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Malattie neuromuscolari: rare, ma trattabili


Sono 50 mila le persone in Italia affette da queste patologie. In attesa che lo screening neonatale venga esteso a tutte le patologie per cui è disponibile un trattamento, la parola d’ordine per poter intervenire tempestivamente è insinuare il sospetto diagnostico nei medici non specialisti.
 

19 MAG - Diagnosi precoce. È questo lo strumento che in un buon numero di malattie rare consente di intervenire prima che esse diventino invalidanti.
È il caso anche delle malattie neuromuscolari, un gruppo di condizioni rare acquisite o ereditari, che colpiscono muscoli, nervi, giunzioni neuromuscolari e motoneuroni. Colpiscono circa 50 mila persone in Italia e ad esse è stato dedicato nei giorni scorsi un meeting a Padova finalizzato a fornire a medici di base, ospedalieri, neurologi, pediatri, pneumologi e altri specialisti le conoscenze utili a indurre il sospetto diagnostico e dare loro ulteriori strumenti utili a una corretta gestione del malato raro.
“Nel 30% dei casi, per i malati rari non si raggiunge la diagnosi e quando la si raggiunge è spesso tardiva”, ha sottolineato Corrado Angelini, professore Ordinario di Neurologia dell’Università di Padova e Vice-Direttore del Dipartimento di Neuroscienze di Padova. “Ci si trova di fronte a patologie purtroppo ancora a molti sconosciute, a cui i libri dedicano solo poche righe, difficili da diagnosticare, spesso multisistemiche, caratterizzate singolarmente da piccoli numeri. È necessario accrescere nel medico non specialista la capacità di sospettare quale dei suoi pazienti potrebbe essere affetto da una patologia rara, sia esso neonato, pediatrico o adulto e, in presenza di tale sospetto, educarlo a indirizzare il paziente verso un centro di riferimento in grado di effettuare tutte le indagini utili a perfezionare la diagnosi”, ha concluso.
Gli strumenti per individuare molte malattie rare, infatti, esistono. Con lo screening neonatale, per esempio, basta una sola goccia di sangue prelevata dal tallone del bambino appena nato per identificare fino a 40 malattie metaboliche rare. E le innovazioni, in questo campo, stanno rendendo la diagnosi sempre più precisa o semplice. Per esempio, per una di queste patologie, il morbo di Pompe, è disponibile un test enzimatico su campioni più facili da prelevare, come la goccia di sangue essiccato su filtri di carta bibula (Dried Blood Spot).
“Il test enzimatico su Dried Blood Spot è affidabile, veloce, poco costoso e poco invasivo e può essere utilizzato in screening selettivi delle popolazioni pediatriche o adulte a rischio”, ha spegato Tiziana Mongini, Responsabile GSU Malattie Neuromuscolari, Dipartimento di Neuroscienze, A.O.U. S. Giovanni Battista di Torino. “Proprio in quest’ambito stiamo per partire in Italia con il primo studio multicentrico che coinvolgerà la rete dei Centri del Gruppo Italiano AIM (Associazione Italiana Miologia)-AIG (Associazione Italiana Glicogenosi) per la Glicogenosi II. L’obiettivo è quello di verificare fattibilità e affidabilità di questo test in un vasto gruppo di pazienti con sintomi o segni aspecifici per poterlo utilizzare quale screening di primo livello per la malattia di Pompe. Con questo innovativo studio, tutto italiano – ha concluso Mongini - puntiamo a rafforzare la rete dei Centri per questa rara malattia, in modo che diventi un importante punto di riferimento per la diagnostica su tutto il territorio nazionale, a disposizione dei medici di base e degli altri specialisti”.
In caso di diagnosi positiva, “la terapia enzimatica sostitutiva si è dimostrata molto efficace nei pazienti con malattia di Pompe, sia la forma infantile che adulta”, ha illustrato Rossella Parini, responsabile Unità Operativa Semplice, Malattie Metaboliche Rare, Clinica Pediatrica, Azienda Ospedaliera San Gerardo, Monza. “Nel bambino piccolo si ottiene un miglioramento chiaro delle curve di sopravvivenza e della qualità di vita con risultati migliori quanto prima è iniziata la terapia. Nell’adulto, nonostante all’inizio tutti fossero molto scettici, abbiamo potuto osservare un miglioramento o una stabilizzazione di segni e sintomi e ciò rappresenta comunque un risultato visto che la malattia è progressiva”. 

19 maggio 2011
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