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Artrite Reumatoide. Risultati studio Monarch dimostrano superiorità in monoterapia di sarilumab rispetto ad adalimumab


Presentati al congresso annuale dell’American College of Rheumatology (ACR) di Washington, DC i risultati di fase III dello studio. La direzione è quella della semplificazione; un solo farmaco per una migliore aderenza alla terapia e un’ottimale gestione della stessa da parte del paziente. L’artrite reumatoide è la forma più comune di artrite infiammatoria ed in Europa, la sua prevalenza si attesta intorno ai 2.9 milioni di persone. 

01 DIC - La direzione è quella della semplificazione; un solo farmaco per una migliore aderenza alla terapia e un’ottimale gestione della stessa da parte del paziente. Sanofi e Regeneron Pharmaceuticals Inc. hanno presentato, all'annuale congresso dell’American College of Rheumatology (ACR) di Washington, DC., i risultati dello studio di fase III SARIL-RA-MONARCH che ha dimostrato la superiorità in monoterapia di sarilumab rispetto ad adalimumab nel migliorare i segni e i sintomi clinici negli adulti con artrite reumatoide attiva (AR).

“Sarilumab è un farmaco diretto contro i recettori dell’interleuchina 6 che è una molecola estremamente importante nella patologia dell’artrite reumatoide e bloccarla vuol dire portare al miglioramento la malattia, a migliorare la disabilità del paziente e ridurre l’infiammazione”, ha Roberto Caporali, professore associato all’Università di Pavia, a margine del congresso Sir dove lo studio è stato ripreso. “La novità di questo studio è che il farmaco ha dimostrato di essere più efficace in tutti gli items considerati rispetto ad adalimumab, nei pazienti con artrite reumatoide”, ha proseguito Caporali. “L’altro dato importante è che sarilumab può essere utilizzato in ionoterapia e che si è dimostrato essere superiormente efficace anche nella riduzione della disabilità del paziente”, ha precisato.
 
L’artrite reumatoide è la forma più comune di artrite infiammatoria ed in Europa, la sua prevalenza si attesta intorno ai 2.9 milioni di persone. L’impatto sulla vita di tutti i giorni dei pazienti con AR è fortissimo e proprio questo motivo il compito principale degli addetti ai lavori è quello di agevolare la gestione di una patologia particolarmente invalidante. “La semplificazione delle terapie per facilitare e migliorare la qualità della vita dei pazienti va necessariamente verso la somministrazione di un farmaco unico che sia in grado di garantire il risultato che nel passato si otteneva con un cocktail di farmaci”, ha dichiarato Giovanni Lapadula direttore dell’UOC di Reumatologia universitaria dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Bari. “L’uso di farmaci di fondo tradizionali con il metotressato, spesso non è gradito perché danno luogo negli anni a piccoli effetti collaterali che rendono difficile continuare la terapia”, ha proseguito. “Il 30% circa delle persone con artrite reumatoide è attualmente in trattamento con biologici in monoterapia, per lo più a seguito di problemi di intolleranza al metotressato”, ha dichiarato Gerd Burmester della Charité, Università di Medicina di Berlino e autore principale dello Studio. “Nello studio MONARCH sarilumab in monoterapia è risultato più efficace di adalimumab, che è uno dei farmaci biologici più comunemente utilizzati oggi”.
 
Le “linee guida europee che sono state discusse circa 4 mesi fa al congresso europeo EULAR, hanno ribadito che la terapia con farmaci biologici va effettuata in combinazione con metotressato ma che, quando questa non sia possibile per effetti collaterali o per impossibilità del paziente ad assumere metotressato, in questo caso non un farmaco ma un meccanismo di azione diretto contro l’interleuchina 6 ha maggiore evidenze di monoterapia rispetto a tutti gli altri farmaci biologici”, ha concluso Caporali. “La monoterapia è la terapia del futuro e il punto d’inizio di un cambiamento nelle modalità di trattamento di questi pazienti che trova nei farmaci anti interleuchina 6 i farmaci probabilmente più adatti sia perché questa è una citochina che viene immobilizzata fin dall’inizio della malattia, sia perché la somministrazione in dose unica mensile è molto gradita dal paziente”, ha concluso Lapadula.

Lo studio SARIL-RA-MONARCH
Lo studio SARIL-RA-MONARCH ha arruolato 369 adulti con artrite reumatoide attiva, una storia di risposta inadeguata o intolleranza al metotrexato (MTX) oppure in cui la terapia con MTX era ritenuta non appropriata. I pazienti sono stati randomizzati per essere trattati per via sottocutanea con sarilumab in monoterapia (200 mg ogni 2 settimane) o adalimumab in monoterapia (40 mg ogni 2 settimane); i pazienti che non rispondevano adeguatamente ad adalimumab potevano aumentare il dosaggio settimanale. I risultati preliminari erano stati annunciati a marzo 2016.

L'endpoint primario era la variazione dal basale del DAS28-VES a 24 settimane; il dato ha dimostrato una differenza statisticamente significativa a favore di sarilumab (-3,28 per sarilumab rispetto a -2,20 per adalimumab, p < a 0.0001). Il DAS28-VES è una misura dell’attività di malattia nell’AR e comprende la valutazione dello stato di indolenzimento e gonfiore di 28 articolazioni del corpo, una valutazione dello stato di salute generale da parte del paziente e la valutazione della VES (o ESR), esame di laboratorio che valuta l'infiammazione. Lo studio ha inoltre raggiunto altri importanti endpoint rispetto ai criteri dell’American College of Rheumatology (ACR) e riguardo all’Health Assessment Questionnaire - Disability Index (HAQ-DI).
 
I risultati comprendono quindi:
Un miglioramento più marcato dei segni e dei sintomi di AR con sarilumab, come evidenziato dalla proporzione di pazienti che hanno raggiunto un miglioramento del 20% dei criteri ACR (ACR20 raggiunto dal 72% dei pazienti con sarilumab contro il 58% dei pazienti con adalimumab, p < 0.01). La proporzione di pazienti che ha raggiunto l’ACR50 è stata anch’essa maggiore per sarilumab (45% dei pazienti trattati con sarilumab vs 29% dei pazienti trattati con adalimumab, p = 0.0017); lo stesso per l’ACR70 (raggiunto dal 23% dei pazienti trattati con sarilumab vs 11% dei pazienti trattati con adalimumab, p = 0.0036).

Anche la proporzione di pazienti che ha raggiunto la remissione valutata con il criterio DAS28-ESR (score <2.6) è stata più elevata per i pazienti trattati con sarilumab che per i pazienti trattati con adalimumab (26% dei pazienti trattati con sarilumab vs 7% dei pazienti trattati con adalimumab, p < 0.0001).
Sono stati osservati anche miglioramenti significativi nella valutazione dell’HAQ-DI con sarilumab rispetto ad adalimumab. Il cambiamento alla settimana 24, rispetto al basale, è risultato essere -0.61 per sarilumab contro -0.43 per adalimumab (p = 0.0037).

Lo studio ha inoltre rilevato una risposta numerica maggiore in termini di Clinical Disease Activity Index (CDAI). Il cambiamento dal basale alla settimana 24 è stato -28.9 per sarilumab vs -25.2 per adalimumab. Inoltre una maggiore proporzione di pazienti trattata con sarilumab ha raggiunto la remissione CDAI (7% vs 2% con adalimumab).1 I pazienti trattati con sarilumab hanno inoltre riportato, rispetto ai pazienti trattati con adalimumab, un miglioramento più marcato dell’invalidità funzionale, del dolore e dell’affaticamento. Questi miglioramenti sono stati rilevati mediante l’uso di questionari compilati dai pazienti (Patient reported outcomes-PRO), come il Medical Outcomes Short Form 36 Health Survey, il Physician component summary score (PCS), il Mental component summary score (MCS) e, infine, il Functional Assessment of Chronic Illness Therapy-Fatigue (FACIT-F).

L’incidenza di eventi avversi (64% per entrambi i bracci di trattamento), di eventi avversi seri (5% per sarilumab vs 7% per adalimumab), infezioni (29% per sarilumab vs 28% per adalimumab), e infezioni serie (1% per entrambi i gruppi) è stata simile tra i due trattamenti. L’incidenza di neutropenia, non correlata a infezione, è stata maggiore per sarilumab (14% per sarilumab vs 1% per adalimumab), coerentemente con quanto osservato nei precedenti studi con anti IL-6. Anche l’incidenza di eventi di eritema nel sito di iniezione è stata maggiore tra i pazienti trattati con sarilumab (8% con sarilumab vs 3% con adalimumab).

La sicurezza e l’efficacia di sarilumab non sono ancora state valutate da alcuna autorità regolatoria. Se approvato, sarilumab verrà commercializzato da Regeneron e Sanofi Genzyme, la Specialty care Unit di Sanofi. 

01 dicembre 2016
© Riproduzione riservata

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