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Oms. Chi alla guida dopo Margaret Chan? Si scalda la corsa. Prime audizioni per i sei candidati 

di Stefano A. Inglese

L'attuale direttore generale dell’Organizzazione mondiale per la sanità terminerà il suo mandato a marzo. A gennaio, il Comitato Esecutivo dell’Oms scremerà le candidature per il nuovo Dg a tre. Sarà infine l’Assemblea  di maggio che voterà il nuovo direttore generale, il cui insedieamento è previsto ufficialmente a luglio 2017. In lizza anche l'italiana Flavia Bustreo.

15 NOV - Entra nel vivo la corsa alla carica di direttore generale dell’Organizzazione mondiale per la sanità in sostituzione di Margaret Chan. Ad inizio mese i sei i candidati in lizza hanno illustrato i loro programmi di fronte all’Assemblea (Video evento).
 
Il prossimo passo prevede che nel gennaio 2017, il Consiglio Esecutivo dell'OMS (composto da 34 membri tecnici) elabori una prima lista di 5 candidati. Tra questi, i membri del Comitato Esecutivo ne selezioneranno 3, che saranno i nomi su cui sarà chiamata a votare a maggio 2017 l’Assemblea mondiale della sanità (l’organo decisionale dell’Oms). Il nuovo direttore generale entrerà in carica il 1 luglio 2017.
 
I candidati sono 6 (4 uomini e 2 donne)Tedros Adhanom Ghebreyesus (proposta del Governo Etiopia), Flavia Bustreo (proposta del Governo Italia), Philippe Douste-Blazy (proposta del Governo Francia), David Nabarro (proposta del Governo Uk), Sania Nishtar (proposta del Governo Pakistan), Miklós Szócska (proposta del Governo Ungheria).
 
“Grandi differenze nei programmi dei sei candidati non si sono viste – riporta un articolo sul blog di Maurizio Paganelli su  su Repubblica.it - . Tutti puntano sulla riforma dell'Oms, risposta rapida alle emergenza (la "sindrome ebola" la chiamano a Ginevra), determinanti socioeconomici, copertura sanitaria universale, legame con i target degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, cambiamenti climatici e salute. Nessuno ha posto specifiche malattie come prioritarie”.
 
“Il primo dei sei candidati – si legge sul sito - è l'etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, ex ministro della sanità e poi degli Affari Esteri dell'Etiopia. Nell'ultimo rimpasto governativo, in una situazione delicata nel Paese dove cresce il conflitto e la protesta, non ha ricoperto alcuna carica. Gli osservatori hanno registrato il fatto come una implicita sicurezza di conquistare l'ambito posto: l'etiope ha già avuto l'endorsment ufficiale dell'Unione africana (tranne un voto) e un africano, dopo un'asiatica, maschio dopo una donna, anzi il primo africano a diventare direttore di un organismo così importante, lo rende oggettivamente tra i favoriti. Altri osservatori hanno sottolineato che, nella situazione resa instabile dalle rivolte in Etiopia, essere fuori dal governo lo rafforza e lo rende più indipendente. Durante la webconferenza di inizio novembre ha parlato di una "nuova fresca visione" puntando sull'origine africana e sulla propria esperienza, pazienza, capacità politica e diplomatica. Al Lancet ha risposto che iniquità all'accesso alla sanità, nuove resistenza alle cure e relative risposte alle emergenze, impatto dei cambiamenti climatici sulla salute sono le tre maggiori minacce immediate. Ha 51 anni, è il più giovane aspirante direttore Oms tra i sei”.
 
Altro candidato "forte" è il francese Philippe Douste-Blazy, 64 anni a gennaio, epidemiologo con grande esperienza nella Public health, molto politico, già sindaco (Grenoble e Tolosa) e ministro in vari dicasteri nel governo Chirac da cui sembra staccarsi anche per aver l'appoggio dell'attuale governo socialista. Attualmente è sottosegretario generale e adviser speciale del segretario dell'Onu sui meccanismi finanziari per lo sviluppo. Un uomo per tutte le stagioni. Nella recente webconferenza ha dato riposte dettagliate. Può contare su appoggi importanti e anche Paesi africani con influenza francese (magari dove l'esercito francese è presente) potrebbero alla fine "tradire" il candidato etiope. L'impressioni a Ginevra è di uno che "sa bene la sua lezione ma ci mette meno passione di altri". Risposta al Lancetsulle tre minacce: rischio di epidemie sempre emergenti, l'aumento delle malattie non trasmissibili, diminuzione della solidarietà globale e meno attenzione alla salute in un contesto di globalizzazione in gran parte diretto dai mercati tra crescenti tensioni politiche”.
 
Terzo candidato con grandi chance è l'inglese David Nabarro, anche lui special adviser del segretario Onu ma per l'agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e il cambiamento climatico. E' considerato un candidato dell'ultim'ora a sorpresa, non ci si aspettava la sua presentazione. Specializzazione in Salute Pubblica, endocrinologo, molto apprezzato ha iniziato la sua carriera in una ong (Save the children) nei Paesi in via di sviluppo. Nel suo discorso alla webconferenza di inizio novembre ha citato la sua collaborazione con la norvegese Gro Harlem Brundtland, mitica ex direttore generale dell'Oms, della quale è stato braccio destro. Ha fatto un'ottima impressione puntando su salute e sviluppo, ruolo delle comunità locali, esigenze dei singoli Paesi, sostenibilità. Per le tre minacce alla salute ha risposto al Lancet: povertà, ineguaglianza e carenza di governance, allarme infezioni, scarsi investimenti sulla salute. Negli ambienti di Ginevra è considerato un uomo dai forti alti e bassi, con idee spesso controverse a volte geniali. Gioca a suo sfavore l'età: 67 anni”.
 
L'ungherese Miklós Szócska è “il candidato che sembra avere minori possibilità di successo attualmente. E' meno conosciuto, minori esperienze di salute pubblica, lavora all'università di Budapest ma ha un master in Pubblica amministrazione preso ad Harvard. Ha 56 anni. Punta sul tema immigrazione e salute (tema caldo anche in Ungheria) e sul cambiamento dell'Oms. Gli osservatori di Ginevra lo danno come il primo ad uscire di scena. Sembra un outsider. E' anche un euroscettico”.
 
Due altri candidati sono donne e questo dopo una donna direttore generale (la cinese Margaret Chan) le sfavorisce un poco. La pakistana Sania Nishtar, 53 anni, è in più anche asiatica. L'italiana Flavia Bustreo, 55 anni, ha il vantaggio di essere l'unica interna dell'Oms (e quindi oggi lo conosce meglio di tutti) ma è europea e gli europei si sono troppo divisi con ben 4 candidature. Nei vari equilibri politici delle alternanze anche la regione di provenienza o il genere possono avere una loro importanza.
 
Sania Nishtar “tra le due sembra la più debole: fondatrice e presidente di Heartfile (ong pakistana impegnata sul fronte della salute), ex ministro nel governo pakistano, membro di vari comitati all'Onu e all'Oms, ha una forte matrice organizzativa. Guarda molto ai processi e meno ai contenuti, è quanto dicono gli osservatori, essendo molto esperta del mondo dei sistemi sanitari. Alla webconferenza pubblica ha mostrato carattere e dato un'immagine molto politica puntando al cambio di visione nell'Oms per affrontare le nuove sfide. Al Lancet ha risposto: la minaccia di esplosioni infettive, la farmacoresistenza e la pandemia silente delle malattie non trasmissibili insieme al mix dei cambiamenti climatici e della disuguaglianze e povertà nell'accesso alle cure”.
 
Flavia Bustreo “non ha particolarmente colpito nella sua performance pubblica del 2 novembre che è sembrata un po' troppo autoreferenziale: ha puntato molto sul proprio carattere, capacità e coraggio. Da 20 anni lavora all'Oms, ha lavorato in tutti i continenti, impegnata sul fronte della salute materno-infantile. Dal 2010 è Vice Direttore Generale per la Salute della Famiglia, delle Donne e dei Bambini all'Oms. Nel suo discorso di presentazione ha giocato a suon di slogan tra eguaglianza, diritti, responsabilità, evidenza, partnership. Al Lancet sulle tre maggiori minacce attuali per la salute globale ha risposto: emergenze umanitarie ed epidemie aggravate da povertà e iniquità; la lentezza con cui si riconosce il forte legame tra cambiamenti climatici e salute; i mutamenti demografici nei Paesi in gran parte dovuti all'invecchiamento”. 
 
Stefano A. Inglese

15 novembre 2016
© Riproduzione riservata

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