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Oncologia. Studio mostra superiorità obinutuzumab per il trattamento del linfoma follicolare nei pazienti non trattati precedentemente


Lo studio di fase III Gallium ha raggiunto l'endpoint primario precocemente, secondo quanto determinato dal comitato di monitoraggio dei dati indipendente. I risultati comunicati da Roche all’annuale meeting dell’American Society of Oncology (Asco) in corso a Chicago.

03 GIU - “Sono stati comunicati i risultati positivi dello studio registrativo di fase III, GALLIUM, nei pazienti non precedentemente trattati affetti da linfoma follicolare, la forma più comune di linfoma non-Hodgkin indolente (a crescita lenta). Lo studio ha confrontato l'efficacia e la sicurezza di obinutuzumab più chemioterapia (CHOP, CVP o bendamustina) seguito da obinutuzumab in monoterapia, con rituximab più chemioterapia seguito da rituximab in monoterapia”. Lo rende nota l’azienda farmaceutica Roche in una nota stampa.
 
“I risultati dell’analisi – si legge - ad interim hanno dimostrato che il trattamento con obinutuzumab ha ridotto significativamente il rischio di peggioramento della malattia o di mortalità (sopravvivenza libera da progressione, PFS, secondo le valutazioni dello sperimentatore) rispetto al trattamento con la terapia standard, rituximab”.
 
Per quanto riguarda gli eventi avversi, “sia con obinutuzumab sia con rituximab, sono stati in linea con quelli osservati in precedenti studi clinici in cui ciascun farmaco è stato combinato con varie chemioterapie”.
 
I dati dello studio GALLIUM saranno presentati ad un prossimo congresso scientifico e sottoposti alle autorità sanitarie per l’iter di approvazione.
 
"I pazienti affetti da linfoma follicolare hanno bisogno continuamente di nuove e più efficaci opzioni terapeutiche iniziali perché questa malattia diventa sempre più difficile da trattare ad ogni recidiva", ha spiegato Sandra Horning, MD, Chief Medical Officer e Head of Global Product Development di Roche. "GALLIUM è il secondo studio in cui obinutuzumab mostra una sopravvivenza libera da progressione, superiore a rituximab combinando ciascun farmaco con la chemioterapia".
 
“Nel primo confronto testa a testa di obinutuzumab e rituximab – si specifica -, lo studio CLL11, condotto su pazienti affetti da leucemia linfatica cronica precedentemente non trattata e comorbilità, la combinazione obinutuzumab più clorambucile ha prolungato significativamente la PFS rispetto al trattamento con rituximab più clorambucile (PFS mediana 26,7 mesi vs. 14,9 mesi, rispettivamente; HR = 0,42; 95% IC, 0,33-0,54; p<0,0001).[1] I più comuni eventi avversi di obinutuzumab più clorambucile sono stati: reazioni all'infusione, bassa conta leucocitaria, bassa conta piastrinica, bassa conta eritrocitaria, febbre, tosse, nausea e diarrea”.

03 giugno 2016
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