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Biosimilari: nuove prospettive, nuove aree terapeutiche

di Marzia Caposio

Il mercato dei biosimilari è in continua evoluzione. Ormai da molti anni i farmaci biosimilari hanno fatto il loro ingresso nella pratica clinica ed il loro impiego si sta allargando ad un numero sempre maggiore di aree terapeutiche. Complice anche il fatto che stanno ormai scadendo i brevetti dei farmaci biologici, i biosimilari stanno prendendo una posizione di rilievo nel panorama clinico.

19 DIC - In ambito reumatologico, “possiamo prendere l’esperienza precedente come esempio per pensare a quello che succederà in un campo dove invece si stanno affacciando i primi biosimilari”, ha dichiarato Maurizio Cutolo, Direttore della Clinica Reumatologica del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Genova, IRCCS San Martino. “I biosimilari, come è successo nel mondo della tecnologia con i nuovi cellulari, piano piano andranno a sostituire gli attuali farmaci, ma bisognerà avere esperienza e sicurezza perché con la salute non si scherza”, ha proseguito Cutolo. “È chiaro anche che il discorso del minor costo potrebbe essere forse la vera ragione per cui, un domani, le aziende sanitarie potrebbero imporre l’uso dei biosimilari, ma sempre nel rispetto del malato - ha precisato Cutolo - In effetti sia la Società Italiana di Reumatologia sia le agenzie regolatorie, l’ema e l’fda, hanno sempre tenuto fisso questo concetto: non si può fare automaticamente uno switch, non si può imporre”, ha specificato Cutolo.

“Il passaggio da un farmaco originator a un biosimilare è davvero molto discusso e, solitamente, il nuovo biosimilare viene somministrato a pazienti naive al trattamento”, ha dichiarato Jiri Vencovsky dell’Istituto di Reumatologia di Praga dove è stato condotto uno studio di fase III su enbrel e benepali. Noi “abbiamo una certa esperienza perché la seconda parte dello studio di estensione prevedeva che i pazienti che originariamente assumevano enbrel, l’originator, passavano a benepali. Quindi abbiamo una certa esperienza con questi pazienti, che hanno reagito molto bene - ha proseguito Vencovsky - Per quanto ne so, c’è stato uno studio condotto in Norvegia, ma è stato effettuato su infliximab, che è un altro farmaco, nel quale i pazienti dovevano passare dal farmaco originator al biosimilare. Inoltre, apparentemente, i ricercatori non sono stati in grado di riscontrare differenze. L’unica esperienza avuta con etanercept, benepali ed enbrel, è racchiusa all’interno del nostro studio e non abbiamo notato differenze”, ha concluso Vencovsky.

Per Cutolo, la prospettiva italiana è chiara: “nel nostro Paese senz’altro ci sarà uno sviluppo dei biosimilari. Fa parte della storia dello sviluppo della medicina però dobbiamo procedere con molta attenzione e con accortezza. Vogliamo dati chiari, ce ne sono molti e questo rappresenterà chiaramente la possibilità di trattare più pazienti visto che i budget si ridurranno”, ha concluso Cutolo.
 
Marzia Caposio

19 dicembre 2016
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