 137 pazienti avevano una colectomia e 123 pazienti hanno sviluppato CCA, come hanno scritto nel loro articolo pubblicato dal American Journal of Gastroenterology. Dopo aggiustamento dei dati per età, il modello della Cox dell’analisi univariata ha mostrato che (hazard ratio, 1.53) la colectomia e la durata delle IBD (HR, 1.37) erano risultati significativamente associati ad un aumentato rischio di CCA. Inoltre anche l’aumento del rischio di neoplasie del colon (HR, 1,52) e la colectomia per neoplasie del colon (HR, 1.62) mostravano un relativo avvicinamento alla significatività statistica. In aggiunta, nei pazienti con colectomia, al confronto con quelli con malattia refrattaria al trattamento medico, la neoplasia del colon, considerata come indicazione ad un intervento chirurgico, è stata associata ad un aumento del rischio CCA (HR, 2,91). All’analisi multivariata, la durata della IBD è rimasta significativamente associata con CCA (HR, 1.33), tuttavia, la colectomia non ha modificato la forza predittiva di questo rischio.

Tra i limiti dello studio, sottolineano i ricercatori, vi è “la possibilità di bias nel riportare i dati, dato che l’aumento della probabilità di vedere pazienti con neoplasia grave e complicata, si registra solo nei centri altamente specializzati: il nostro centro, in particolare, gestisce un volume elevato di pazienti con CCA”. Tuttavia, ha continuato il dottor Lazaridis, i risultati “potrebbero aiutare ad una migliore identificazione dei pazienti con PSC che possono avere un rischio maggiore di sviluppare CCA, e quindi a modificare il nostro screening clinico per questo sottogruppo di pazienti PSC in modo da ottenere una diagnosi precoce del CCA , con un auspicabile miglioramento anche degli esiti clinici “.
 
Fonte: Am J Gastroenterol 2016
 
David Douglas
 
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

11 aprile 2016
© Riproduzione riservata

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