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Bpco. Tagli alle riacutizzazioni con le terapie combinate. Le risposte arrivano dai dati Real world


La malattia impatta pesantemente sulla qualità della vita dei malati, ma con la combinazione di due farmaci si può ridurre dell’8,4% il tasso medio annuo di riacutizzazioni moderate o gravi. È quanto emerge dal Salford Lung Study pubblicato sul New England Journal of Medicine. Vianello: “Studio che colma un gap tra teoria e realtà”

05 DIC - È la malattia che mozza il respiro. Nel mondo, colpisce 65 milioni di persone e secondo le stime dell’Oms nel 2030 diventerà la terza causa di morte. Si stima che solo in Italia colpisca bronchi e polmoni di tre milioni di persone, la maggior parte anziani, fragili e con co-morbilità. È la Bronco pneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), una patologia che impatta pesantemente sulla qualità della vita dei malati: le attività quotidiane diventano infatti sempre più difficili a causa della scarsa funzionalità respiratoria determinata dall’ostruzione bronchiale e da un progressivo restringimento delle vie aeree.
 
Chi ne soffre respira infatti con difficoltà, in particolare sotto sforzo, ha tosse e catarro cronici ed è soggetto a frequenti infezioni, perché nei bronchi pieni di muco i batteri si sviluppano a grande velocità. Le cause? Sul banco degli imputati ci sono il fumo di sigaretta, ben nove pazienti su dieci sono fumatori o ex tabagisti, ma anche inquinamento atmosferico, polveri diffuse negli ambienti di lavoro e domestici ed emissioni chimiche. Ma anche l’età gioca un ruolo determinante, la Bpco colpisce il 7% degli over 50 e le percentuali salgono con l’aumentare dell’età: ha un’incidenza dell’11% tra i sessantenni con trend in crescita vertiginosa dopo i 70 anni fino a interessare una persona su due. Anche i costi sono elevati: quello medio annuo di un paziente con Bpco si attesta sui 2.700 euro, il 92% è a carico del Ssn. E il 70% dei costi diretti totali è dovuto all’ospedalizzazione per le riacutizzazioni.
 
Dati che rendono chiaro il quadro di una patologia di approccio complesso, sia dal punto di vista farmaco-terapeutico, consideriamo infatti che dalla Bpco non si guarisce, perché le lesioni all’apparato respiratorio sono generalmente irreversibili, sia da quello gestionale, in quanto è caratterizzata da frequenti riacutizzazioni, accompagnate spesso da ricoveri in ospedale.
 
Soprattutto, come ha ricordato Stefano Vianello, Direttore del Dipartimento di Continuità Assistenziale Ussl 13 Mirano, questa è una malattia sotto diagnosticata. “I dati di prevalenza – ha ricordato – sono intorno al 3-3,5% della popolazione, ma a volte si scende al di sotto di queste percentuali a causa di mancate diagnosi. Non solo, la Bpco è anche una patologia poco considerata dai pazienti stessi che sottovalutano i rischi cui vanno incontro. Pensiamo che i dati Osmed indicano un’aderenza alla terapia al 14-15%. A questo si aggiunge, in alcuni casi, anche una scarsa organizzazione del sistema che non riesce a realizzare adeguate azioni di prevenzione, diagnosi precoce e stadiazione della malattiache vedono come punto centrale l’utilizzo della spirometria”.
 
Il Veneto è una delle Regioni che si è attrezzata per tenere sotto controllo la Bpco. “Abbiamo definito dei Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali, da applicare nei vari contesti locali, già da due anni – ha spiegato Vianello –ogni Asl si è organizzata per implementare misure di contrasto alla malattia. Nella mia Asl, ad esempio, abbiamo portato avanti una formazione capillare integrata tra specialisti e medici di famiglia e il Pdta è stato applicato. Ma non con poche difficoltà, proprio perché questa malattia non viene considerata dai pazienti”.
 
 
  La novità nella terapia farmacologica. Il Salford Lung Study. Oggi è possibile contare su terapie efficaci che consentono al paziente di convivere al meglio con la sua condizione di malato cronico respiratorio. E di ridurre quindi i rischi di riacutizzazioni con conseguenti ricoveri ospedalieri. Nel trattamento della Bpco vengono impiegati broncodilatatori, corticosteroidi per via inalatoria e anticolinergici. Ma ora dal Salford Lung Study, pubblicato sul New England Journal of Medicine nel mese di settembre 2016, emergono dati di real world interessanti in merito all’efficacia e all’appropriatezza delle terapie. Lo studio ha infatti passato al setaccio 2.802 pazienti con Bpco con l’obiettivo di testare l’efficacia e la sicurezza di due farmaci, Fluticasone furoato e Vilanterolo in combinazione, confrontandola con la terapia usuale somministrata nella pratica clinica quotidiana. Non solo, lo studio ha anche monitorato tutti gli accessi in ospedale, le visite ambulatoriali ospedaliere e ai Pronto Soccorsi e considerato i dati rilevati dai Medici Medicina Generale.
 
I pazienti sono stati randomizzati 1 a 1 per ricevere fluticasone furoato e vilanterolo (Ff/Vi) al dosaggio di 100/25mcg - con o senza assunzione di agenti muscarinici a lunga durata d’azione (Lama) - oppure per continuare a ricevere la terapia usuale. I pazienti che assumevano Lama in aggiunta alla terapia di combinazione Ics/Laba (triplice terapia con corticosteroidi inalatori e beta 2-agonisti a lunga durata d’azione), che sono stati randomizzati alla terapia con Ff/Vi, hanno potuto continuare la terapia con Lama in associazione a Ff/Vi. La terapia usuale è stata assunta come prescritta dal medico, e poteva includere broncodilatatori singoli o in associazione, corticosteroidi inalatori da soli o associati a un broncodilatatore a lunga durata d’azione, o in triplice terapia costituita da Lama, Laba e corticosteroide inalatorio.
 
Ma cosa è emerso? Il tasso medio annuo di riacutizzazioni moderate o gravi ha fatto registrare una riduzione statisticamente significativa dell’8,4% nei pazienti che assumevano la combinazione fluticasone furoato/vilanterolo. L’incidenza di eventi avversi seri è risultata simile nei due gruppi (29% nel gruppo Ff/Vi, 27% in quello della terapia usuale). Per quanto riguarda le polmoniti, un evento indesiderato grave di particolare interesse, l’associazione Ff/Vi ha dimostrato la non inferiorità rispetto alla terapia usuale (7% versus 6%). Un endpoint quest’ultimo richiesto come parametro regolatorio di sorveglianza post-marketing dall’Ema. Inoltre, il 45% dei pazienti che ha ricevuto Ff/Vi ha migliorato il punteggio del Copd Assessment Test (Cat), che misura l’impatto della malattia sullo stato di salute e sulla qualità di vita.
 
“Lo studio Salford è estremamente innovativo perché va a misurare quello che avviene ‘in trincea’ – ha commentato Vianello – come ho già sottolineato la mancanza di dati certi è una delle criticità che interessano questa patologia. Avere quindi dati di Real Life su un campione così ampio di pazienti è una grande opportunitàper la valutazione complessiva della gestione del paziente con Bpco in appropriatezza. Infatti, questo da un lato ci consente di avere indicazioni per applicare la terapia più efficace su pazienti spesso polipatologici, e dall’altro di affinare la formazione integrata tra specialisti e medici di medicina generale. Insomma si colma un grande gap tra teoria e realtà”.

05 dicembre 2016
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