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Cardiologia. Stenosi aortica, 20mila interventi eseguiti in 10 anni con la Tavi


Questi i numeri della tecnica che consente l’impianto di valvola aortica per via transcatetere, effettuata la prima volta in Italia nel 2007, emersi dal Rapporto di attività di Gise - Società italiana di cardiologia interventistica. Una tecnica non rimborsata in tutte le Regioni in maniera uniforme.

08 GIU - La stenosi aortica colpisce il 4-6% della popolazione oltre i 75 anni, più di 280mila persone in Italia, un quinto delle quali, circa 50-60mila, soffre di stenosi aortica definita grave e sintomatica, destinata a prognosi infausta nel giro di un paio d’anni. Grazie alla Transcatheter Aortic Valve Implantation o impianto di valvola aortica per via transcatetere (Tavi) si sono aperte nuove possibilità di cura per questi pazienti: secondo le linee guida internazionali è, infatti, indicata nei pazienti inoperabili o a elevato rischio per intervento cardiochirurgico, anche se recenti studi clinici hanno dimostrato come possa essere efficace anche nelle persone a rischio più basso.
In Italia sono stati eseguiti con la Tavi 20mila interventi negli ultimi 10 anni. Tuttavia, secondo gli esperti, la tecnica rimane ancora sottoutilizzata, anche nelle sole indicazioni previste dalle linee guida, nonostante i vantaggi di carattere clinico per la minore invasività, l’ospedalizzazione più breve e un più rapido recupero e ritorno alle normali attività quotidiane. Viene inoltre rimbrsata solo in alcune Regioni italiane.
 
A puntare i riflettori sulla Tavi, in occasione del suo decennale, il meeting “10 Years of Evolution” promosso da Medtronic a Catania oggi e domani.
 
Era il 4 giugno di esattamente 10 anni fa, quando Corrado Tamburino, oggi Professore di cardiologia all’Università di Catania e Direttore Unità Cardiotoracovascolare, Ao Policlinico-Vittorio Emanuele della  città etnea,  con la sua équipe, effettuava, per la prima volta in Italia, un intervento Tavi inserendo nel cuore di un’anziana donna una protesi valvolare biologica CoreValve di Medtronic.  L’intervento, avvenuto in contemporanea a Padova per mano di Angelo Ramondo, allora rivoluzionario perché l’impianto della valvola sostitutiva avveniva per via mininvasiva attraverso l’inguine anziché aprendo il torace e il cuore, era stato messo a punto nel 2002 dal cardiologo francese Alain Cribier per curare la stenosi aortica, ossia il restringimento dell’omonima valvola che rende difficile il passaggio del sangue dal cuore all’aorta. La metodica era stata da poco approvata e quindi non era più considerata come “sperimentale” con l’ottenimento, nel maggio 2007, del marchio CE da parte della valvola Tavi CoreValve di Medtronic. Da allora molti passi in avanti sono stati fatti: oggi è possibile inserire la valvola sostitutiva attraverso l’arteria femorale o altre arterie minori.
 
“La stenosi aortica è la malattia delle valvole cardiache più frequente nella popolazione occidentale oltre i 75 anni – ha spiegato Tamburino – la malattia colpisce infatti il 4-6% della popolazione oltre i 75 anni, più di 280mila persone in Italia, un quinto delle quali, circa 50-60mila, soffre di stenosi aortica definita grave e sintomatica, destinata a prognosi infausta nel giro di un paio d’anni”.
 
Dal 2007 al 2016, secondo i dati del Rapporto di attività di Gise - Società italiana di cardiologia interventistica, che raccoglie informazioni sugli interventi di diagnosi e cura effettuati nei centri di emodinamica italiani, le Tavi effettuate nel nostro Paese sono state oltre 20mila, al 31 dicembre dello scorso anno, la metà delle quali, effettuate con protesi valvolari CoreValve, nelle sue diverse evoluzioni. Oggi la Tavi viene eseguita in oltre 90 Centri in Italia.
 
“Le persone che soffrono di stenosi aortica – ha spiegato   Francesco Bedogni, Direttore della Cardiologia dell’Irccs Policlinico San Donato di Milano – mostrano mancanza di respiro, svenimenti, dolori anginosi e possono presentare episodi di scompenso cardiaco e morte improvvisa. È fondamentale intervenire prima che il cuore risulti gravemente compromesso; trattandosi, tuttavia, prevalentemente di pazienti anziani e, come tali, portatori di diverse altre patologie, spesso fragili, il tradizionale intervento cardiochirurgico è spesso improponibile. La Tavi ha aperto nuove possibilità di cura proprio per questi pazienti. Secondo le linee guida internazionali, la Tavi è indicata nei pazienti inoperabili o a elevato rischio per intervento cardiochirurgico. Oggi, tuttavia, gli studi clinici hanno dimostrato come possa essere efficace anche nelle persone a rischio più basso. Di certo, rappresenta l’intervento più adeguato nei pazienti più anziani, indipendentemente dal loro grado di rischio valutato secondo Score chirurgici che poco si adattano a questa tipologia di pazienti. In ogni caso, la corretta indicazione deve essere condivisa all’interno di un ‘heart team’ cioè l’équipe formata da cardiochirurgo, cardiologo interventista e anestesista con il compito di scegliere la migliore opzione terapeutica, tenendo anche in conto la volontà del paziente.”
 
“A fronte dei vantaggi della Tavi, di carattere clinico, grazie alla minore invasività, all’ospedalizzazione più breve, ad un più rapido recupero e ritorno alle normali attività quotidiane, questa tecnica a 10 anni dalla sua introduzione risulta ancora sottoutilizzata, anche nelle sole indicazioni previste dalle linee guida” sottolinea inoltre Bedogni, in quanto attualmente in Italia viene eseguito meno di un terzo degli interventi che sarebbero necessari.
 
“Una delle ragioni – ha sottolineato Tamburino – è che a tutt’oggi non esiste un Drg per questo tipo di intervento e quindi una sua disponibilità uniforme sul territorio nazionale. In alcune Regioni la Tavi è rimborsata dal sistema sanitario, in altre ancora no. Tutto questo produce disparità tra i cittadini e soprattutto ingenera mobilità sanitaria verso le strutture e le regioni che la mettono a disposizione. Sarebbe fondamentale un cambio di mentalità da parte degli amministratori. Le Regioni dovrebbero organizzarsi per identificare un numero adeguato di centri, dotati di cardiochirurgia, destinati a eseguirla. In questo modo i centri opererebbero con alti volumi, garantendo efficacia ed efficienza. La Tavi rappresenta senza ombra di dubbio il futuro della cura della stenosi aortica, non si può non considerarlo”.
 
 
 

08 giugno 2017
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