Asma. Confermata l’associazione tra l’acutizzarsi degli attacchi e l’inquinamento atmosferico
È quanto emerso da uno studio dell'Irccs Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri pubblicato su Environmental Research. I dati dei consumi di salbutamolo, provenienti dall’esame delle acque di scarico di Nosedo (MI) e quelli dei livelli di PM2.5 e PM10, misurati nell’aria della città di Milano, risultano fortemente correlati.
09 GIU - Uno studio, pubblicato online sulla rivista
Environmental Research, frutto della collaborazione fra tre Dipartimenti dell’Irccs Istituto di Ricerche Farmacologiche ‘Mario Negri’ di Milano, dimostra una relazione diretta tra il consumo del farmaco salbutamolo (principio attivo di farmaci antiasmatici di primo intervento) e i livelli di PM2.5 e PM10 nell’aria della città di Milano.
Si tratta di uno studio che applica la metodologia dell’analisi delle acque reflue (waste-water based epidemiology) per lo studio delle malattie ambientali. Infatti le acque di scarico provenienti dalla città di Milano sono state campionate giornalmente prima del loro ingresso al depuratore di Milano Nosedo e sono state analizzate per i residui di salbutamolo, un farmaco vasodilatatore che viene utilizzato per contrastare il broncospasmo durante gli attacchi d’asma. Lo studio ha evidenziato che l’utilizzo di questo farmaco varia in relazione ai livelli atmosferici di PM2.5 e PM10, aumentando quando aumenta il livello di questi inquinanti.
“Questi risultati – commenta
Elena Fattore, ricercatrice dell’Irccs Istituto di Ricerche Farmacologiche ‘Mario Negri’ – rappresentano una prova diretta dell’effetto dell’inquinamento atmosferico su questa malattia respiratoria. E’ stato stimato che se a Milano i livelli di PM10 diminuissero da 50 ug/m3 (concentrazione media misurata a Milano nel periodo di studio) a 30 ug/m3, almeno 850 dosi al giorno di salbutamolo (corrispondenti approssimativamente allo stesso numero di persone che registrano un acutizzarsi dei sintomi) non verrebbero utilizzate”.
09 giugno 2016
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