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Cardiologia interventistica. Le nuove frontiere al meeting del Campus Biomedico


“CBM Cardio 2017” è in programma oggi e domani al Campus. Tra le novità, il pacemaker formato wireless e defibrillatori sottocutanei; stent coronarici riassorbibili e poi le nuove tecniche di chiusura dell’auricola sinistra del cuore, che azzerano il pericolo di ictus nei pazienti con fibrillazione atriale che non possono sottoporsi a terapia anticoagulante.

09 GIU - Le nuove frontiere della Cardiologia interventistica, quella che non ha bisogno di bisturi e chirurgo perché si fa per via percutanea: uno o due fori che riducono la degenza al minimo. Ne parlano il 9 e 10 giugno al Policlinico dell’Università Campus Bio-Medico di Roma (UCBM) cardiologi, internisti, geriatri, infermieri e tecnici di radiologia, nell’ambito del congresso “CBM Cardio  2017” promosso dall’Unità operativa complessa di Cardiologia del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, diretta dal Professor Germano Di Sciascio, che spiega alcune delle tecniche innovative praticate nella sua struttura.

Più piccolo di un mini accendino è il pacemaker wireless, che stimola il battito cardiaco senza bisogno di fili che nel dispositivo tradizionale “creano un ingombro vascolare che può generare nel tempo infezioni o sposizionamento dei piccoli cateteri, con conseguente malfunzionamento del pacemaker”. Maggiore sicurezza, ma anche meno scomodità per i pazienti, non più costretti a vivere con una fastidiosa 'scatoletta' impiantata sotto la clavicola, giacché la nuova versione 'senza fili' si impianta direttamente nel ventricolo destro, passando con un solo foro attraverso le vene femorali. Fatto che riduce il rischio di complicanze procedurali e la durata della degenza.

Stessa logica e stessi vantaggi sottintendono l’utilizzo dei defibrillatori di nuova generazione sottocutanei, anche questi installabili per via percutanea, sotto la cute dell’ascella anziché della clavicola. Un vantaggio estetico che si somma a quelli in fatto di sicurezza e affidabilità, “in quanto non accedendo dal torace non si corrono rischi di infezione o mal funzionamento”.

Passi in avanti importanti sono stati compiuti anche grazie agli stent coronarici al magnesio, completamente riassorbibili nell’arco di un anno o due. “Entro questo termine si sciolgono nella parete del vaso –spiega il professore - che a sua volta non torna a restringersi perché l’impalcatura dello stent ha agito il tempo sufficiente a rimodellarlo”. Il vantaggio in questo caso è “la capacità di riacquisire la normale motilità vascolare”.

Infine, i dispositivi per la chiusura dell’auricola sinistra nei pazienti affetti da fibrillazione atriale, quelle palpitazioni cardiache che possono diventare l’anticamera di scompensi cardiaci o ictus. Rischio, quest’ultimo, particolarmente elevato nei pazienti che non possono sottoporsi a terapie anticoagulanti, in quanto nell’auricola sinistra possono formarsi coaguli di sangue che minacciano poi, partendo da lì, di andare a ostruire o colpire le arterie celebrali. Provocando appunto l’ictus. Il nuovo device di chiusura della cavità, inseribile sempre per via percutanea, riesce ora ad annullare il rischio di embolia, evitando ai pazienti di dover assumere la terapia anticoagulante, riducendo sia rischi emorragici che di tipo ischemico.

“Tutte queste nuove tecniche  - conclude il Professor Di Sciascio - consentono infine di ridurre la degenza, salvo complicazioni, a soli due giorni”. Un vantaggio per i pazienti, ma anche per i bilanci del servizio sanitario pubblico.

09 giugno 2017
© Riproduzione riservata

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