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La pravastatina riduce di un quarto la mortalità cardiovascolare in prevenzione primaria

di Maria Rita Montebelli

E’ lo studio più lungo mai condotto finora sulle statine e dimostra che ridurre il colesterolo fa bene al cuore e ai vasi, anche in prevenzione primaria. A suggerirlo sono i risultati di un’analisi post-hoc e del follow-up a 20 anni da un precedente studio degli anni ’90 

08 SET - Numerose ricerche hanno dimostrato l’indubbia l’efficacia delle statine nel ridurre il colesterolo LDL e con questo il rischio di patologie cardiovascolari. I trial condotti finora tuttavia non hanno prodotto prove certe di un loro beneficio in prevenzione primaria anche in presenza di elevati livelli di LDL.
 
Un gap colmato da uno studio appena pubblicato su Circulation e condotto da un gruppo di ricercatori internazionali dell’Imperial College di Londra (tra i quali l’italiano Alberico Catapano), che ha prodotto una serie di dati inediti sull’effetto della riduzione delle LDL in un contesto di prevenzione primaria in soggetti con LDL elevato, trattati con pravastatina al dosaggio di 40 mg/die.
 
A tale scopo è stata effettuata un’analisi post-hoc del WOSCOPS (West Of Scotland Coronary Prevention Study) uno studio randomizzato, controllato versus placebo durato circa 5 anni e seguito da un follow-up osservazionale post-trial della durata di 15 anni.
 
Il WOSCOPS, iniziato negli anni ’90, aveva arruolato 6.595 soggetti tutti di sesso maschile, di età compresa tra i 45 e i 64 anni, randomizzandoli a pravastatina 40 mg/die o placebo. Per l’analisi post-hoc sono stati selezionati 5.529 partecipanti allo studio senza evidenza di patologie cardiovascolari all’inizio dello studio, dividendoli in due gruppi: colesterolo LDL < 190 mg/dl (2.969 soggetti con LDL medio di 178±6 mg/dl) o colesterolo LDL ≥ 190 mg/dl (2.560 soggetti con un colesterolo LDL medio di 206±12 mg/dl). E’ stato dunque valutato l’effetto della pravastatina, confrontato con placebo, sulle coronaropatie e sugli eventi cardiovascolari maggiori (MACE) nell’arco temporale di 4,9 anni della fase controllata e randomizzata del WOSCOPS; è stata inoltre valutata la mortalità a lungo termine su un totale di 20 anni di follow-up.
 
Nella popolazione trattata con pravastatina in prevenzione primaria, il rischio di cardiopatia ischemica è risultato ridotto del 27% e i MACE del 25% . Tra i soggetti con LDL ≥ 190 mg/dl, la pravastatina ha ridotto del 27% il rischio di cardiopatia ischemica e del 25% quello dei MACE nella prima parte dello studio; il rischio di mortalità per coronaropatia, per cause cardiovascolari e per tutte le cause nell’arco di 20 anni totali di follow-up è risultato ridotto rispettivamente del 28%, del 25% e del 18%.
Gli autori dello studio concludono dunque che i risultati di questa nuova analisi forniscono prove robuste del beneficio della prava statina, una statina debole, anche in prevenzione cardiovascolare primaria in una popolazione di soggetti con elevati livelli di LDL ( ≥ 190 mg/dl).
“Per la prima volta – commenta l’autore senior dello studio Kausik Ray dell’Imperial College di Londra – abbiamo dimostrato che le statine riducono il rischio di mortalità in un gruppo di soggetti sani, ma con elevati livelli di LDL. Questo dato legittima le attuali indicazioni delle linee guida che raccomandano di trattare con statine questi soggetti”.
 
Un risultato che invece sconfessa l’atteggiamento attendista, il cosiddetto wait-and-see, che a volte si riserva ai giovanissimi con LDL elevate. Con questa analisi gli autori dimostrano infatti che anche chi presenta un colesterolo LDL lievemente aumentato è a maggior rischio cardiovascolare a lungo termine, mentre al contrario, anche modeste riduzioni del colesterolo si traducono in importanti benefici sul rischio di mortalità. “Dovremmo quindi considerare – conclude Ray – di prescrivere immediatamente una statina in prevenzione primaria anche ai soggetti con un LDL > 155 mg/dl”.
 
Maria Rita Montebelli

08 settembre 2017
© Riproduzione riservata

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