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Isterectomia con conservazione delle ovaie predispone a malattie cardio-metaboliche

di Anne Harding

Le donne che si sottopongono a un intervento di isterectomia con conservazione delle ovaie, sarebbero a rischio maggiore di sviluppare problemi cardiovascolari e metabolici. E’ questo sarebbe particolarmente evidente tra le donne che subiscono l’intervento intorno ai 35 anni di età. È quanto emerge dal Rochester Epidemiology Project, coordinato da Shannon Laughlin-Tommaso della Mayo Clinic di Rochester, in Minnesota. I risultati sono stati pubblicati da Menopause

18 GEN - (Reuters Health) - Laughlin-Tommaso e colleghi hanno dato vita a uno studio di follow-up osservando 2.094 donne che si erano sottoposte a isterectomia con conservazione delle ovaie tra il 1980 e il 2002. La gran parte di questi interventi sono stati eseguiti per patologie benigne, tra cui leiomiomi uterini (il 39,5%), prolasso (20,3%) e disturbi mestruali (25,5%). Nel periodo di follow-up, durato in media 22 anni, il 14% delle donne che si erano sottoposte a isterectomia e il 14,6% di quelle considerate nel gruppo di controllo sono decedute. Mentre per ciò che riguardava il rischio cardiovascolare, dai risultati dello studio è emerso che iperlipidemia, obesità e malattie croniche erano più comuni tra le donne che si erano sottoposte a isterectomia. E anche dopo aver aggiustato i dati, il rischio di avere livelli elevati di colesterolo, ipertensione e obesità è rimasto significativamente più alto nel gruppo sottoposto a isterectomia, che era anche a maggior rischio di aritmie e malattia coronarica. 

Infine, le donne che si sottoponevano all’asportazione dell’utero con conservazione delle ovaie a 35 anni di età o prima avevano un rischio significativamente maggiore di soffrire di insufficienza cardiaca congestizia e malattia coronarica.

Considerare la conservazione dell’utero
Non è chiaro come l’isterectomia con conservazione ovarica possa contribuire allo sviluppo di malattie cardiache e problemi metabolici, come evidenziano gli stessi ricercatori canadesi che, oltre a sottolineare la necessità di condurre ulteriori studi, concludono che “da un punto di vista clinico, dovrebbe essere sempre presa in considerazione la conservazione dell’utero”.

Fonte: Menopause

Anne Harding

(Versione Quotidiano Sanità/Popular Science)

18 gennaio 2018
© Riproduzione riservata

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