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Chi ha paura del virus Zika?

di Maria Rosaria Capobianchi e Claudia Caglioti

Le preoccupazioni che il virus sta destando in tutto il mondo sono comprensibili e reali, ma va sottolineato che attualmente i rischi concreti di innesco di un’epidemia nel nostro paese sono bassi, e che la rete dei laboratori di riferimento è sempre in allerta e pronta a rispondere. Inoltre in molte parti del mondo sono stati avviati programmi di ricerca per comprendere i meccanismi alla base dei danni e i meccanismi di difesa in grado di antagonizzarli. 

02 AGO - Ad ormai pochi giorni dall’inizio dei Giochi Olimpici che si terranno a Rio de Janeiro, Brasile, le notizie che riguardano l’infezione trasmessa dal virus Zika e le preoccupazioni ad esse associate sono sempre più numerose. Il Comitato regionale dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) per le Americhe ha consigliato alle donne incinte di evitare viaggi diretti nelle aree affette da Zika e agli uomini che sono stati infettati o che sono stati esposti al virus di praticare sesso sicuro o, addirittura, di astenersi dal sesso fino ai sei mesi successivi.
 
L’epidemia, che si è innescata nel 2013 nelle isole della Polinesia francese, si è diffusa a tutta l’America Latina, e attualmente interessa più 60 paesi. Il paese più colpito è appunto il Brasile. A giugno si è anche palesata la possibilità di rinviare i Giochi Olimpici o di spostarli in altro luogo. Una lettera aperta, scritta da una comunità di 150 scienziati che chiedevano “il rinvio o lo spostamento dei Giochi Olimpici in nome della salute pubblica", è infatti pervenuta all’OMS che ha però risposto che "non c'è alcuna giustificazione di salute pubblica" per posporre o cancellare i Giochi a seguito dell'epidemia da virus Zika in Brasile.

Anche il dirett ore del Center for Diseases Control (CDC) statunitense, Tom Frieden, si era espresso al riguardo, dichiarando che non c’erano gli estremi per un rinvio o una cancellazione. "I rischi per le delegazioni e gli atleti non sono nulli, ma nessun viaggio ha rischio nullo. I pericoli non sono particolarmente alti, fatta eccezione per le donne in gravidanza".
 
In questo contesto di preoccupazione sembra quasi impossibile pensare che fino a poco tempo fa il virus Zika fosse sconosciuto alla maggior parte della popolazione mondiale, al di fuori, ovviamente, delle ristrette comunità scientifiche che si occupano dei cosiddetti virus emergenti. L’infezione da virus Zika era infatti considerata banale ed innocua e ad essa erano associati solo sintomi relativamente lievi. Ora invece le cose sono completamente cambiate e siamo arrivati a credere che Zika sia la prima infezione trasmessa da insetti vettori in grado di causare, oltre a sindromi neurologiche (simil-Guillain-Barrè) nell’adulto, anomalie congenite nel feto.

L’ipotesi, fortemente suggestiva, dell’esistenza di un nesso tra infezione da Zika virus e anomalie congenite, è stata fin dall’inizio, ed è tutt’ora, il tema principe delle ricerche scientifiche che si sono prefisse come obiettivo quello di identificare in maniera univoca il reale legame tra causa ed effetto. E’ infatti solo a maggio 2016 che un complesso lavoro di revisione della letteratura scientifica finora prodotta ha confermato che sono soddisfatti i criteri per i quali all’infezione da virus Zika si può attribuire un chiaro nesso causale con la microcefalia.

Un’altra peculiarità dell’infezione è rappresentata dal fatto che può essere trasmessa anche per via sessuale. L’insieme di queste notizie ha ovviamente scatenato l’immaginario collettivo, con l’aggravante che è molto difficile conoscere le reali dimensioni del problema dato che la maggior parte delle persone che vengono infettate sono asintomatiche, e quindi ciò che si vede probabilmente rappresenta soltanto la punta di un iceberg.

Parlando ora del nostro paese, perché l’Italia è preoccupata? Come dobbiamo realmente comportarci di fronte a questa situazione? La possibilità che si instauri un ciclo epidemico in Italia esiste, ma affinché ciò accada è necessario che si verifichino contemporaneamente due condizioni: da una parte il virus, che da noi attualmente non circola, deve essere importato; in altre parole deve verificarsi che una persona che ha contratto l’infezione in un luogo dove è in atto l’epidemia ritorni in Italia con l’infezione in atto; ma questo non è sufficiente: perché si instauri in Italia un ciclo di trasmissione locale, ovvero una epidemia autoctona, è necessario che la persona che rientra con l’infezione in atto sia punta da una zanzara che insieme al sangue assuma anche il virus, e così possa diffonderlo pungendo altre persone. Ciò è possibile, è vero, soprattutto perché nel nostro paese è presente la zanzara vettore, rappresentata principalmente dalla zanzara tigre; e di fatto una simile congiuntura di eventi si è verificata già alcuni anni fa (nel 2007) con un virus simile a Zika per molti aspetti, il virus Chikungunya. Quello è stato l’anno in cui è diventato evidente che per combattere questi eventi bisogna essere preparati, e che la risposta non si può improvvisare.

Nel corso degli anni che hanno seguito l’epidemia del 2007 la sorveglianza del nostro paese nei confronti dei virus trasmessi da artropodi vettori è aumentata, si è evoluta, e l’esperienza passata ci ha reso molto più guardinghi e pronti ad affrontare tempestivamente un’eventuale importazione del virus. Ciò si deve principalmente alla formazione di una rete di sorveglianza che ha identificato, in primis, dei laboratori di riferimento regionali, capaci di diagnosticare le infezioni da arbovirus e di comunicare direttamente con le autorità sanitarie, così da permettere l’adozione delle misure di contenimento in modo che la diffusione del contagio sia immediatamente circoscritta e fermata.

Un importante aspetto da considerare, e che spesso si rivela un grande ostacolo nella rilevazione diagnostica, è che la presenza di pregresse infezioni da virus appartenenti alla stessa famiglia del virus Zika, come ad esempio il virus Dengue, possa fortemente interferire con la diagnosi dell’infezione dando luogo a risultati non chiari e non univoci, la cosiddetta cross-reattività. E’ quindi fondamentale che tali centri siano in grado di rispondere in maniera qualificata e tempestiva, e che inoltre siano preparati ad affrontare i problemi diagnostici considerando il complesso di infezioni che si presentano con sintomatologia simile, e che sono compatibili con l’eziologia da “virus esotico” fornire una buona diagnosi differenziale. La rete di sorveglianza comprende inoltre gli entomologi che seguono da vicino l’espansione delle popolazioni di zanzare nel territorio e vi cercano i segni della presenza del virus.

In conclusione, le preoccupazioni che il virus Zika sta destando in tutto il mondo sono comprensibili e reali, ma va sottolineato che attualmente i rischi concreti di innesco di un’epidemia nel nostro paese sono bassi, e che la rete dei laboratori di riferimento nel nostro paese è sempre in allerta e pronta a rispondere. Inoltre in molte parti del mondo sono stati avviati dei poderosi programmi di ricerca per comprendere i meccanismi alla base dei gravi, anche se rari danni, che si possono accompagnare all’infezione, e i meccanismi di difesa in grado di antagonizzarli. Questa ricerca è essenziale per poter sviluppare dei vaccini e dei farmaci in grado di contrastare l’infezione.

Ogni infezione è una nuova sfida. La cosa importante è fare tesoro delle lezioni apprese nel passato, e di avere fiducia nella capacità di risposta di un sistema che coinvolge medici, laboratoristi, veterinari, operatori di sanità pubblica, che impara e si evolve.
 
 
Maria Rosaria Capobianchi – Direttore U.O.C. Laboratorio Virologia e Laboratori di Biosicurezza - INMI “L. Spallanzani” - Anaao Assomed-Settore Dirigenza Sanitaria

Claudia Caglioti – Biologa, specializzanda, ricercatrice a contratto presso il Laboratorio di Virologia, INMI “L. Spallanzani” - Anaao Assomed-Settore Dirigenza Sanitaria

02 agosto 2016
© Riproduzione riservata

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