Insonnia. I “fusi del sonno” predicono la risposta alla terapia cognitivo-comportamentale
di Anne Hardin
La profondità dei meccanismi cerebrali che regolano il sonno possono contribuire o meno al successo della terapia cognitiva-comportamentale utilizzata per trattare l’insonnia. A dirlo uno studio canadese pubblicato dal Sleep Medicine
29 SET -
(Reuters Health) – Le persone con maggiore profondità dei fusi del sonno – treni di scariche elettriche che si verificano nelle fasi avanzate del sonno – rispondon meglio alla terapia cognitiva-comportamentale (CBT) utilizzata per l’insonnia, rispetto alle persone che hanno una minore attività cerebrale in tal senso.
“La terapia cognitiva-comportamentale è il trattamento di prima linea dell’insonnia, tuttavia circa il 40% dei pazienti non migliora con questo approccio”, sottolinea
Thien Thanh Dang-Vu , dell’Università Concordia di Montreal, principale autore dello studio che ha fatto emergere questa evidenza.
Dang-Vu e colleghi hanno esaminato le varie oscillazioni che si vericano durante la fase 2 e la fase 3 in risposta alla CBT. Le attività regolatorie del sonno sono state associate a miglioramenti notturni nella memoria e nella capacità intellettiva e svolgono un’azione di filtro degli stimoli uditivi durante il sonno. “Questa attività regolatoria agirebbe con un meccanismo di gating per proteggere il cervello che dorme – sottolineano i ricercatori – Inoltre, la profondità del meccanismo sembrerebbe essere una caratteristica individuale stabile”. Allo studio hanno partecipato 24 persone con insonnia cronica che sono state sottoposte a una serie di misure della qualità del sonno prima e dopo avere completato un programma di CBT di sei moduli. I moduli riguardavqno l’igiene del sonno, la psicoeducazione, i ritmi circadiani, il controllo degli stimoli e il rilassamento. Ogni seduta settimanale ha avuto una durata di 90 minuti.
Sulla base dei risultati ottenuti con il Pittsburgh Sleep Quality Index durante i 12 mesi di follow up, una minore profondità dei meccanismi regolatori prima della terapia cognitiva-comportamentale è stata associata a un più scarso miglioramento dell’insonnia post CBT e a una ridotta qualità del sonno. Qualora i risultati venissero confermati, i medici potrebbero misurare la profondità dei meccanismi regolatori del sonno di un paziente per prevedere se risponderà alla CBT. I farmaci che aumentano la profondità di tali circuiti nervosi del sonno potrebbero contribuire ad aumentare la risposta alla CBT. Sno comunque necessari ulteriori studi, su campioni più numerosi.
Fonte: Sleep Medicine
Anne Hardin
(Versione Quotidiano Sanità/Popular Science)
29 settembre 2017
© Riproduzione riservata
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