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Incontinenza urinaria. Un “Modello Piemonte” in ogni regione italiana. Intervista a Roberto Carone (Città della Salute)

di Corrado De Rossi Re

E' prevista per novembre la chiusura del tavolo ministeriale sull'Incontinenza urinaria da cui è attesa l'elaborazione di un corposo documento indirizzato alle Regioni. Al centro del testo l'ipotesi di costituire in ogni regione italiana una rete assistenziale ad hoc sul modello del Piemonte. Intervista al Prof. Roberto Carone, Direttore della Neuro-Urologia della Città della Salute di Torino.

14 LUG - Prima Regione ad istituire sul territorio Centri dedicati all'incontinenza urinaria e prima Regione ad aver deliberato l'istituzione di un percorso di presa in carico (PAC) per l'incontinenza urinaria da urgenza e neurologica, con l'obiettivo di utilizzare da subito la recente opzione di rimborsabilità della terapia con tossina botulinica che si è dimostrata risolutiva per queste forme di patologia. Ne abbiamo parlato con il prof. Roberto Carone,Direttore della Struttura complessa di neuro urologia della Città della Salute di Torino.
 
Prof. Carone,probabilmente è ancora presto per tracciare bilanci ma la regione Piemonte è stata la prima ad istituire un PAC per l'infiltrazione con tossina botulinica nelle incontinenze idiopatiche e neurologiche. Perché questo primato?
Il motivo di fondo risiede nel fatto che al momento è l'unica regione in Italia che può contare su una rete capillare di Centri di primo, secondo e terzo livello per l'incontinenza urinaria. Non esiste altra regione che abbia una rete integrata a questo livello. La Sardegna e la Basilicata hanno deliberato in tal senso ma i centri ma non sono ancora attivi. Molto vicino a questo risultato è il Veneto.
La delibera regionale che prevede la possibilità di utilizzare questa nuova modalità di ricovero ambulatoriale fa riferimento esclusivamente ai centro di secondo e terzo livello.
Naturalmente non abbiamo ancora riscontri pratici perché il sistema sta partendo adesso ma, con una rete di oltre 40 Centri diffusi su tutto il territorio prevediamo un'adesione molto alta.
 
Quali vantaggi offre il Pac del Piemonte per i pazienti e per i professionisti della "filiera"?
Per i pazienti il vantaggio principale sarà quello di entrare in un percorso di presa in carico completo, gestito con l'apertura di una cartella clinica ambulatoriale e che durerà almeno un mese. In pratica chi deve essere sottoposto a questo trattamento non viene chiamato solo per fare l'intervento ma fruirà di percorso completo di diagnosi e cura con tutti gli esami necessari, senza alcun ticket da pagare o impegnativa da fare di volta in volta. In buona sostanza è come se in quel mese fosse ricoverato. Per i professionisti, medici e e infermieri, il primo vantaggio è quello di operare in un percorso chiaro e ben delineato. Poi possiamo considerarlo anche come un riconoscimento del nostro operato che male si abbinava ad un semplice drg. Sebbene sia una pratica ambulatoriale non è una procedura banale, bisogna seguire molte indicazioni e quindi il follow up del paziente. In un quadro operativo di presa in carico e con l'elaborazione di una vera e propria cartella clinica anche l'equipe dei professionisti è messa nelle condizioni di operare al meglio.
 
E in cosa consiste questo intervento?
Si tratta di un'infiltrazione con dosaggi minimi e molto ben codificati. La procedura è assolutamente non invasiva ed è tollerata molto bene. Le possibili complicanze, anzi l'unica, rappresentata dalla possibile insorgenza di una ritenzione urinaria, ha un'incidenza altrettanto bassa. Si arriva a questa proposta terapeutica quando il paziente è già conosciuto e ha già tentato altre terapie farmacologiche e/o riabilitative.
 
E' possibile fare previsioni sull'adesione nella vostra Regione?
Ipotizzare dei numeri al momento è difficile, ma la previsione è quella di un numero molto elevato di adesioni. Basti pensare che già oggi, solo nel nostro centro, tra pazienti neurologici e non neurologici operiamo almeno 4 o 5 trattamenti a settimana, 16/20 al mese.
 
Avete ipotizzato una comunicazione ad hoc rivolta ai cittadini vista la delicatezza dell'argomento e il disagio che molti hanno nel parlarne?
Non ancora. Per il mese di ottobre è stato programmato in regione un incontro di tutti i centri della rete per allinearci sulla nuova procedura. Immediatamente dopo procederemo con la comunicazione ai cittadini.
 
Quanto incide, se incide, una diagnosi precoce sull'efficacia di questo trattamento?
Credo che nessuno lo sappia. Anche perché dipende molto dal tempo che il paziente lascia passare (non certamente sempre per colpa sua) prima di arrivare al centro specialistico. In primis deve passare dal medico di famiglia il quale a sua volta deve sapere bene verso chi indirizzarlo. A volte i pazienti vengono indirizzati a servizi di Urologia generale che, pur essendo di altissimo valore, magari non si occupa precipuamente di queste patologie con conseguente ulteriore ritardo. Semmai il quesito che iniziamo a porci, stando anche alle linee guida internazionali, dal momento che questo tipo di trattamento viene vissuto giustamente come una terapia di seconda linea, ossia quando la terapia farmacologia e riabilitativa non ha raggiunto l'obiettivo, è se invece un domani possa essere considerata come una verze propria terapia di prima scelta. Certamente non saltando la parte riabilitativa ma semmai quella farmacologica. Tuttavia è ancora un percorso di studio che ancora non è consolidato.
 
Prof. Carone è cambiata la sensibilità istituzionale nei confronti di una patologia come l'incontinenza urinaria nelle sue varie forme?
Moltissimo! Stiamo lavorando da diversi mesi a un tavolo istituzionale presso il Ministero della Salute che concluderà i suoi lavori in autunno. Il risultato più evidente consisterà nella stesura di un corposo documento di indirizzo che il Ministero invierà a tutti gli assessorati regionali. Nel testo verranno affrontati tutti i temi più importanti che riguardano l'incontinenza, dagli ausili ai farmaci, alla comunicazione, ai presidi chirurgici… Ma l'argomento principale, quello che costituirà l'ossatura principale del documento, sarà quello relativo alla necessità di realizzare in ogni Regione italiana un morello come quello piemontese. Con l'istituzione delle reti regionali ci auguriamo che tutto poi diventerà più facile.
Del resto è un primario interesse del Servizio sanitario nazionale agire al meglio nei confronti di questa patologia che rimane tra le più diffuse. Solo per le donne, il genere più colpito, indipendentemente dall'età ci attestiamo intorno al 20 per cento della popolazione. Inoltre è una delle patologie per cui si spende di più. Soltanto per gli ausili si spendono circa 400 milioni di euro l'anno a cui se ne devono aggiungere almeno altrettanti per la loro distribuzione. E questo senza prendere ancora in considerazione il costo dei farmaci, della chirurgia o delle complicanze. Finalmente, e io faccio questo lavoro da oltre 35 anni, è oggi scoppiata un'attenzione particolare e diffusa nei confronti di questa patologia.
 
Corrado De Rossi Re

14 luglio 2016
© Riproduzione riservata

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