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Scompenso cardiaco: arriva per i pazienti italiani la rimborsabilità di sacubitril-valsartan 


Con la pubblicazione della determina di rimborsabilità in Gazzetta, il sacubitril-valsartan è prescrivibile con piano terapeutico e rimborsato dal SSN. Il farmaco, indicato nello scompenso cardiaco cronico a frazione d’eiezione ridotta, è la prima grande innovazione terapeutica in questo campo da 15 anni a questa parte e riduce del 20% la mortalità per cause cardiovascolari e del 21% i ricoveri per scompenso. Il polo produttivo Novartis di Torre Annunziata coprirà il 50% della domanda mondiale di questo farmaco

03 MAG - A distanza di oltre 2 anni dalla pubblicazione dei risultati dello studio PARADIGM-HF, arriva anche per i pazienti italiani la rimborsabilità del sacubitril-valsartan, farmaco che rappresenta la prima grande innovazione da almeno 15 anni a questa parte nella terapia dello scompenso cardiaco cronico a frazione d’eiezione ridotta.  E’ del 12 marzo 2017 la pubblicazione della Determina di rimborsabilità su Gazzetta Ufficiale della Repubblica e il farmaco è quindi ora prescrivibile con piano terapeutico. L’International birth date del sacubitril-valsartan è invece il 7 luglio 2015, data in cui è stato registrato per la prima volta negli Stati Uniti. Attualmente il farmaco è autorizzato all’immissione in commercio in 75 Paesi nel mondo.
 
Nello suo studio registrativo PARADIGM-HF, il sacubitril-valsartan ha ridotto, rispetto alla terapia standard di riferimento (enalapril), la mortalità per cause cardiovascolari del 20% e i ricoveri per scompenso cardiaco del 21%. Sono risultati eccezionali, perché rappresentano un ‘di più’ rispetto a quanto ottenibile con la terapia standard dello scompenso cardiaco cronico (ACE-inibitori/sartani, beta bloccanti, antagonisti dell’aldosterone).
Dal momento della sua pubblicazione, il PARADIGM-HF, che è anche il più grande studio mai effettuato in questo campo (8.400 i pazienti arruolati), è stato inoltre oggetto di una serie di sottoanalisi che hanno confermato la superiorità del sacubitril/valsartan in tutte le categorie di pazienti.
 
“Il PARADIGM-HF – afferma il dottor Michele Senni, Direttore della Cardiologia 1 dell’ASST “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo - è davvero uno studio clinico di primaria importanza sullo scompenso e le conferme della sua importanza vengono anche dalle analisi post-hoc dei sottogruppi. Da qualunque parte andiamo ad esaminare il confronto sacubitril-valsartan versus enalapril, il farmaco è sempre superiore all’ACE-inibitore, in termini di riduzione della morte improvvisa, di riduzione della morte per scompenso, nelle diverse fasce d’età e di classi funzionali.”
L’ultima presentazione di un sottostudio del PARADIGM-HF è stata al recente congresso dell’American College of Cardiology (marzo 2017) e riguarda il diabete. Si tratta di dati di grandissimo interesse, vista la prevalenza in crescita del diabete nella popolazione generale e il fatto che il 35-40% dei pazienti con scompenso cardiaco sono affetti da diabete. “I nuovi dati dimostrano che sacubitril/valsartan – spiega Senni - riduce la comparsa di diabete rispetto all’enalapril. Nei soggetti già affetti da diabete, riduce l’emoglobina glicata, ovvero la ‘fotografia’ del compenso del diabete negli ultimi 2-3 mesi di trattamento e ritarda il ricorso alla terapia con insulina. Questo farmaco dunque ha anche un effetto metabolico favorevole, forse agendo sull’insulino-resistenza”.
 
In Italia le persone affette da scompenso cardiaco sono circa un milione; la prevalenza di questa condizione a livello di popolazione generale è dell’1-2%, ma cresce con il passare degli anni, così che tra gli ultra-60enni, ne è affetto 1 soggetto su 10. Non ci sono differenze di genere. E’ una patologia poco conosciuta, fatto questo che porta a ritardi anche gravi nella diagnosi e nel trattamento. La mortalità è elevata: a 5 anni dalla diagnosi è ancora vivo un paziente su 2.
 
“Lo scompenso cardiaco – spiega il professor Claudio Rapezzi, direttore dell'U.O. di Cardiologia Policlinico Sant'Orsola Malpighi di Bologna - è una condizione di alterazione strutturale o funzionale del cuore, che fa sì che il cuore non sia in grado di soddisfare le esigenze metaboliche dell’organismo, o se riesce, lo fa al prezzo di eccessive pressioni di riempimento o eccessiva frequenza cardiaca di lavoro”.
 
Per arrivare al trattamento migliore, è necessario per prima cosa fare una diagnosi precisa e, se possibile individuare e rimuovere la causa dello scompenso. Lo scompenso cardiaco cronico, oltre che di una mancata prevenzione (ipertensione non controllata per molti anni, obesità, stili di vita sbagliati), paradossalmente è anche frutto dei sempre maggiori successi nel trattamento delle patologie cardiache (come valvulopatie o cardiopatia ischemica).
 
 
Il trattamento dello scompenso cronicoè fatto di misure di stile di vita e di farmaci. “In linea generale – spiega Rapezzi - il paziente deve evitare di bere troppa acqua, di consumare troppo sale e di attenersi alla terapia che gli viene prescritta. Questa è fatta di un cocktail di farmaci già ben definiti, comprendente diuretici, ACE-inibitori o sartani (antagonisti recettoriali dell’angiotensina), antagonisti dell’aldosterone e beta-bloccanti. A questa terapia classica oggi si è aggiunta la nuova classe degli ARNI (il sacubitril/valsartan è il primo di questa nuova classe) che rappresenta una significativa novità per la terapia dello scompenso”.
 
Gli ARNI (antagonisti del recettore dell’angiotensina/inibitori della neprilisina)sono una nuova classe di farmaci che non si limitano a ‘bastonare’ il sistema neuro-ormonale (asse renina-angiotensina-aldosterone, sistema nervoso simpatico), iperattivato nello scompenso, ma lo ‘modulano’ piuttosto. L’inibizione della neprilisina, enzima deputato alla degradazione dei peptidi natriuretici, provoca un aumento della disponibilità di queste sostanze che hanno un effetto benefico nel paziente scompensato.
“Questo nuovo farmaco – afferma Rapezzi - è indicato in tutti i pazienti con scompenso cardiaco con frazione di eiezione ridotta sintomatici (classe II-IV NYHA) che siano abbastanza stabili, cioè che non siano stati appena ricoverati per edema polmonare, per scompenso acuto e che abbiano una pressione sistolica superiore a 100 mmHg. Gli ARNI sono indicati nei pazienti con scompenso grave ma abbastanza stabili”.
 
 
Il sacubitril- valsartanoltre ad essere una vera innovazione terapeutica nel campo dello scompenso è anche una storia di successo italiana. Il farmaco, frutto della ricerca Novartis, è infatti prodotto nello stabilimento di Torre Annunziata, in provincia di Napoli. “Si tratta di uno dei più importanti poli industriali del Gruppo Novartis– rivela il dottor Giuseppe Maiocchi, Responsabile Area Cardio Metabolica Novartis in Italia -  e tra i maggiori insediamenti farmaceutici del Mezzogiorno, con circa 500 dipendenti. Nel 2016, il sito ha prodotto 89 milioni di confezioni di farmaci in forma solida (compresse), destinate a oltre 100 paesi.
Si stima che lo stabilimento di Torre Annunziata produrrà, entro il 2020, 35 milioni di confezioni di sacubitril-valsartan, equivalenti al trattamento di 25 milioni di pazienti, destinate ad oltre 112 paesi nel mondo, con la sola esclusione degli Stati Uniti. L’Italia ha un ruolo da protagonista in quanto si prevede che la produzione a Torre Annunziata andrà a coprire oltre il 50% della domanda totale.
Negli ultimi anni (2015-2017) sono stati effettuati a Torre Annunziata investimenti per oltre 40 milioni di euro finalizzati all’ammodernamento tecnologico, con installazione di un impianto fotovoltaico e di impianti innovativi di riscaldamento e condizionamento, con una riduzione del 40% dei consumi di energia elettrica, e al potenziamento della capacità produttiva del sito. In particolare, i progetti avviati più di recente prevedono interventi di rilievo sul fronte del miglioramento della sostenibilità ambientale e della qualità, un’estensione dell’area produttiva e soprattutto l’installazione di nuove, modernissime linee di confezionamento, realizzate in Italia con la tecnologia più avanzata del settore”.
 
Fondamentale l’apporto dell’Italia anche alle ricerche sullo scompenso cardiaco e sul sacubitril-valsartan. Ricerche che non si esauriscono naturalmente con lo studio PARADIGM-HF. “Novartis ha in corso un importante programma clinico nell’area terapeutica dello scompenso cardiaco cronico – afferma Maiocchi - disegnato per ottenere dati ulteriori sull’efficacia, sulla sicurezza, sui benefici in termini di qualità della vita e sull’evidenza derivante dalla pratica clinica di sacubitril-valsartan, così come per migliorare la conoscenza e la comprensione di questa sindrome”.
Il programma, denominato FortiHFy, comprende oltre 40 studi clinici, già in corso o pianificati, ai quali parteciperanno ricercatori e pazienti di oltre 50 Paesi per una durata di oltre 5 anni. Il programma include i seguenti 4 importanti studi, tuttora in corso, indirizzati alla ricerca di nuove indicazioni: il PARAGON-HF, che esaminerà l’efficacia e la sicurezza di sacubitril-valsartan nei pazienti con scompenso cardiaco a frazione d’eiezione conservata (HFpEF); il PARADISE-MI, che verificherà se sacubitril-valsartan sia in grado di ridurre la morte cardiovascolare, l’ospedalizzazione per scompenso cardiaco e la nuova insorgenza di questa patologia, nei pazienti ad alto rischio dopo un infarto del miocardio; il TRANSITION, che confronterà, in pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta (HFrEF), l’inizio di terapia con sacubitril-valsartan in ospedale rispetto all’inizio di terapia dopo la dimissione; il PIONEER, che valuterà l’effetto dell’inizio di terapia con sacubitril-valsartan in ospedale sulle variazioni dei livelli di NT-proBNP, rispetto a enalapril, nei pazienti con HFrEF dopo un episodio di scompenso cardiaco acuto.
“Novartis – conclude Maiocchi – nel 2016 ha investito in Italia oltre 63 milioni di euro nella ricerca clinica farmaceutica, sostenendo 180 studi in circa 2.500 centri ospedalieri, con il coinvolgimento di oltre 11.000 pazienti, dei quali circa 2.000 coinvolti in ricerca nel campo cardio-metabolico”.
 
Secondo una ricerca internazionale commissionata da Novartis a ‘The Economist’,la famosa testata economica inglese, per valutare la qualità dell’assistenza per le malattie cardiovascolari in 28 Paesi nel mondo, l’Italia esce a testa alta dal confronto internazionale grazie all’esistenza di un piano sulla salute del cuore, a linee guida nazionali con una buona implementazione, alle politiche di prevenzione dei fattori di rischio, all’esistenza di cure integrate. Le aree carenti riguardano invece la scarsità di campagne di awareness e l’advocacy sulle singole patologie cardiovascolari.
Nel caso dello scompenso cardiaco, l’AISC (Associazione Italiana Scompensati Cardiaci) costituita nel 2014, ha tutti i numeri per contribuire a colmare questi gap. L’associazione si sta infatti molto impegnando in attività di emporwerment dei pazienti con scompenso, in corsi di formazione (alimentazione, attività fisica) e nella produzione di ottimo materiale educativo. Informazioni sulle loro attività sono reperibili sul sito http://www.associazioneaisc.org/

03 maggio 2017
© Riproduzione riservata

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