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Trump, liberista contromano per negoziare il prezzo dei farmaci USA

di Fabrizio Gianfrate

Ricordo che anche qui da noi i tagli più draconiani su medicinali e relativa industria vennero dal più liberista dei nostri governi, il “Berlusconi II” del 2001, con la legge 405/2001, la madre di tutte le leggi sul farma degli ultimi lustri. Col fine di abbassare in modo diretto e indiretto il prezzo dei farmaci SSN (tagli per decreto, sconti obbligati, prontuario reference-price, DD e DPC, tetti, payback, ecc., ecc.)

27 GEN - “Getting away with murder”, farla franca per l’omicidio. È l’accusa di Trump alle farmaceutiche: i loro prezzi troppo elevati, dice, sono stati “fatali ai conti di Medicare e degli altri programmi sanitari pubblici USA”. Quindi “incaricheròla stessa Medicare di negoziare i prezzi di rimborso e di vendita dei farmaci per tutti i programmi di assistenza federali e statali”.
 
Clamoroso! Proprio dal neo-eroe dell’ultraliberismo e della deregulation. La negoziazione dei prezzi dei farmaci in USA, quanto di più dirigista e statalista per quel mercato da sempre a prezzi liberi. Suona come una tremebonda eresia, l’up-and-down, il sottosopra. Solo una sparata (e sarebbe altrettanto preoccupante) o c’è di più?
 
Le motivazioni addotte: “le farmaceutiche fatali per i conti della sanità pubblica USA” Non è vero. I farmaci ne assorbono solo il 3,6% (OECD, da noi il 17%), un ventottesimo. Peanuts. Non solo: se cancella l’Obamacare, come già iniziato a fare (ne avevo scritto qui su QS il 10 novembre) automaticamente si ridurrà la copertura pubblica dei farmaci e di conseguenza la spesa pubblica per essi. Insomma, la scusa addotta non tiene (Donald, “you’re fired!”)
 
Analizzando lo scenario potrebbe esserci tuttavia un’altra possibile spiegazione. Il vero problema non è, come accusa “The Donald”, la spesa pubblica per i farmaci, che abbiamo visto essere insignificante, ma quella privata, che ne vale più il doppio. Perchè senza più le coperture dell’Obamacare in eutanasia, i suoi elettori (gli americani più poveri) dovranno tornare a comprarsi i farmaci. Con grandi problemi economici, specialmente i cronici. Trump perciò comprende che ne deve abbassare il prezzo. Come? Facendolo su quelli comprati da Medicare e Co., negoziandolo.
 
Generando così un possibile effetto domino al ribasso nel mercato che ne calmiererebbe il livello anche di quelli, gli stessi, acquistati privatamente. Anche perché gli intermediari, finanziari e distributivi, sono gli stessi. Insomma una misura deflativa indiretta.
 
Trump ha anche riesumato in merito il tanto aborrito “parallel import” da quei Paesi dove i farmaci costano meno perché “i prezzi sono amministrati dallo Stato”. Non approfondisco per ragioni di spazio a quali implicazioni si andrebbe incontro. Noto solo che si tratta di un’altra indiretta elegia dell’economia statalista pianificata, con altro giro nella tomba per i Von Hayek, Friedman e altri maestri storici delle dottrine liberiste.
 
Le reazioni deiCEO di Big Pharma a queste uscite mediatiche sono state assai prudenti, qualche timido pigolio di circostanza aspettando come doveroso eventuali atti ufficiali qualora la cosa dovesse proseguire. E poi, detto tra noi, meglio non contraddire uno così, specialmente se è l’uomo più potente del mondo. Visto pure il precedente battibecco di pochi giorni avantinel settore auto.
 
Quello poi seguito dalla processione ossequiosa dei boss di Detroit, ieri laudatores del “yes, we can”, oggi lì deferenti con sorriso e cravatta nuovi (o maglione stirato) ad annuire vigorosamente alle richieste presidenziali di ritorno in patria delle produzioni e dei fiscal transfer, in cambio di protezioni di mercato soprattutto dall’estero. Proprio a loro, campioni delle relocation produttive e fiscali, le prime nei Paesi emergenti a basso costo del lavoro e damping sociale (e ambientale), le seconde nelle “Tax-shelter areas”
 
Protezionismo e barriere/imposte doganali, ricordiamolo, sono misure economiche da trattare con le pinze, sia perché fortemente inflative (la globalizzazione, pur con tutti i suoi “caveat”, ha nell’ultimo ventennio pressoché annullato l’inflazione), sia foriere di conflitti commerciali internazionali, specialmente le tasse doganali, destinate subito per rivalsa a divenire reciproche (sono “dazi amari”)
 
Un approccio neo-mercantilista che chissà se domani Trump, come già per l’auto, richiederà anche alle Big Pharma, da anni anch’esse centralizzatrici delle produzioni in modo globalizzato, come moneta di scambio con qualche beneficio, magari mettendo sul tavolo come contropartita/spauracchio, appunto, anche la negoziazione dei prezzi.
 
Sulla quale, va tuttavia ricordato, per equilibrio di giudizio, che sebbene nel vademecum del perfetto liberista i concetti di taglio alla spesa pubblica e spinta all’industria siano convergenti e complementari, invece collidono tra loro quando il payer è pubblico, come appunto per i farmaci: riduco la spesa pubblica ma così dovendo spendere per essi di meno penalizzo chi li produce.
 
E in questo trade-off tra tagli alla spesa pubblica e politiche filo-industriali, la priorità va sempre ai tagli, perché consentono di ridurre le imposte e reinvestire trasversalmente ai vari settori, mentre i comparti produttivi penalizzati, al contrario, sono relativamente pochi, appunto quelli a monopsonista pubblico o che comunque vendono buona parte delle produzioni a Stato ed Enti Locali.  
 
In un deja-vù tricolore, ricordo che anche qui da noi i tagli più draconiani su medicinali e relativa industria vennero dal più liberista dei nostri governi, il “Berlusconi II” del 2001, con la legge 405/2001, la madre di tutte le leggi sul farma degli ultimi lustri (poi con numerosa prole normativa). Col fine appunto di abbassare in modo diretto e indiretto il prezzo dei farmaci SSN (tagli per decreto, sconti obbligati, prontuario reference-price, DD e DPC, tetti, payback, ecc., ecc.)
 
Insomma, Berlusconi in passato qui da noi, oggi Trump lì da loro. Vite parallele, direbbe Plutarco. In etica ed estetica: miliardi, edilizia, (anti)establishment, giovanilismo, capelli, mogli, donne (“bunga bunga” o “grab their pussy”), figlie, kitsch, letti russi, Putin, Briatore, i codici (dei bancomat delle “olgettine” e dei missili nucleari). Ed entrambi liberisti un po’ sui generis. Pure ambedue contromano per i tagli ai prezzi dei farmaci.
 
Prof. Fabrizio Gianfrate
Economia Sanitaria

27 gennaio 2017
© Riproduzione riservata

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