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Reti oncologiche, Pdta e dati di real life per garantire l’innovazione terapeutica in oncologia


Ma anche attivazione di sistemi informativi che leghino dati di appropriatezza prescrittiva ed efficienza economica all’esito delle terapie. Si è svolto a Bologna il settimo incontro che vede istituzioni, oncologi, farmacisti e anatomopatologi a confronto sui modelli di governo dell’innovazione farmaceutica

26 NOV - Diffusione delle reti oncologiche, definizione dei Percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali (Pdta), selezione dei Centri prescrittori, attivazione di sistemi informativi che “parlino la stessa lingua” e leghino i dati di appropriatezza prescrittiva e di efficienza economica all’esito delle terapie. E ancora, ricorso alla Hta, coinvolgimento di gruppi di lavoro di valutazione del farmaco in seno alle Commissioni terapeutiche regionali, individuazione delle Unità farmaci antitumorali centralizzate (Ufa) e poi diffusione dei dati real life, ricorso al Vial sharing, attuazione del Drug day e inserimento del Test diagnostico di selezione biomolecolare all’interno del Pdta.
 
Sono questi solo alcuni dei molti strumenti che le Regioni potrebbero adottare per garantire da un lato il governo della spesa per l’assistenza farmaceutica, quindi sostenibilità ed equità d’accesso alle cure, dall’altro innovazione e sperimentazione di nuovi farmaci che migliorino esiti e qualità dell’offerta sanitaria. Per aprire le porte anche alla sostenibilità delle innovazioni terapeutiche che si affacceranno nei prossimi anni.
 
Ma il cammino è ancora in salita per molte realtà locali. I percorsi da seguire non sono stati delineati in tutte le Regioni come dimostrano i risultati del progetto di ricerca “La governance dell’innovazione farmaceutica in Italia” della Scuola Superiore Sant’Anna realizzato i dieci Regioni italiane - presentati da Bruna Vinci, ricercatrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa - nel corso del workshop “Il governo dell’innovazione farmaceutica: modelli di gestione sostenibile dei farmaci oncologici innovativi ad alto costo” organizzato da Motore Sanità a Bologna. Il settimo incontro di una serie di confronti che si sono tenuti nelle principali città italiane per capire come sostenere l’innovazione farmaceutica alla luce della difficile sfida della sostenibilità economica.
 
Una sfida che l’Emilia-Romagna sostiene a testa alta nonostante il processo di implementazione della rete oncologica sia ancora in itinere: sul fronte dell’assistenza ai malati oncologici e dell’accessibilità ai farmaci oncologici innovativi il sistema sanitario regionale si conferma, infatti, tra i più virtuosi.
 
Sono molte le azioni portate avanti dalla Regione che punta a una sempre migliore definizione delle regole del sistema, come ha spiegato, Kyriakoula Petropulacos, Direttore Generale Cura della Persona, Salute e Welfare Emilia-Romagna. “Nel documento di riordino del Dm 70 abbiamo sottolineato la necessità di costituire in tempi celeri una rete oncologica – ha spiegato –abbiamo firmato una circolare sull’avvio di un data base oncologico per la raccolta di dati e per la costruire dei Pdta. Soprattutto puntiamo a una valutazione multi professionale del malato oncologico per arrivare a un sempre maggiore profilo di appropriatezza e poter quindi garantire, in previsione dell’arrivo di nuove cure innovative, un sistema equo, appropriato e sostenibile. Questo significa realizzare previsioni affidabili per far sì che i conti tornino”. E ancora, ha ricordato Petropulacos “abbiamo investito molto sulle modalità innovative per le gare di acquisto dei farmaci dove quelli oncologici rappresentano il 30% della spesa globale e abbiamo reso disponibili i farmaci per tutti i cittadini senza obbligare nessuno al razionamento”. Certo, ha poi aggiunto, avere migliori condizioni per l’acquisto dei farmaci sarebbe ideale, anche se, grazie alle gare, la Regione ha risparmiato 160 mln di euro che sono stati reinvestiti nel sistema: “Abbiamo anche stabilito un fondo ad hoc per Hcv e farmaci innovativi per un totale di 22mln di euro (19 per i soli oncologici) garantendo una copertura extra bilancio. Tutti numeri – ha concluso – che ci consentono di programmare e permettono alle aziende di fare previsioni di bilancio, senza sforare e ripianare a fine anno”.
 
Insomma, l’Emila Romagna si conferma una realtà attenta alla programmazione e anche all’innovazione farmaceutica garantendo comunque sostenibilità al sistema. “Abbiamo lavorato da un lato in Conferenza Stato Regioni per arrivare allo stanziamento del fondo che verrà destinato ai vaccini, agli antivirali e ai farmaci oncologici ad alto costo – ha detto Marcella Zappaterra, Consigliere Componente IV Commissione Regione Emilia Romagna – e ora stiamo lavorando per produrre risultati: l’accesso ai farmaci innovativi rappresenta una sfida importante per la ricerca di un equilibrio tra sostenibilità e accesso ai farmaci.Quello che però rende l’esperienza dell’Emilia-Romagna un caso unico in Italia è la rete dei servizi messa in campo per rispondere alle diverse tipologie dei bisogni come obiettivo prioritario”.
 
Anche sul fronte dell’utilizzo dell’Hta, la Regione ha ingranato la marcia. “L’Hta – ha spiegato Rossana De Palma, Responsabile Area Governo Clinico, Agenzia Sanitaria e sociale Regione Emilia-Romagna – deve essere utilizzata come una metodologia che valuta il ciclo del farmaco per capire cosa sia realmente rilevante e disinvestire su quello che non lo è più. Abbiamo applicato un precorso metodologicamente corretto di valutazione di Hta per una valutazione costo beneficio dei farmaci”
 
La stella polare dei farmaci oncologici è il Grefo, Gruppo regionale sui farmaci oncologici, costituito da un panel multidisciplinare di esperti oncologi clinici, palliativisti, radioterapisti, internisti, farmacisti e direzione sanitaria.
“Abbiamo iniziato il percorso nel 2009 – ha spiegato Anna Maria Marata,Coordinatore della Commissione regionale del Farmaco, Servizio Assistenza Territoriale Regione Emilia-Romagna – ad oggi sono attivi 15 gruppi di lavoro. In particolare il Grefo applicando il metodo Grade, il più autorevole tra i sistemi internazionali per lo sviluppo di raccomandazioni che orientano la pratica clinica, ha prodotto molte indicazioni sui singoli farmaci. Abbiamo allargato il gruppo a tutte le realtà onco-ematologiche con specialisti di altre aree e con la presenza dei pazienti. Oggi infatti le raccomandazioni riguardano tutti farmaci che devono gestire l’intero percorso terapeutico. Un percorso condiviso con i clinici, un elemento molto importante perché i comportamenti devono essere concordati con chi prescrive”.
 
La sfida futura ora è quella dell’appropriatezza che andrà provata attraverso prove di efficacia: “Tutto questo ha bisogno di monitoraggio e di implementazione. Ma sono convinta che con il database oncologico, appena approvato, saremo in grazie di arrivare a un monitoraggio puntuale quindi ad una maggiore previsione per il futuro
 
La Regione è quindi al lavoro, ma per Carmine Pinto, Direttore della Struttura Complessa di Oncologia Irccs Santa Maria Nuova, Reggio Emilia e Presidente Aiom mancano ancora alcuni tasselli: “Serve una regia unica dei processi sia a livello nazionale sia regionale e delle regole comuni da adattare nelle singole Regioni, anche perché le reti oncologiche attive si contano, infatti, su una mano. Sono state attivate in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Campania. Mentre in Emilia Romagna e in Trentino Alto Adige sono in fase di attivazione le reti deliberate”.
Ma non solo, per Pinto bisogna poter accedere a test biomolecolari, definire laboratori per aree, avere tecnologie “dove e quando servono”. Così come servono “degli indicatori più precisi per valutare la qualità dell’intero processo si cura”. “A livello di spesa, sono 9 i farmaci oncologici innovativi che rappresentano il 27% della spesa globale farmaceutica – ha detto – ma dobbiamo ragionare sul volume delle patologie trattate e sui parametri di innovatività.Servono inoltre misure strutturali quali l’appropriatezza costruttiva e linee guida nazionali, e la possibilità di una selezione dei pazienti su dati clinici e biologici”.
 
“Mettere al primo posto il paziente in tutte le sue problematiche” è questo per Fabrizio Artioli, Direttore Uo Medicina oncologica, Ospedale Ramazzini Carpi (Mo) l’obiettivo prioritari di una rete oncologica regionale. “È fondamentale che ci sia equità di accesso alla rete e una presa in carico globale – ha sottolineato – nella rete devono individuati i punti di rifermento per la parte chirurgica delle principali patologie oncologiche, ma al paziente deve essere offerta anche la possibilità di ricevere i trattamenti medici e i controlli vicino al proprio domicilio. Solo così potremo ridurre anche i costi indiretti”.
 
Sulla stessa linea Mario Cavalli, Direttore Generale Aou Policlinico S. Orsola Malpighi, Bologna: “Il paziente oncologico deve essere trattato nell’oncologia di riferimento territoriale più vicina, di modo che trovi le risposte terapeutiche più comode e vicine alla propria residenza”.
 
Giuseppe Longo, Vice Direttore Oncologia ed Ematologia Aou Policlinico di Modena, ha spiegato l’importanza di sistemi di feedback periodici per migliorare la qualità dell’assistenza riducendo anche i costi. “Il problema della governance – ha detto – va affrontato cercando di utilizzare al meglio le risorse a disposizione e cercando di avere le informazioni di ritorno sigli esiti”.
 
Per Mattia Altini, Direttore Sanitario Irst, Meldola è essenziale che i clinici abbiano la possibilità di accedere ai dati anche ai fini di un’autovalutazione clinica. “Stiamo misurando l’inappropriatezza sulla base delle raccomandazionidelle società scientifiche”.
 
Adriana Giannini, Direttore Servizio Prevenzione Collettiva e Sanità Pubblica Regione Emilia Romagna, ha spiegato quanto il tema specifico della prevenzione sia un obiettivo di sanità pubblica. “In un contesto come il nostro, di aumento dell’invecchiamento della popolazione, i servizi sanitari sono chiamati in causa con tutte le proprie forze – ha sottolineato –
bisogna avere uno sguardo globale sulla prevenzione delle neoplasie aumentando gli screening oncologici secondari che sono carenti soprattutto in certe fasce della popolazione, per esempio gli immigrati o chi è più svantaggiato economicamente”.

26 novembre 2016
© Riproduzione riservata

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