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“Fumo” di Tokyo sulle Olimpiadi 2020. Il Giappone contrario alla pausa no smoke per i giochi 

di Elaine Lies e Kwiyeon Ha

Fra tre anni Tokyo ospiterà i Giochi olimpici e rischia di passare alla storia come la sede meno salutare delle ultime edizioni delle Olimpiadi. Perché è molto forte l’opposizione a tutte le iniziative contro il fumo nei luoghi pubblici. Che garantisce all’erario giapponese quasi 20 mld di dollari l'anno.

03 MAG - (Reuters Health) – Con il ‘no’ da parte di alcuni politici, ristoratori e industria del tabacco alla proposta di vietare il fumo in tutti i luoghi pubblici, Tokyo potrebbe diventare la capitale meno salutare a ospitare dei Giochi Olimpici negli ultimi anni. Dopo l’esempio di Rio de Janeiro a altre località olimpiche – che hanno bandito il fumo nei locali pubblici per rendere l’ambiente più sportivo e sano – in molti, compreso il Comitato Olimpico Internazionale (CIO), stanno facendo pressioni affinché la capitale giapponese sia smoking free durante i Giochi nel 2020.
 
Nonostante questi autorevoli appoggi, il ministero della salute giapponese è stato costretto a ridimensionare il suo piano di “eradicazione” del fumo nel periodo olimpico, consentendo di continuare a fumare in spazi di almeno 30 metri quadrati con un adeguato sistema di ventilazione. Un limite, per quanto esiguo, che, secondo alcuni osservatori, danneggerà molti ristoratori, limiterà la libertà individuale e diminuirà le entrate fiscali relative al tabacco, che hanno superato i 18 miliardi di dollari nel periodo 2014-2015.

La situazione
Il comitato della salute del Partito Democratico Liberale nipponico, il cui sostegno è essenziale per l’introduzione del disegno di legge in Parlamento, ha dichiarato che non incontrerà i funzionari del ministero, sottolineando che la legge modificata è ancora troppo rigida. Le autorità, invece, dicono che questa misura non è ancora sufficiente. Con 15 mila decessi l’anno per fumo passivo, soprattutto donne e bambini, secondo un funzionario del ministero, “è necessario fare di più”. Cinquant’anni fa, circa la metà dei giapponesi fumava.
 
Ora la percentuale è scesa al 18% e le zone in cui è consentito fumare si sono ristrette di molto. Ma le leggi sul fumo variano da città a città e addirittura, nella stessa Tokyo, da quartiere a quartiere. Inoltre, le sanzioni sono praticamente inesistenti. Una legge del 2003 ‘incoraggia’ ristoranti e altre zone pubbliche a separare le aree fumatori da quelle per non-fumatori, ma non prevede multe per chi non si adegua. Così, secondo l’OMS, il Giappone è in fondo alla classifica mondiale per quel che riguarda le regole anti-fumo. E le pressioni del CIO potrebbero sensibilizzare la popolazione, anche se il vice presidente del Comitato, John Coates, ha dichiarato che non può forzare il divieto oltre le sedi e il villaggio olimpico.
 
Questa vicenda, infine, potrebbe influire sull’immagine del Giappone. Molti viaggiatori europei e americani sono abituati al divieto di fumo all’interno dei locali. Ma in molti vedono il Paese asiatico come “un paradiso per i fumatori”, che secondo Douglas Bettcher, direttore dell’OMS per la prevenzione delle malattie non-trasmissibili, “non è una buona impressione, considerando che il Giappone sta investendo tanto per le Olimpiadi”.

Fonte: Reuters Health News

Elaine Lies e Kwiyeon Ha


(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

03 maggio 2017
© Riproduzione riservata

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