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12 ottobre: giornata mondiale delle malattie reumatiche


Le richieste dell’Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare (Apmar): ampliamento dei Lea per le malattie reumatiche, libertà prescrittiva per i medici, implementazione del Piano Nazionale della Cronicità in tutte le regioni coinvolgendo le associazioni pazienti. E intanto, italiani bocciati nella conoscenza delle malattie reumatologiche, come dimostrano i risultati di un sondaggio realizzato dall’Osservatorio Apmar

12 OTT - Il 12 ottobre è la giornata mondiale delle malattie reumatiche (WAD, World Arthritis Day). Un importante momento di awareness per queste che sono tra le patologie più ‘fraintese’ del mondo, visto che spesso vengono tutte assimilate ai ‘reumatismi’, mentre si tratta di oltre 200 malattie diverse.
Sono anche tra le patologie più invalidanti per l’impatto clamoroso che alcune di esse possono avere sulla qualità della vita. Lo dimostra il fatto che sono la principale causa di assenza per malattia e di pensionamento anticipato in tutto il mondo. Secondo i dati della Società Italiana di Reumatologia il 50% circa dei pazienti con malattie reumatiche muscolo-scheletriche croniche manifesta disabilità e otto persone su dieci sono costrette a convivere col dolore cronico. Questo si traduce in oltre 22 milioni di giornate di lavoro perse ogni anno e a un calo di produttività di 2 miliardi e 800 milioni di euro. 
 
E di quanto poco siano note al grande pubblico lo dimostrano anche i risultati di un sondaggio condotto dall’Osservatorio Apmar (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare) in occasione della Giornata Mondiale e che ha coinvolto 4.500 italiani di età compresa tra i 20 e i 65 anni.
 
Per un italiano su 3 le malattie reumatiche sono causate da umidità e freddo (32%). La maggior parte degli intervistati le associa soprattutto a lombalgia (56%) e sciatalgia (52%). Ritengono inoltre che colpiscano solo la terza età (34%). Il 23% pensa che si possano sempre prevenire e che per curarle oltre ai farmaci, basterebbe stare attenti all’alimentazione (13%) e agli sforzi fisici (21%).
 
“Per la persona affetta da malattie reumatiche – commenta Antonella Celano, presidente di Apmar – una buona informazione è uno degli aspetti più importanti del successo terapeutico. Le malattie reumatiche hanno inoltre un grande impatto anche da un punto di vista economico e sociale. I costi indiretti (giornate di lavoro perse, invalidità) sono circa il doppio di quelli diretti”.
 
Complessivamente le patologie reumatiche interessano un quarto della popolazione europea, cioè 120 milioni di persone. Ciò significa che quasi ogni famiglia del vecchio continente è interessata da queste malattie.
Colpiscono sia gli uomini che le donne, anche se alcune, come l’artrite reumatoide, la sclerodermia, la fibromialgia e il lupus colpiscono prevalentemente  le donne, mentre altre, come gotta e spondiloartropatie sono più comuni tra gli uomini.
Uno dei miti da sfatare è proprio quello che le designa come patologie di esclusivo appannaggio della terza età, mentre artrite reumatoide e spondiloartriti iniziano in genere in giovane età e alcune gravissime possono colpire addirittura i bambini.
 
Fin qui i dati epidemiologici. Ed è intuitivo di fronte a queste cifre, che anche il carico economico per i servizi sanitari di tutti i paesi non è cosa da poco. Nella sola Europa la spesa pubblica per le malattie reumatiche si aggira sui 200 miliardi di euro l’anno, rendendole così le patologie più care per la sanità e per il welfare europeo. I costi sono generati dalla spesa per la diagnosi, il trattamento, i farmaci, la ricerca, ecc. ma anche dalla perdita di produttività e dalle giornate lavorative perse.
E non c’è solo la disabilità naturalmente. Alcune patologie reumatiche, se non adeguatamente trattate, hanno un impatto anche sulla durata della vita.
Per quanto riguarda ii trattamenti, il discorso va declinato necessariamente al plurale perché non esiste un singolo farmaco che funzioni su tutti i pazienti affetti da una determinata patologia.  E’ dunque auspicabile che medici e pazienti abbiamo a disposizione un ampio armamentario terapeutico al quale attingere in scienza e coscienza e con una mano sul portafoglio. Anche nell’epoca dei biosimilari.
 
“La cronicità – ha ricordato il professor Giovanni Lapadula, ordinario di reumatologia all’Università di Bari e presidente Gisea (Gruppo Italiano di Studio Early Arthritis) è l’emergenza del nuovo millennio che va affrontata ridisegnando completamente i percorsi terapeutico-assistenziali. Per quanto riguarda i biosimilari, questi farmaci non arrivano per un unmet need ma per una necessità economico-sociale. Ci auguriamo che le risorse liberate grazie al loro uso, vengano poi reinvestite in reumatologia”.
 
“Chiediamo – afferma la Celano – che il medico abbia pieno potere decisionale sulla prescrizione dei trattamenti, che non deve essere influenzata e guidata dalle delibere regionali. Siamo stanchi di sentirci ripetere che noi pazienti siamo un ‘costo’! Spendere per la salute dei cittadini non è un costo, ma un investimento. APMAR ed altre cinque Associazioni di pazienti, hanno inviato ad AIFA, per la recente consultazione pubblica del secondo Concept Paper, un documento per suggerire l’istituzione di una norma a tutela della libertà prescrittiva del medico, garanzia di appropriatezza. Inoltre, informare il paziente sul regime terapeutico, in modo trasparente e comprensibile, è fondamentale per la riuscita della terapia stessa; una corretta informazione è propedeutica per una migliore aderenza”. 
 
Ci auguriamo inoltre che nelle prossime revisioni dei Lea, i servizi sanitari ritenuti dallo Stato così importanti, da dover essere garantiti a tutti i cittadini,  vengano inserite anche altre patologie reumatiche, oltre all’artrite reumatoide e alle artriti croniche in età evolutiva. Questo per permettere a tutti i cittadini affetti da queste malattie di poter fare un adeguato follow up, al quale molti attualmente sfuggono per questioni economiche.
 
Infine speriamo che il Piano della cronicità, alla cui stesura abbiamo partecipato per quanto riguarda le patologie reumatiche, venga presto implementato in maniera omogena in tutte le regioni, coinvolgendo le associazioni dei pazienti. Se il PNC venisse attuato alla lettera, i pazienti reumatici godrebbero di un’assistenza ottimale. Inciderà sulla riuscita del progetto, il peso di carenze proprie dell’offerta assistenziale: di fatto, le Regioni potranno rispettare il PNC solo compatibilmente con la disponibilità delle loro risorse.“
 
 “La reumatologia – riflette il professor Luigi Sinigaglia, Direttore Uoc di Reumatologia dell’Istituto ‘Gaetano Pini’ di Milano – è la fiera delle occasioni perdute. Dobbiamo poter applicare nel modo giusto le strategie a nostra disposizione e tempestivamente per indurre remissioni ed evitare disabilità. Bisognerebbe lavorare insomma anche ad un ‘Piano per la precocità’ diagnostica e terapeutica”.
 
“L’associazionismo – afferma la dottoressa Paola Pisanti, Direzione generale programmazione del Ministero della Salute – è la terza gamba del ‘sistema salute’ e deve prendere parte ai processi decisionali del Ministero, con diritti e doveri naturalmente”.
Le associazioni pazienti sono da tempo uscite dalla dimensione ‘artigianale’ e si sono andate professionalizzando in vari settori. Interpretando appieno il motto della giornata mondiale 2016 ‘Il futuro è nelle tue mani’, Apmar ha annunciato due nuovi progetti: l’Osservatorio, che ha esordito con la survey sul grado di conoscenza degli italiani di queste patologie e la ‘Scuola del paziente informato’ che mira a formare i pazienti così da renderli empowered e impegnati nella definizione dei processi di cura.

12 ottobre 2016
© Riproduzione riservata

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