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Bypass coronarico. Migliore riuscita se il paziente “salta” le terapie

di Lisa Rapaport

Nei pazienti con patologie cardiache che aderiscono alle terapie mediche in maniera ottimale, i risultati di un intervento chirurgico di bypass coronarico (CABG) e quelli di un intervento coronarico percutaneo (PCI) sono sovrapponibili. A dimostrarlo è un recente studio statunitense pubblicato da Circulation.

26 OTT - (Reuters Health) – Nei pazienti con patologie cardiache che aderiscono alle terapie mediche in maniera ottimale, i risultati di un intervento chirurgico di bypass coronarico (CABG) e quelli di un intervento coronarico percutaneo (PCI) sono sovrapponibili. A dimostrarlo è un recente studio statunitense pubblicato da Circulation. Quando, invece, i pazienti non sono aderenti ai farmaci, l’intervento di bypass coronarico potrebbe offrire una maggiore e migliore sopravvivenza libera da eventi cardiaci avversi.
 
Infatti, quando non assumono le terapie farmacologiche come prescritte, i pazienti con bypass coronarico hanno il 68% in più di probabilità di sfuggire alle complicanze rispetto ai pazienti con intervento coronarico percutaneo. “Pertanto, la compliance del paziente alla terapia medica può guidare il processo decisionale clinico e dovrebbe essere inclusa all’interno di futuri studi comparativi sulle strategie di rivascolarizzazione coronarica”, hanno scritto gli autori dello studio sulla rivista Circulation.

Lo studio
Per valutare l’influenza dei farmaci sui risultati, i ricercatori hanno seguito 973 pazienti con bypass (CABG) e 2.255 con stent (PCI) da febbraio a luglio 2004. I follow up sono proseguiti per 12 -18 mesi e sono ricominciati nel 2009 , per monitorare l’aderenza ai farmaci prescritti e segnalare eventuali problemi circolatori, tra cui infarto fatale e non fatale, o successivi reinterventi di bypass o procedure di angioplastica. I pazienti sottoposti a chirurgia coronarica hanno seguito una terapia medica ottimale che includeva antiaggreganti, statine e beta-bloccanti per tenere sotto controllo i valori del colesterolo, la pressione arteriosa e il ritmo cardiaco.

I risultati
I pazienti trattati con entrambe le procedure sono stati dimessi con terapia a base di statine e aspirina, che proseguivano durante i follow up e hanno ottenuto migliori tassi di sopravvivenza libera da eventi cardiovascolari rispetto a quei pazienti che non erano aderenti alle terapiche mediche. I motivi per cui tanti pazienti dopo un intervento coronarico interrompono le terapie possono essere diversi; tra questi anche una inadeguata percezione della propria malattia. I risultati dello studio suggeriscono comunque la necessità di una maggiore formazione dei pazienti circa i vantaggi che possono ricavare dal seguire le terapie prescritte. Il messaggio da dare ai pazienti è che l’aspirina, le statine e i beta-bloccanti migliorano i risultati indipendentemente dal tipo di procedura interventistica utilizzata.

Fonte: Circulation
 
Lisa Rapaport 

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science) 

26 ottobre 2016
© Riproduzione riservata

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