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Deficit attenzione e iperattività. Per gli adolescenti inefficaci i farmaci a uso pediatrico

di Lisa Rapaport

Sono stati pubblicati da JAMA i risultati di una revisione degli studi centrati sui trattamenti farmacologici e psicoterapeutici dei disturbi da deficit di attenzione/iperattività (ADHD). I dati raccolti suggeriscono che gli adolescenti hanno esigenze di trattamento ben distinte da quelle dei bambini più piccoli; quindi le indicazioni terapeutiche attuali per l’uso dei farmaci non sono generalizzabili.

11 MAG - (Reuters Health) – Secondo l’autrice della revisione Eugenia Chan, ricercatore presso la Harvard Medical School e direttore del progetto ADHD del Boston Children’s Hospital, il problema centrale nelle decisioni di trattamento, per i disturbi ADHD, sta nel comprendere quale sia il trattamento farmacologico adeguato per gli adolescenti, quando intervenire con un farmaco e per quanto tempo prolungare il trattamento farmacologico, che va considerato essenzialmente in base alla gravità dei sintomi manifestati dai ragazzi.
 
Tutto questo deriva anche dal fatto che la maggioranza degli studi pubblicati sono stati fino ad ora centrati sui bambini più piccoli con ADHD, trascurando, per certi versi, l’evidenza che il 12% dei ragazzi americani di età compresa tra 12 al 17 anni hanno disordini evolutivi del tipo ADHD. La questione si complica ulteriormente al momento della scelta tra il trattamento farmacologico e la psicoterapia, cui si aggiunge anche il fatto che gli adolescenti hanno grossi problemi di aderenza al trattamento farmacologico che perdendo, con la scarsa compliance, l’efficacia sui sintomi e sui loro comportamenti, li fa sentire inadeguati e diversi rispetto ai coetanei.

Per ciò che riguarda la psicoterapia, questa revisione ha evidenziato che i trattamenti psicoterapeutici che affrontano i problemi comportamentali, di coordinamento e le competenze sociali, non sono sempre efficaci nell’arrestare i sintomi negli adolescenti; tuttavia tali trattamenti migliorano il rendimento scolastico.

La revisione. Per adolescenti no a stimolanti a rilascio prilungato
Per la valutazione dell’efficacia dei trattamenti farmacologi specificamente adatti agli adolescenti, i ricercatori del team diretto da Eugenia Chan hanno analizzato i dati provenienti da 17 piccoli studi pubblicati in precedenza che riguardavano i farmaci e la psicoterapia e che hanno coinvolto un totale di 2.668 partecipanti adolescenti. E hanno dapprima evidenziato che non vi sono prove sufficienti per raccomandare gli stimolanti nelle versioni a rilascio prolungato, approvati negli Stati Uniti, come il metilfenidato e le anfetamine. In soli due studi rigorosi, ognuno di questi due farmaci ha dato prove di efficacia per gli adolescenti. In altri due studi, dopo un’analisi separata, vi sarebbero le opzioni alternative di atomoxetina e guanfacine a rilascio prolungato, che appiano indicati per gli adolescenti. Un terzo studio ha valutato l’efficacia della clonidina ma questa molecola non è stata testata negli anni dell’adolescenza. Alcuni ricercatori hanno evidenziato i limiti di questa revisione puntando l’accento sull’eterogeneità degli studi considerati nell’analisi dell’efficacia dei trattamenti farmacologici.

In conclusione, gli autori sottolineano che questa revisione, che ha valutato 185 prove di efficacia sui farmaci per un totale di 12.245 tra bambini e ragazzi coinvolti, ha evidenziato che i farmaci hanno in un certo senso rallentato i sintomi dei disordini ADHD, ma non vi sono ancora dati sufficienti per raccomandare uno specifico trattamento farmacologico per gli adolescenti.

Fonte: JAMA online

Lisa Rapaport

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

11 maggio 2016
© Riproduzione riservata

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