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Ictus: terza causa di morte in Italia


Il trattamento in una stroke unit anziché in un reparto non specializzato riduce la mortalità del 3%. È quanto emerge dal secondo volume della collana i Quaderni del Ministero della Salute

18 MAG - “Nei Paesi industrializzati l'ictus rappresenta, per le sue dimensioni epidemiologiche e per il suo impatto socio-economico, una delle più importanti problematiche sanitarie, costituendo la prima causa di invalidità permanente e la seconda causa di demenza. Nel nostro paese è la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie”. Ha affermato il Ministro della Salute Ferruccio Fazio durante il suo intervento al convegno Stroke Unit, nel corso del quale è stato è presentato il secondo volume della collana del ministero “Quaderni della salute” dedicato a questo tema.

La letteratura scientifica fornisce solide prove di efficacia a sostegno dell’utilità di mettere in atto per il paziente con ictus modalità di assistenza altamente specializzate (stroke unit) e della tempestività dei trattamenti farmacologici e riabilitativi (prevenzione di un decesso ogni 33 pazienti trattati e 5 % in più pazienti che ritornano in condizioni di autonomia). I benefici interessano tutti i pazienti senza differenze di sesso, età, tipo e gravità del deficit. Le ‘stroke unit’ sono strutture dove convivono e cooperano le diverse competenze quali neurologo, il neuroradiologo, il neurochirurgo e l'esperto di riabilitazione neurologica, consentono di affrontare nel modo migliore le prime fasi.
“Il rischio di ictus – ha specificato il Ministro - aumenta con l'eta': in pratica raddoppia ogni 10 anni a partire dai 45 anni, raggiungendo il valore massimo negli ultra-80enni. Il 75% degli ictus, quindi, colpisce i soggetti di oltre 65 anni. Il progressivo invecchiamento della popolazione e la considerazione che l'incidenza dell'ictus e' strettamente collegata all'età, fanno ritenere che in Italia l'incidenza di eventi ictali aumenterà nei prossimi anni: le proiezioni fino al 2016 fanno ritenere che tale aumento sarà circa del 22.2%”.

Per Fazio la “gestione ottimale del paziente con ictus cerebrale non può prescindere dal considerare quindi aspetti conoscitivi, organizzativi e gestionali che i diversi tipi di intervento richiedono. E’ fondamentale quindi che a livello regionale vengano tracciati adeguati percorsi assistenziali che identifichino le fasi e gli aspetti essenziali del percorso e definiti modelli organizzativi a rete confacenti alle varie realtà”. E proprio per garantire l'approccio alle problematiche dell'ictus, al fine di pervenire ad una presa in carico complessiva del paziente, si è individuato un percorso che prevede le diverse fasi: pre-ospedaliera, ospedaliera (distinta in intervento diagnostico-terapeutico e assistenza riabilitativa), post-ospedaliera.

Il percorso assistenziale modello
La progettazione di percorsi assistenziali deve tener conto degli aspetti clinico-scientifici, degli assetti organizzativi ed del contesto locale, tuttavia, in generale deve prevedere:

* il corretto e tempestivo riconoscimento dei segni e sintomi di sospetto ictus ed avvio del paziente alla struttura idonea da parte dei servizi territoriali (medici di medicina generale, continuità assistenziale), del sistema di emergenza 118;
* l’identificazione tra i DEA di I e II livello delle strutture con i requisiti per il trattamento dell’ictus acuto, ove presenti aree di degenza dedicate, con competenze e strumenti tecnologici, necessari per offrire assistenza ai pazienti con ictus nella fase acuta
* l’identificazione e l’accesso alla rete di riabilitazione con possibilità di intervento in fase acuta, post-acuta intensiva ed estensiva. La riabilitazione, secondo programmi specifici e personalizzati, è fondamentale per limitare le complicanze e facilitare la ripresa dell'autonomia.

 

18 maggio 2010
© Riproduzione riservata

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