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Lo studio GIANT strappa al Dna altri importanti segreti sui determinanti dell’altezza

di Maria Rita Montebelli

Siamo arrivati a scoprire circa un terzo della complessa alchimia che stabilisce la statura di un individuo, almeno per quanto riguarda le informazioni genetiche, che vanno ovviamente sempre ‘incrociate’ con i fattori ambientali. Un risultato ottenuto con grande fatica perché l’altezza, alla stessa stregua di malattie multifattoriali quali il diabete e le cardiopatie, è determinata da un enorme numero di variazioni genetiche. Che gli esperti di un consorzio internazionale stanno scoprendo a colpi di studi GWAS e ExomeChip.

03 FEB - Un acronimo di certo azzeccato quello del consorzio internazionale GIANT (Genetic Investigation of Anthropometric Traits), che ha scoperto importanti informazioni relative ai geni coinvolti nel determinismo della statura umana. I risultati di questa mega-ricerca su oltre 700 mila volontari sono stati appena pubblicati su Nature.
 
E’ intuitivo, anche ai non addetti ai lavori, che l’altezza sia una caratteristica molto legata all’ereditarità, ma quali siano i geni che fanno sì che un determinato individuo assuma le sembianze di un giocatore di pallacanestro o di una donnina taglia ‘petite’ non è ancora chiaro.
 
Le ricerche di questo gruppo di studio internazionale hanno dato una mano in questa direzione con la scoperta di 83 varianti del DNA correlate all’altezza. Si tratta di varianti molto poco frequenti nella popolazione generale,  se non addirittura rare, che esercitano un’importante influenza sull’altezza; un’influenza quantificabile intorno a 2 centimetri o più. Ed è la prima volta che si arriva ad un risultato del genere.
 
Per acquisire queste informazioni è stato necessario andare a setacciare il DNA di oltre 700 mila volontari. In questo modo sono stati tra l’altro individuati anche dei pathway finora sconosciuti coinvolti nella crescita scheletrica.
 
In uno studio precedente, lo stesso gruppo aveva individuato delle varianti genetiche ‘comuni’ coinvolte nel determinismo dell’altezza; lo studio appena pubblicato si è invece focalizzato sulle varianti ‘rare’ o di bassa frequenza, in grado di alterare direttamente alcune proteine. E queste ultime sono quelle che esercitano gli effetti più marcati sulla statura di un individuo.
 
“Per individuare le alterazioni, alcune molto rare, influenzanti determinate proteine – afferma il direttore del consorzio GIANT,  Joel Hirschhorn, del Boston Children's Hospital e del Broad Institute del MIT e Harvard - abbiamo avuto bisogno di organizzare una ricerca con un enorme potere statistico e questo è stato possibile solo attraverso una forte collaborazione internazionale.”
 
Nel 2014 il consorzio GIANT, studiando circa 250.000 persone è riuscito a individuare 700 varianti geniche, localizzate in oltre 400 zone del genoma, implicate nell’altezza. Lo studio è stato realizzato con il metodo GWAS (called genome-wide association study) che consente di effettuare una sorta di rapidissima scansione del genoma di ampie popolazioni, allo scopo di rintracciare dei marcatori, collegati ad un tratto particolare. All’epoca il sistema ha permesso di individuare un gran numero di varianti, ciascuna però responsabile di un’oscillazione in più o in meno della statura di 1 millimetro scarso.
 
Il difetto degli studi GWAS è infatti quello di non essere in grado di individuare varianti rare, quelle più importanti per la statura. Per questo motivo, in questo nuovo studio si è deciso di abbandonare il GWAS per una nuova tecnologia, detta ExomeChip, che ha permesso di esaminare un ‘catalogo’ di 200 mila varianti note, ma meno comuni, in grado di alterare la funzione dei geni che codificano per le proteine.
 
Lo studio pubblicato su Nature ha coinvolto 711.428 volontariadulti ed ha consentito di individuare 83 varianti geniche meno comuni, associate con la statura; di queste,  51 erano ‘poco frequenti’ (rintracciabili cioè in meno del 5% della popolazione) e le altre 32 ‘rare’ (presenti in meno dello 0,5% delle persone).
 
Mettendo insieme i risultati del primo e del secondo studio, i ricercatori del GIANT sono riusciti a ricostruire per il 27,4% il puzzle dell’ereditarietà relativo all’altezza.
 
Un dato degno di nota è che 24 delle varianti appena scoperte sono in grado di influenzare l’altezza in misura superiore ad 1 centimetro. Questo conferma che le varianti geniche più ‘potenti’ sono anche quelle più rare all’interno di una popolazione.
 
Ma non è tutto. Le nuove scoperte hanno attirato l’attenzione dei ricercatori anche su una dozzina di geni apparentemente molto importanti per la crescita scheletrica; alcuni di questi sono vecchie conoscenze, ma molti altri (SUSD5, GLT8D2, LOXL4, FIBIN e SFRP4) sono degli inediti assoluti.
 
Particolarmente interessante a detta degli autori è il geneSTC2 e più in dettaglio, due sue varianti che hanno un effetto ancora più marcato sull’altezza (i portatori di entrambi le varianti sono 1-2 cm più alti degli altri).
 
Troels R. Kjaere Claus Oxvig dell’università di Aarhus (Danimarca) sono riusciti a scoprire che queste varianti del gene SCT2 esercitano la loro azione aumentando la disponibilità di fattori di crescita nel sangue. La proteina STC2 funge da ‘freno’ sull’altezza umana e questo ne fa un possibile target terapeutico per i casi di bassa statura.
 
Uno studio di questa complessità, su un tratto facile da misurare, come appunto l’altezza, ma derivante dall’intreccio di effetti di multiple varianti geniche, rappresenta un paradigma importante per lo studio delle patologie multifattoriali, quali diabete e cardiopatie.
“Questo studio – afferma Hirschhorn – ha dimostrato che alcune rare varianti ,in grado di alterare delle proteine, possono rivelarsi utili nel rintracciare alcuni importanti geni; ma è chiaro che per condurre studi di questo tipo è necessario attingere a campioni di dimensioni enormi”.
 
E neanche a dirlo, il consorzio GIANT si è già imbarcato in un’altra mission impossible, consistente nello studio GWAS di oltre 2 milioni di individui. “Prevediamo – conclude Hirschhorn – che questi vasti studi continueranno ad aumentare le nostre conoscenze circa lo sviluppo in altezza dell’uomo e di come ottenere al meglio le informazioni biologiche in grado di influenzare il trattamento di alcune patologie molto diffuse”.
 
Maria Rita Montebelli

03 febbraio 2017
© Riproduzione riservata

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