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Cellulare: e se invece facesse bene ai neuroni?


Uno studio dell’Università Cattolica di Roma, presentato al XIV Congresso della Società europea di neurofisiologia clinica, in corso nella Capitale, sembrerebbe smentire l’allarme sui rischi legati all’uso dei cellulari. La stimolazione Gsm potrebbe infatti potenziare alcune attività cognitive, migliorando i riflessi e riducendo le risorse neurali necessarie per svolgere un compito.

23 GIU - Altro che effetti negativi sul cervello. Le onde dei telefonini ecciterebbero i neuroni con il risultato di potenziare alcune attività cognitive, migliorare i riflessi e senza “sfruttare” le forze neurali a disposizione.
È quanto emerso da uno studio condotto dall’Istituto di neurologia dell’Università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma, in collaborazione con il Campus Bio-Medico e La Sapienza, e presentato al XIV Congresso della Società Europea di Neurofisiologia Clinica in corso a Roma presso il Sacro Cuore.
Dalle analisi effettuate emergerebbe che l’emissione di campi elettromagnetici, che dall’antenna del telefono raggiungono i neuroni, aumenterebbe, di fatto, la loro eccitabilità. In sostanza parlare al cellulare “elettrizza” il cervello incrementando l’attività dei neuroni e dei circuiti sottostanti l’antenna e modulando così l’efficienza nello svolgimento di alcune attività cognitive o motorie.
Ma non per tutti, avvertono gli esperti. Il telefonino potrebbe produrre effetti negativi quando a essere stimolato è un cervello già di per sé troppo eccitato, come in caso di epilessia
“Abbiamo analizzato – ha affermato Paolo Maria Rossini coordinatore del gruppo di ricerca – le performance di soggetti sani mediante alcuni test cognitivi prima e dopo aver esposto il loro cervello alla stimolazione Gsm (reale o finta) prodotta dai telefoni cellulari. Un test consisteva nell’identificare su uno schermo la comparsa di uno stimolo raro immerso in modo casuale e imprevedibile in mezzo a una serie di stimoli frequenti, e l’altro invece era un semplice task di Go/No go (cioè comparivano a video luci verdi e rosse e il soggetto doveva cliccare sul mouse al momento della comparsa del verde)”.
Mediante un elettroencefalogramma i ricercatori hanno osservato le risposte cerebrali dei soggetti durante i test cognitivi prima e dopo che erano stati esposti alla stimolazione reale o placebo ai telefoni cellulari. È emerso che l’esposizione reale al Gsm modifica le onde elettromagnetiche del cervello durante i test, modulando in particolare le oscillazioni della frequenza alfa, note per essere associate ad attenzione e concentrazione. Inoltre questo dato si associa a un miglioramento dei tempi di reazione.
“L’interpretazione che abbiamo avanzato – ha spiegato Rossini – è che i Gsm possano in qualche maniera migliorare l’efficienza neurale e che i soggetti rispondano in maniera più veloce (minore tempo di reazione), pur attivando una quantità inferiore delle loro risorse neurali”.
Nell’insieme, quindi, il test era svolto meglio e con minor dispendio di risorse.
“Quindi come anche altri studi mondiali hanno dimostrato – prosegue Rossini – le emissioni elettromagnetiche che escono dal cellulare (soprattutto dall’antenna) quando è posto vicino all’orecchio, hanno un impatto sull’eccitabilità dei neuroni sottostanti, aumentandola per un tempo di circa un’ora successiva a un uso prolungato (diciamo di 45 minuti) del cellulare. Questo dato di per sé non è né positivo, né negativo – sottolinea l’esperto – ma ci incita ad approfondire con ricerche ulteriori l’influenza dei cellulari sull’attività neurale e le conseguenze potenziali di essa. Quello dei cellulari potrebbe essere un effetto positivo, per esempio, in situazioni in cui l’obiettivo sia aumentare l’eccitabilità del cervello di un soggetto malato (ci sono studi in corso su modelli animali di Alzheimer che dimostrano che la deposizione di sostanza tossica beta-amiloide diminuisce in risposta a esposizione ai telefonini). Potrebbe essere un fatto negativo –  ha concluso – quando a essere stimolato è un cervello già di per sé troppo eccitato, come in caso di epilessia”.

23 giugno 2011
© Riproduzione riservata

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