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Le epatiti al femminile: la “C” uccide 10.000 persone all’anno e la metà sono donne


Due convegni a Roma e Milano sull’importanza della medicina di genere anche in questa patologia organizzati da "donneinrete.net". Iardino: “Siamo in un'epoca in cui le stesse innovazioni tecnologiche e farmaceutiche impongono un'attenzione sempre maggiore ad aspetti peculiari della popolazione femminile”.

28 SET - Sono circa 1,6 milioni gli italiani che hanno contratto l’infezione cronica da Hcv C, pari al 3% della popolazione, responsabile di circa 10.000 decessi all’anno. Scarse le conoscenze sull’incidenza tra le donne: gli unici dati derivano da studi effettuati su donne in gravidanza in cui si riscontrava una prevalenza di infezione da Hcv variabile tra lo 0,7 e il 2,4%. Ma la gestione clinica delle epatopatie croniche virali è una sfida importante data la loro diffusione, come altrettanto importante è affrontare questa sfida in un'ottica di genere, ponendo un'attenzione sempre maggiore ad aspetti peculiari della popolazione femminile. Ne è convinta l’associazione Donneinrete.net, che proprio alle Epatopatie croniche virali in una prospettiva femminile ha dedicato oggi un convegno “doppio”, perché svolto contemporaneamente a Roma e a Milano.
“Il convegno, che ha ricevuto anche l’accreditamento presso la Commissione nazionale per la formazione continua in medicina (Ecm) del ministero della Salute, ha come scopo quello di far emergere le problematiche più rilevanti sia da un punto di vista clinico-epidemiologico peculiari nella popolazione femminile - come l'individuazione di strategie di emersione del sommerso, l'ottimizzazione della gestione clinica in termini terapeutici a varie fasi della patologia epatica - sia dal punto di vista della cura nella sua globalità”, ha spiegato la presidente di Donneinrete.net, Rosaria Iardino. Un approccio che, ricorda Iardino, si inserisce “in un'epoca in cui le stesse innovazioni tecnologiche e farmaceutiche impongono un'attenzione sempre maggiore ad aspetti peculiari della popolazione femminile”.
L’evento, inoltre, ribadisce l’importanza del ruolo delle associazioni e delle istituzioni nella promozione della salute e della prevenzione. “In quest’ottica – ha osservato Roberta Agostini, consigliera provinciale di Roma e responsabile Sanità della segreteria nazionale del PD – significativa è anche la scelta di Donneinrete.net di organizzare l’evento contemporaneamente in due città, creando una sorta di ponte ed esprimendo ancora una volta la volontà di promuovere la salute in modo capillare su tutto il territorio nazionale, senza lasciare indietro nessuno”.
Tutto questo su un tema, quello delle epatopatie croniche virali, che si inserisce anche tra le problematiche relative all’invecchiamento della popolazione. La prevalenza, infatti, aumenta con l’aumentare dell’età, come ha illustrato Antonella Cingolani, vice presidente Donneinrete.net e medico presso l'Istituto di Malattie infettive dell'Università Cattolica di Roma. “L’incidenza – ha spiegato - è distintamente più alta nei soggetti anziani sopra i 60 anni, dove arriva in alcune Regioni d’Italia fino al 40%. La percentuale di pazienti con epatite cronica attiva rispetto a quanti presentano soltanto positività per HCV oscilla tra il 54 e l’84% nelle varie regioni d’Italia”. Secondo l’esperta, “nell’ultimo decennio, la sola conoscenza del problema e le adeguate precauzioni per evitare contatti di sangue (norme igieniche nell’ambiente familiare, uso non-promiscuo degli utensili dell’igiene personale, attenzione alle manovre estetiche e tatuaggi, materiale sanitario usa e getta) hanno portato ad una riduzione dei livelli di endemia da HCV. Tuttavia – sottolinea Cingolani - il problema rimane estremamente rilevante: l’HCV è la prima causa (oltre il 60-70%) di cirrosi epatica (circa 230.000 casi in Italia) e conseguentemente di epatocarcinoma e di trapianto epatico in Italia. Da un punto di vista clinico, l’HCV rappresenta a livello nazionale la causa più importante di epatopatia, in quanto è riscontrabile nel 62% delle epatiti croniche e nel 73% degli epatocarcinomi”.
Le prospettive sono comunque positive: “Si stima che grazie alle terapie attualmente a disposizione per la cura dell’epatite cronica C (interferone peghilato+ribavirina) si riduca il rischio di cirrosi del 14% e di mortalità del 9%. Inoltre, lo scenario terapeutico che si sta aprendo con l’introduzione dei nuovi farmaci diretti specificamente contro il virus C porterà, secondo modelli matematici, ad una ulteriore riduzione della probabilità di cirrosi del 21% e di mortalità del 13%”. Quanto all’importanza dell’approccio al femminile, “non ci sono evidenze di un’incidenza maggiore delle epatopatie virali tra le donne rispetto agli uomini ma – conclude Cingolani - tutto il mondo scientifico sa bene oggi l’importanza di individuare le caratteristiche di genere, sia in termini di fattori predittivi di risposta al trattamento, che nelle donne possono avere un impatto diverso che sugli uomini, che in termini di impatto sulla vita della paziente”.

 

 

28 settembre 2011
© Riproduzione riservata

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