Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Giovedì 18 APRILE 2024
Scienza e Farmaci
segui quotidianosanita.it

Malattia di Fabry: dal Cnr una nuova opzione di trattamento


Una nuova terapia, più agevole ed economica, è stata messa a punto da ricercatori italiani. È in grado di “riparare” l’enzima difettoso ed evitare le frequenti infusioni per via endovenosa. Ma il farmaco è ancora in fase sperimentale e non funzionerà su tutti i pazienti.

27 GIU - La malattia di Fabry è caratterizzata dalla mancanza o dalla scarsa attività dell'enzima alfa-galattosidasi lisosomiale. A oggi l’unica possibilità di cura è la somministrazione dell'enzima deficitario prodotto mediante biotecnologia, una terapia purtroppo ancora costosa che prevede frequenti infusioni per via endovenosa. Tuttavia, se venissero confermati i risultati di uno studio condotto da ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Icb-Cnr) insieme ad alcuni colleghi degli Istituti di calcolo e reti ad alte prestazioni (Icar) e di biostrutture e bioimmagini (Ibb) del Cnr di Napoli e del Dipartimento di bioinformatica dell’Università Federico II potrebbe esserci un’alternativa: un farmaco capace di migliorare la stabilità e la maturazione dell'enzima mutato (uno “chaperone farmacologico”), che può essere assunto per via orale e potenzialmente più economico rispetto alla terapia tradizionale.Il farmaco - presentato dai ricercatori sulle pagine di Orphanet Journal of Rare Diseases - è ancora in fase di sperimentazione e non sarebbe comunque efficace in tutte le forme della malattia.
“Abbiamo cercato di selezionare le forme mutate dell’enzima che rispondono allo chaperone famacologico”, ha spiegato Mario Guarracino, ricercatore Icar-Cnr, “e con l'aiuto degli strumenti matematici è stato messo a punto un metodo per predire la rispondenza di tali mutazioni”.
Lo studio del Cnr prevede una simulazione della proteina al computer “per valutarne stabilità e grado di conservazione dell’amminoacido presente nella forma normale della proteina”, ha aggiunto Giuseppina Andreotti, ricercatrice dell’Icb-Cnr. “Sulla base di queste considerazioni, cerchiamo poi di predire se la proteina indebolita da una particolare mutazione possa essere stabilizzata da piccole molecole chimiche assunte per via orale dal paziente”.
I ricercatori, benché entusiasti per la scoperta, vanno con i piedi di piombo: “il nostro metodo è il primo ‘chaperone farmacologico’ proposto ed è relativamente accurato, ma i risultati vanno considerati solo come indicativi per aiutare i clinici a scegliere per i pazienti di Fabry la terapia più appropriata tra questa meno invasiva e la sostituzione enzimatica”, ha concluso Andreotti.
La reale incidenza della malattia di Fabry non è conosciuta. Se si considerano solo le forme che si manifestano nella prima infanzia, potrebbe essere di uno su centomila, ma se si considerano quelle che si manifestano nell'adulto, l'incidenza potrebbe essere almeno 10 volte più alta. Può manifestarsi in forme molto diverse sia per la gravità sia per gli organi che colpisce, provocando tra gli altri danni renali e cardiaci con possibili rischi di ictus o di infarto. 

27 giugno 2011
© Riproduzione riservata

Altri articoli in Scienza e Farmaci

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy