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Diabete: e se la cura fosse un neurotrasmettitore?


Uno studio condotto su topi e pubblicato su Pnas mostra come la somministrazione di acido gamma-amino-butirrico in esemplari con diabete di tipo 1 sia in grado di rigenerare le cellule beta andate distrutte e di impedire che il sistema immunitario le aggredisca. Ma occorrono altri studi per verificare se la tecnica funziona sull’uomo.

30 GIU - Finora era stato semplicemente considerato il neurotrasmettitore inibitore più abbondante a livello cerebrale, ma l’acido gamma-amino-butirrico (Gaba) potrebbe rappresentare la cura definitiva per il diabete di tipo 1. O almeno è quanto sperano ricercatori del St. Michael's Hospital di Toronto che, in uno studio pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences, sono riusciti a raggiungere un risultato senza precedenti: rigenerare le cellule beta andate distrutte a causa della malattia ed evitare che il sistema immunitario le continuasse ad aggredire. Tutto ciò soltanto tramite la somministrazione del neurotrasmettitore. Lo studio è stato condotto su topi di laboratorio, pertanto è difficile prevedere se la tecnica sarà efficace sull’uomo, ma i risultati sono promettenti.
“GABA è il primo agente in grado sia di proteggere dal danno le cellule che producono insulina sia di ridurre la reazione del sistema immunitario contro queste cellule”, ha commentato Gary F. Lewis, direttore della divisione di Endocrinologia e Metabolismo alla University of Toronto, dove quasi un secolo fa fu scoperta l’insulina. “La reazione del sistema immunitario contro le cellule beta è responsabile della gran parte dei danni che danno origine al diabete di tipo I. Questa scoperta può aprire nuove vie per la prevenzione e il trattamento del diabete di tipo I nell’uomo”, ha concluso.
La connessione tra GABA e salute delle cellule beta, al momento, è poco chiara. Fino a qualche decennio fa dell’acido gamma-amino-butirrico era nota la funzione di neurotrasmettitore nel sistema nervoso centrale. Fino a che sul finire degli anni Settanta non se ne scoprì l’alta concentrazione nelle isole pancreatiche e successivamente il fatto che anche le cellule beta fossero in grado di produrlo. Quello pubblicato nei giorni scorsi on line su Pnas è il primo studio a descrivere nel dettaglio la capacità del neurotrasmettitore di regolare la funzionalità e perfino la sopravvivenza delle cellule beta. 
Non stupisce che l’entusiasmo tra gli addetti ai lavori sia palpabile. “La ricerca sul diabete con questo passo è molto più vicina a una cura”, ha affermato Michael Cloutier, presidente e Ceo della Canadian Diabetes Association che, insieme al Canadian Institutes of Health Research e alla Juvenile Diabetes Research Foundation, ha finanziato lo studio. "Siamo emozionati per essere parte di questa importante scoperta e attendiamo i risultati degli studi clinici”. 
Per questi ultimi, tuttavia, potrebbe essere necessario attendere ancora molto tempo.

30 giugno 2011
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