Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Giovedì 25 APRILE 2024
Scienza e Farmaci
segui quotidianosanita.it

Scoperto il gene dell’obesità degli abitanti delle isole Samoa

di Maria Rita Montebelli

Una ricerca durata diversi decenni e realizzata da alcune università americane ha permesso di individuare il gene che ha contribuito a determinare la spettacolare epidemia di obesità tra gli abitanti di queste isole del Pacifico. Basta sostituire un aminoacido con un altro nella proteina codificata dal gene CREBRF per renderla un campione di efficienza nell’immagazzinare calorie sotto forma di grasso. Questa mutazione è presente in quasi metà della popolazione e si ritiene sia frutto di una pressione evolutiva, legata a lunghi periodi di carenza di cibo

26 LUG - Sono tra i popoli più obesi della terra e vivono in un arcipelago di isole sperdute dell’Oceano Pacifico, le Samoa. Per queste caratteristiche questi isolani sono una sorta di laboratorio vivente per la genetica delle malattie metaboliche, dall’obesità al diabete, e fonte inesauribile di conoscenza al riguardo. Va anche detto che la loro obesità ‘fuori scala’ è in realtà un fenomeno degli anni recenti. La predisposizione ce l’avevano scritta nei cromosomi da sempre, ma è stato solo il contatto con la civiltà del junk food e delle calorie low cost a trasformarli in fenomeni di obesità.
 
Un nuovo studio, appena pubblicato su Nature Genetics, rivela che la metà circa degli abitanti delle Samoa presenta una variante genetica che contribuisce al loro rischio-obesità. Si tratta di un gene vocato ad un efficacissimo immagazzinamento delle calorie, sotto forma di grasso.
“Una variante genetica finora sconosciuta di un gene sottostudiato – rivela Stephen McGarvey della Brown University School of Public Health - risulta fortemente correlata ai livelli di indice di massa corporea e ad altre misure di adiposità in un gruppo di abitanti delle Samoa, che avevamo studiato nel 2010. Sebbene questa variante sia in grado di spiegare perché l’80% dei maschi delle Samoa e il 91% delle donne fossero in soprappeso/obesi nel 2010, questo non rappresenta tuttavia un fattore dominante. Sebbene abbiamo individuato questa variante genetica con un meccanismo biologico ragionevole infatti, questa variante è solo una tessere del complesso puzzle che contribuisce agli elevati livelli di BMI e di obesità degli abitanti delle Samoa”.
 
Lo studio è stato condotto oltre che dai ricercatori della Brown University, anche da team dell’Università di Pittsburgh, Cincinnati  e dalle autorità governative delle Samoa.
 
I ricercatori si sono focalizzati su una variante genetica sul cromosoma 5 che secondo le loro stime sarebbe associata ad un aumento del rischio del 35% di sviluppare obesità, rispetto ai non portatori. Sebbene questo aumento di rischio sia superiore  quello conferito da tutte le altre varianti geniche scoperte finora, in termini assoluti contribuisce solo per il 2% all’incredibile indice di massa corporea dei samoani. Molto più ‘di peso’ sono infatti i fattori ambientali, quali dieta,  carenza di attività fisica, tipo di alimentazione nelle prime fasi della vita. È insomma l’incontro tra la predisposizione scritta in questo bit di informazione nel cromosoma 5 e lo stile di vita occidentale a creare questi livelli di obesità mostruosa e studi futuri dovranno analizzare in dettaglio questa relazione.
 
Tra i 5.000 abitanti delle Samoa studiati dall’inizio degli anni ’90, il 7% dei volontari è risultato portatore di due copie della mutazione (omozigoti) e un altro 38% di una sola copia del gene ‘metti-da-parte-le-calorie’.
I portatori del gene dell’obesità tendono ad avere un indice di massa corporea superiore ai non portatori, ma allo stesso tempo quelli con questa variante genetica tendono ad ammalarsi meno di diabete di tipo 2 e questo in una popolazione che è tra i ‘campioni’ mondiali per la prevalenza di diabete.  Questa variante infine è virtualmente assente nelle popolazioni europea e africana e mostra una bassa frequenza tra gli abitanti dell’Asia orientale.
 
Nel 2010 gli autori dello studio hanno raccolto campioni di sangue tra la popolazione di 33 villaggi delle Samoa, spedendoli poi per l’analisi genetica presso l’Università di Cincinnati. Qui, sono state analizzate un milione di varianti geniche nei campioni di DNA di oltre 3.000 adulti delle Samoa. Tutto ciò ha permesso di individuare questa minuta regione del cromosoma 5 associata all’obesità. Andando a ‘scavare’ a fondo in questa regione, sequenziandone il DNA, i ricercatori hanno individuato la presenza di una mutazione ‘missense’ (rs373863828) nel gene CREBRF, arrivando a stabilire che fosse questo il gene dell’obesità. Si tratta di un minuscolo ‘errore di battitura’ del DNA che porta a sintetizzare una proteina con un singolo aminoacido (glutamina) al posto di un altro (arginina) presente nella proteina normale
 
Per capire da un punto di vista biologico come questo gene ‘sbagliato’ fosse in grado di trasformare con tanta efficienza le calorie in obesità, i ricercatori ne sono andati a studiare le performance nelle cellule adipose di ratto, scoprendo che quelle esposte alla mutazione missense immagazzinano più grasso e in maniera più efficiente, usando cioè meno energia per svolgere il compito. Questa variante inoltre è in grado di proteggere le cellule dalla morte indotta dal digiuno.
 
Questi risultati hanno portato a costruire una teoria evolutiva che andrà validata da studi archeologici e paleontologici. I primi abitanti delle Samoa potrebbero essersi trovati di fronte ad una notevole insicurezza nella disponibilità di cibo, sia durante la navigazione nel Pacifico, che dopo essersi stabiliti in queste isole. I portatori di questa variante genica erano in grado di estrarre una maggior quantità di energia dal cibo e di immagazzinarla sotto forma di grasso e questo potrebbe aver portato ad una selezione naturale, favorendo la sopravvivenza dei portatori del gene ‘parsimonioso’ (thrifty), che per questo risulta così rappresentato nella popolazione attuale.
 
Una volta acquisite tutte le comodità della vita moderna, dalle automobili, all’abbondanza di cibo a alto contenuto calorico, questo gene, ‘disegnato’ per tempi di carestia, sarebbe dunque diventato un’arma a doppio taglio, portando all’attuale epidemia di obesità tra queste popolazioni.
 
Gli abitanti delle Samoa – spiegano gli autori – non erano certo obesi 20 anni fa. Ma i geni non hanno la possibilità di modificarsi rapidamente in risposta alle mutate condizioni ambientali, in questo caso al diverso ambiente nutritivo, risultando dunque ‘inadeguati’ e addirittura dannosi in contesti dove il cibo abbonda. Questo però non significa che gli abitanti delle Samoa, in quanto portatori di queste gene, siano inesorabilmente condannati all’obesità; di certo il gene thrifty ne aumenta il rischio, ma a determinare il loro elevato indice di massa corporea sono le loro errate abitudini di vita, fatte di troppo cibo e di tanta sedentarietà. “Una dieta salutare e tanta attività fisica – afferma McGarvey – restano anche per loro la chiave per mantenere un peso normale”.
 
Maria Rita Montebelli

26 luglio 2016
© Riproduzione riservata

Altri articoli in Scienza e Farmaci

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy