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Cancro. Per la rivista Nature la cura definitiva è vicina. Ecco come agirà

di Laura Berardi

Dalle pagine di Nature Medicine lo studio che promette la definitiva cura del cancro. I farmaci testati dai ricercatori riescono a fermare la proliferazione dei tumori agendo a livello enzimatico e inducendo l’apoptosi. Così il tumore non può più replicarsi.

14 NOV - I tumori nascono da una divisione cellulare incontrollata, che nel caso delle neoplasie maligne, tende a invadere i tessuti circostanti provocando metastasi e portando alla morte. Fin dall’inizio, l’oncologia ha tentato di scoprire il modo di arrestare questa proliferazione cellulare, unico modo insieme alla chirurgia di fermare il cancro. Oggi i ricercatori dell’Università della California di San Diego annunciano di essere finalmente riusciti nell’intento di sintetizzare un farmaco efficace allo scopo di bloccare la replicazione del tumore. Nella straordinaria ricerca, pubblicata su Nature Medicine, hanno sviluppato il metodo a partire dallo studio di un enzima chiamato Raf.
Questa particolare proteina era già conosciuta dagli scienziati, che però non intuivano fino in fondo il suo ruolo nella proliferazione cellulare e dunque nello sviluppo dei tumori. Raf è un enzima che regola l’azione di altre proteine aggiungendo o sottraendo loro piccoli composti chimici (fosfati). In questo modo regola la proliferazione cellulare. Se per qualche motivo – ad esempio a causa di una mutazione – l’enzima non viene  mai disattivato, esso permette alle cellule di moltiplicarsi senza limiti ed è proprio questo malfunzionamento che permette la nascita del tumore.
I farmaci sviluppati  fino ad oggi per contrastare Raf interagivano con il suo sito attivo, ovvero la porzione della molecola direttamente implicata nei processi chimici e nella formazione di legami. Ma questo faceva sì che fossero poco specifici ed efficaci, colpendo tutte le cellule, non solo quelle malate. “Le medicine che abbiamo a disposizione contro Raf, pur di “spegnere” l’enzima nelle cellule tumorali, colpiscono così tanti bersagli diversi che hanno molti effetti collaterali. Possono addirittura diventare tossici, così che dobbiamo usarne piccole dosi”, ha spiegato David A. Cheresh, docente di Patologia e ricercatore del Moores Cancer Center, che ha lavorato allo studio. Uno degli effetti collaterali, ad esempio, era l’alto sviluppo di resistenza ai farmaci dovuto proprio ad uno spettro d’azione troppo ampio.

Ma cosa cambia con lo studio pubblicato su Nature Medicine? L’approccio sviluppato dai ricercatori statunitensi agisce a livello chimico e biologico ed è volto a cambiare la struttura stessa dell’enzima, in modo che il trattamento possa essere efficace per tutti i tipi di tumore. I nuovi farmaci che ne derivano sono degli inibitori allosterici, ovvero molecole che diminuiscono l'attivazione dell’enzima Raf cambiandone la forma e rendendolo inattivo.
La particolarità dei nuovi composti – chiamati dai ricercatori KG5 – è che questi agiscono solo sulle cellule che si stanno dividendo in maniera incontrollata, ignorando quelle normali o inattive. In questo modo solo l’enzima Raf presente nei tumori è bloccato: poiché non c’è più lui a dirigere la proliferazione cellulare il ciclo di mitosi si arresta e le cellule vanno incontro ad apoptosi, la morte programmata. Nella stessa maniera i farmaci agiscono sui vasi sanguigni: anche loro proliferano in maniera incontrollata nei tessuti malati, anche la loro diffusione viene bloccata dai KG5. “È una di quelle scoperte che cambiano i paradigmi della scienza”, ha commentato orgoglioso Cheresh. “Lo sviluppo di questo tipo di farmaci è il primo esempio di come si possa agire sugli enzimi in un modo del tutto diverso dal solito”.
I KG5 sono già stati testati sia su linee cellulari tumorali, che in modelli animali. E addirittura gli stessi risultati sorprendenti sono stati ottenuti su tessuti umani derivanti dalle biopsie di pazienti. Da quando hanno cominciato la ricerca appena pubblicata, gli scienziati hanno già fatto numerosi progressi, arrivando a sintetizzare farmaci fino a 100 volte più potenti del primo sviluppato. Ora, il team spera di riuscire a far arrivare al trial clinico i più efficaci tra questi composti.

Laura Berardi

14 novembre 2011
© Riproduzione riservata

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