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Lombardia. Un pdl contro la sperimentazione sugli animali. I ricercatori: “Impossibile”


Il progetto di legge della Regione presentato dal consigliere Renzo Bossi stabilisce il divieto di allevamento e uso di animali per la sperimentazione. Una norma che, secondo la comunità scientifica, bloccherebbe la ricerca perché qualsiasi altro modello di sperimentazione è “complementare, ma non sostitutivo rispetto agli animali da laboratorio”.

27 MAG - Un progetto di legge della Regione Lombardia sta creando scompiglio nella comunità scientifica, in particolare della ricerca preclinica che è quella che permette di ottenere nuovi farmaci e procedure biomediche. Il nodo contestato del progetto n.86 presentato dal consigliere Renzo Bossi è il divieto di allevamento e uso di animali per la sperimentazione, una norma che per gli addetti ai lavori bloccherebbe la ricerca e costringerebbe a spostarla altrove, soprattutto che non tiene conto delle leggi attuali già rigorose e proprio ora di un ulteriore aggiornamento europeo. “La nuova direttiva 2010/63/EU sostituisce quella del 1986 e dovrà essere approvata entro due anni: è frutto di lungo lavoro e ci auguriamo venga recepita senza snaturarla con emendamenti che già avanzano e che renderebbero la ricerca più difficile e burocratica. Questo ci preoccupa, così come il progetto di legge lombardo” dice Armanda Jori, segretario generale dell’Ebra (European Biomedical Research Association), introducendo un convegno a Milano sul futuro della ricerca preclinica nell’ottica della nuova direttiva.

L’Ebra si propone, tra l’altro, la sensibilizzazione sulle tutele per gli animali da laboratorio. Molte le novità introdotte con la nuova direttiva, come definizioni più precise delle procedure per ridurre la soggettività, autorizzazioni temporanee, requisiti specifici del personale e formazione, presenza di un organismo preposto al benessere degli animali, ispezioni periodiche, decisioni sulle autorizzazioni comunicate entro 40-50 giorni (punto critico per l’Italia, dati i tempi attuali). Gli Stati membri inoltre devono contribuire allo sviluppo di metodi alternativi e non possono introdurre norme più restrittive.

“Per la ricerca vengono utilizzati anche altri modelli ma sono complementari, non sostitutivi rispetto agli animali da laboratorio, che devono essere comunque controllati e infatti non si usano quelli selvatici o liberi” precisa Adriana Maggi, direttore Centro di eccellenza malattie neurodegenerative. “Per esempio abbiamo sviluppato un modello non invasivo di topo con geni della luciferasi a livello dei recettori per gli estrogeni, che vedendo dov’è la luce e c’è attivazione permette di capire dove agiscono questi ormoni nelle varie fasi di vita: e sono già emersi dati interessanti sulle oscillazioni dell’attivazione dei recettori estrogenici che potrebbero essere utili  per trattamenti post-menopausa innovativi rispetto agli attuali”.  La sperimentazione non ricorre solo a piccoli animali come i topi, ma anche a grossi animali da allevamento, cioè suini, bovini, pecore, cavalli. “Si utilizzano animali già allevati a scopo alimentare, soprattutto, a integrazione dei modelli sul topo” sottolinea Cesare Galli, di Avantea di Cremona e del Dipartimento di scienze mediche veterinarie dell’Università di Bologna. “I campi sono ingegneria genetica, xenotrapianti, produzione di proteine usate come farmaci, studi su resistenza alle malattie, malattie genetiche, lesioni muscolo-scheletriche, malattie neurodegenerative e neuromuscolari (come Alzheimer e Sla), medicina rigenerativa: ricerche utili per la salute umana quindi ma anche per malattie degli animali stessi. I grossi animali tra l’altro sono usati in numero inferiore di quelli piccoli e sono una nicchia importante in determinati contesti sperimentali: non è vero comunque, come alcuni pensano, che si operi senza regole e da noi tutti i lavori sono approvati da un comitato etico indipendente”.

Un altro settore che evidenzia l’importanza degli animali da laboratorio è quello la chirurgia, in particolare i trapianti. “Senza sperimentazione animale non si può fare la chirurgia, anzi, se non si potessero usare animali sarebbe la fine della medicina” è l’affermazione netta di Giuseppe Remuzzi, coordinatore delle ricerche dell’Istituto Mario Negri di Bergamo. “La sperimentazione animale è essenziale per la salute dell’uomo e degli stessi animali: le leggi attuali poi sono severe e rispettate, stabulari e laboratori sono come sale operatorie e chi fa interventi chirurgici sugli animali deve avere conoscenze teoriche e abilità pratiche a livello di chi opera sugli esseri umani”. La storia delle sostituzioni d’organo è esemplificativa, ricorda Remuzzi che se oggi più di un milione di persone al mondo vivono grazie a un trapianto la via fu aperta negli anni Cinquanta a Boston con l’impianto da parte di Joseph Murray (Nobel nel ’90) di un rene da un gemello all’altro: ma in precedenza dovette operare quasi 600 cani prima di riuscirci. Al convegno erano invitati anche rappresentanti di associazioni di malati: toccante il video inviato da uno di essi, Mario Melazzini, presidente Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica), in cui ringrazia i ricercatori e ricorda che“senza ricerca preclinica non si può dare speranza ai malati come me. Al momento i modelli animali sono indispensabili. Come presidente Aisla, come malato e come cittadino sono preoccupato per le nuove proposte di regolamentazione”.

Elettra Vecchia
 

27 maggio 2011
© Riproduzione riservata

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