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Stati vegetativi: errori nel 40% delle prognosi


Questa la denuncia clamorosa contenuta nel Libro Bianco sugli stati vegetativi presentato oggi dal sottosegretario Eugenia Roccella, insieme al documento della Commissione scientifica. In allegato il Libro Bianco.

07 GIU - “Dal punto di vista della definizione scientifica, lo ‘stato vegetativo’ è una condizione funzionale del cervello, che insorge subito dopo l’evento acuto che lo ha determinato, diventando riconoscibile solo quando finisce il coma che, sovrapponendosi, lo maschera. Lo Stato vegetativo è, infatti, uno dei possibili esiti del ‘coma’, che è invece uno stato transitorio”. Questa la definizione contenuta nel Libro Bianco presentato oggi all’Auditorium del ministero dal sottosegretario, Eugenia Roccella, insieme a Gianluigi Gigli, coordinatore della Commissione ministeriale sugli Stati Vegetativi e alle associazioni che hanno partecipato alla stesura del volume.

Per definizione una persona in stato vegetativo non mostra di avere rapporti con il mondo esterno, e per questo si dice che non ha più coscienza, anzi, la sua condizione è definita proprio dalla perdita di coscienza e consapevolezza di sé. “Ma la coscienza – spiegano gli autori del Libro Bianco – non è un parametro così facilmente misurabile. Gli esperti non sono in grado di individuare, all’interno del cervello, dove risiede la coscienza né di stabilire correlazioni certe, per esempio, fra parti del cervello lesionate e perdita della consapevolezza di sé. Molto spesso i familiari riescono a capire se i loro cari in stati vegetativi provano dolore o mostrano sofferenza semplicemente dall’espressione del volto”.

“Utilizzare la mancanza di coscienza per definire lo stato vegetativo è riduttivo, per il semplice motivo che non siamo in grado valutare se la coscienza sia presente o no in una persona, e tantomeno di misurarla. Una volta raggiunta una condizione di stabilità clinica, la persona in stato vegetativo non è più da considerare ‘paziente o malato’, ma soggetto con gravissima disabilità, a causa di una vita di relazione profondamente compromessa e dalla totale impossibilità di vita autonoma”.

I criteri diagnostici per verificare lo stato vegetativo sono presenti nel glossario realizzato da una apposita Commissione scientifica istituita dal Ministero. L’espressione stato vegetativo, pur avendo precise origini cliniche si è dimostrata inadeguata e fuorviante quando utilizzata al di fuori del ristretto ambito degli addetti ai lavori.
Attualmente gran parte della comunità scientifica non utilizza più questi aggettivi, ritenendo impossibile stabilire con certezza l'irreversibilità di una condizione. Gli esperti del ministero suggeriscono quindi di utilizzare l’espressione “stato vegetativo da… x mesi/anni”, sperando che la comunità scientifica trovi presto un accordo attorno ad un nome nuovo.

Le questioni attorno all’alimentazione – che sono al centro del Ddl sul testamento biologico in lavorazione alla Camera – se sia da considerarsi pratica naturale o atto medico, lasciano del tutto indifferenti i familiari. Ma gran parte delle loro associazioni ritengono che alimentazione e idratazione siano “atti dovuti”, indipendentemente dalle modalità con cui vengono somministrate.

Dalla fotografia che emerge dal volume la risorsa familiare è una componente importante per la riabilitazione dopo un coma, il ruolo delle associazioni va dunque valorizzato e va sottolineato che per affrontare la domiciliazione è necessario avere cognizione di ciò che serve, di ciò che spetta di diritto e di ciò che effettivamente le realtà nazionali offrono.

Però l’assistenza sanitaria risulta eterogenea: diversa da struttura a struttura e da Regione a Regione. “Gli stessi operatori sanitari – è la denuncia del Libro bianco –  si trovano spesso in difficoltà e, il più delle volte, impreparati nell’affrontare i casi dando vita a prognosi che troppo spesso si rivelano errate. E questo accade nel 40% delle prognosi sugli Stati Vegetativi.

Diversa l’assistenza e diversa anche la normativa “Le leggi vigenti sono disomogenee e variano da Regione a Regione, da Comune a Comune, così come, in una stessa grande città, da Circoscrizione a Circoscrizione e da ASL ad ASL”. Insomma “mancano punti di riferimento specifici che possano fungere da linee guida”. Così come – si legge nel documento – manca un piano di monitoraggio socio-sanitario sull’evoluzione, o involuzione, della condizione delle persone in Stato vegetativo domiciliate. E questo si traduce in un peso per le famiglie che il più delle volte si sentono abbandonate. Le persone che necessitano di assistenza sono più di 2.000 all’anno e per lo più in età produttiva.


S.S.

07 giugno 2010
© Riproduzione riservata

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